Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29090 del 05/12/2017


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Cassazione civile, sez. II, 05/12/2017, (ud. 30/05/2017, dep.05/12/2017),  n. 29090

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 984 dei 30/10/2009, il Tribunale di Savona dichiarava la risoluzione del contratto di compravendita datato 18/10/2005 stipulato da U.R. e da C.G. e Co.Si. avente ad oggetto un immobile sito in (OMISSIS), condannando la U. a pagare, a titolo di restituzione del prezzo, a C.G. e Co.Si. la somma pari ad euro 70.000,00 e l’importo di Euro 3.800,02 a titolo di risarcimento danni.

Il Tribunale riteneva, innanzitutto, infondata l’eccezione di decadenza sollevata dalla convenuta, per avere la U. occultato i vizi, dichiarando nel preliminare di vendita la conformità dell’immobile con eventuali condoni e con le vigenti leggi urbanistiche e la libertà da vizi, ben sapendo che ciò non corrispondeva al vero. Nel merito, affermava che l’intero immobile di cui faceva parte l’appartamento oggetto dì causa era privo di certificato di abitabilità e che la relativa violazione non era sanata dalla semplice circostanza che il venditore al momento della stipula avesse già presentato una domanda di condono per sanare l’irregolarità amministrativa dell’immobile. Deduceva che, per gli effetti restitutori conseguenti alla pronuncia di risoluzione per inadempimento, il venditore era tenuto a restituire agli acquirenti le somme ricevute a titolo di prezzo, da quantificarsi, alla stregua dell’atto definitivo che aveva sostituito il preliminare, in Euro 70.000,00. Considerava altresì provato quale danno l’esborso effettuato a favore del notaio per Euro 3.370,00, mentre riteneva totalmente privo di prova l’asserito danno alla salute.

Avverso tale sentenza, la U. proponeva appello, con atto notificato in data 10/12/2009.

Si costituivano ritualmente C.G. e Co.Si., resistendo all’appello, di cui chiedevano il rigetto, proponendo altresì appello incidentale al fine di ottenere l’accoglimento delle domande proposte nel primo grado di giudizio, nonchè, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., il risarcimento dei danni conseguenti al rilascio da parte loro dell’immobile in esecuzione della sentenza gravata, senza aver ricevuto la restituzione del prezzo pagato, consistiti nelle spese di trasloco, nei canone per la locazione di altra abitazione e negli oneri condominiali straordinari sostenuti per ottenere il certificato di abitabilità, ancora, peraltro, non rilasciato. La Corte d’Appello di Genova, con sentenza del 15.1.2013, ha, in parziale accoglimento dell’appello principale, rigettato la domanda di risoluzione contrattuale e, in parziale accoglimento di quello incidentale, condannato la U. al pagamento, in favore del C. e della Co., della somma di Euro 1.350,00, sulla base, per quanto qui ancora rileva, delle seguenti considerazioni:

1. anche a non voler inquadrare la fattispecie nell’ambito della vendita di aliud pro alio, sganciata come tale dai termini di decadenza e di prescrizione, la denuncia dei vizi non era necessaria quando, come nel caso di specie era avvenuto (avendo dapprima, in occasione del preliminare, espressamente dichiarato la conformità dell’immobile alla normativa urbanistica, benchè consapevole del contrario, e poi, al momento della stipula del definitivo, taciuto il mancato rilascio del certificato di abitabilità), il venditore aveva occultato l’esistenza del vizio;

2. La mancanza del detto certificato, tuttavia, non era di per sè sufficiente per ottenere la risoluzione del contratto ed il risarcimento dei danni, in quanto non era configurabile l’ipotesi della vendita di aliud pro alio nel caso in cui, come era avvenuto nella fattispecie, fosse stato successivamente rilasciato (nella specie, dal Comune di (OMISSIS) dietro presentazione di apposita istanza in data 29.10.2010);

3. ciò non escludeva, però, che la venditrice dovesse rimborsare agli acquirenti le spese da questi ultimi sostenute per ottenere il certificato. Laddove andava escluso qualsivoglia danno alla salute, in difetto di nesso di causalità tra il comportamento contrattuale della U. e lo stress lamentato dal C. e, soprattutto, dalla Co..

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso C.G. e Co.Si., sulla base di due motivi. U.R. si è difesa con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale fondato su un unico motivo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1453,1477,1489 e 1497 c.c. (con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la corte d’appello escluso la risoluzione del contratto per inadempimento della venditrice, nonostante il certificato di agibilità dovesse sussistere ed essere consegnato all’acquirente di un immobile già al momento del perfezionamento della compravendita ed il suo mancato rilascio, rappresentando un requisito giuridico essenziale per il legittimo godimento del bene e per la sua commerciabilità, determinasse una responsabilità per l’alienazione di un aliud pro alio.

1.1. Il motivo è infondato.

In tema di compravendita immobiliare, la mancata consegna al compratore del certificato di abitabilità non determina, in via automatica, la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del venditore, dovendo essere verificata in concreto l’importanza e la gravità dell’omissione in relazione al godimento e alla commerciabilità del bene; e la risoluzione non può essere pronunciata ove in corso di causa si accerti che l’immobile promesso in vendita presentava tutte le caratteristiche necessarie per l’uso suo proprio e che le difformità edilizie rispetto al progetto originario erano state sanate a seguito della presentazione della domanda di concessione in sanatoria, del pagamento di quanto dovuto e del formarsi del silenzio-assenso sulla relativa domanda (Sez. 2, Sentenze n. 13231 del 31/05/2010- e n. 7547/2017).

Non può, pertanto, negarsi rilievo, al rilascio della certificazione predetta nel corso del giudizio relativo all’azione di risoluzione del contratto, promosso dal compratore, nonostante l’irrilevanza dell’adempimento successivo alla domanda di risoluzione stabilita dall’art. 1453 c.c., comma 3, perchè si tratta di circostanza che evidenzia l’inesistenza originaria di impedimenti assoluti al rilascio della certificazione e l’effettiva conformità dell’immobile alle norme urbanistiche (Sez. 2, Sentenza n. 3851 del 15/02/2008).

In quest’ottica, nel caso di compravendita di una unità immobiliare per la quale, al momento della conclusione del contratto, non sia stato ancora rilasciato il certificato di abitabilità, il successivo rilascio di tale certificato esclude la possibilità stessa di configurare l’ipotesi di vendita di aliud pro alio e di ritenere l’originaria mancanza di per sè sola fonte di danni risarcibili (Sez. 2^ Sentenza n. 6548 del 18/03/2010).

Dalle considerazioni che precedono, consegue che il venditore di un bene immobile destinato ad abitazione ha l’obbligo di dotare tale bene della licenza di abitabilità, senza la quale esso non acquista la normale attitudine a realizzare la sua funzione economico – sociale; la mancata consegna della medesima implica un inadempimento che, sebbene non sia tale da dare necessariamente luogo a risoluzione del contratto, può comunque essere fonte di un danno risarcibile configurabile anche nel solo fatto di aver ricevuto un bene che presenta problemi di commerciabilità (Cass. 20/4/2006 n. 9253; 3/7/2000 n. 8880; 19/7/1999 n. 7681). Nella fattispecie in esame, risulta ex actis e, comunque, non è contestato che in data 22.12.2010 il Comune di (OMISSIS) ha rilasciato il certificato di agibilità del bene immobile compravenduta, in tal guisa attestando di fatto che l’alloggio presentava tutte le caratteristiche necessarie per l’uso che gli era proprio.

Il motivo va, dunque, respinto.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti principali deducono l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti (con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per aver la corte territoriale rigettato la loro richiesta di essere risarciti dei danni ulteriori per il trasloco (avvenuto in esecuzione della sentenza di primo grado di risoluzione) e per la stipula di un contratto di locazione per altro immobile.

2.1. Il motivo è inammissibile per un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo, essendo stata la sentenza impugnata depositata il 13.2.2013, i ricorrenti avrebbero dovuto far riferimento al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 applicabile ai ricorsi per cassazione proposti contro sentenze pubblicate a partire dall’11.9.2012 (D.L. n. 83 del 2012, conv. in L. n. 134 del 2012). In quest’ottica, i ricorrenti non si sarebbero potuti limitare a denunciare la insufficienza o contraddittorietà della motivazione, bensì avrebbero dovuto dolersi dell’omesso esame circa un fatto decisivo che fosse stato oggetto di discussione tra le parti. Invero, nel vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non è più configurabile il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo, come detto, solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13928 del 06/07/2015; Sez. 1, Sentenza n. 7983 del 04/04/2014). Inoltre, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte (e risultanze probatorie (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

Nel caso di specie, da un lato, la corte di merito non ha omesso di considerare la circostanza dell’avvenuta liberazione dell’appartamento oggetto del contratto risolto e, ò dall’altro, i ricorrenti hanno del tutto omesso di indicare il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risultasse esistente ed il “come” e il “quando” tale fatto fosse stato oggetto di discussione processuale tra le parti. In secondo luogo, la censura non attinge la effettiva ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata, la quale si fonda sul rilievo per cui i danni per trasloco e la stipula del contratto di locazione di altro immobile non discendevano direttamente dalla provvisoria esecuzione della sentenza d’appello.

Invero, la sentenza di primo grado, confermata sul punto da quella d’appello, non conteneva altresì una pronuncia al rilascio immediato del cespite il quale, dunque, deve ritenersi avvenuto spontaneamente.

Inoltre, è notorio che la pronuncia di risoluzione per inadempimento ha, a differenza di quella di diritto, natura costitutiva, con la conseguenza che non acquista efficacia esecutiva fino al momento del passaggio in giudicato.

3. Con l’unico motivo la ricorrente incidentale si duole della violazione dell’art. 2697 c.c. (con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3), per aver la corte locale riconosciuto agli acquirenti l’importo di Euro 1.350,00 a titolo di rimborso delle spese sostenute per ottenere il certificato di abitabilità, nonostante gli stessi -non avessero dimostrato di aver sostenuto il relativo costo.

3.1. Il motivo si rivela inammissibile sia perchè, anche a voler in astratto prestare adesione alle tesi della ricorrente, non si sarebbe comunque al cospetto di una violazione del principio di ripartizione dell’onere probatorio disciplinato dall’art. 2697 c.c., ma, semmai, di una non corretta valutazione del materiale probatorio, sia in quanto, in violazione del principio di specificità, la medesima ha omesso di trascrivere i quattro bonifici per spese condominiali straordinarie che, secondo il suo assunto, non avrebbero niente a che vedere con’ le spese preordinate al rilascio del certificato di abitabilità.

Per mera completezza, va altresì evidenziato che l’omesso esame di elementi istruttori, comunque, non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

4. In definitiva, sia il ricorso principale che quello incidentale vanno, per quanto innanzi esposto e ritenuto, rigettati.

5.- Attesa la reciproca soccombenza vanno compensate integralmente tra le parti le spese del presente grado di legittimità.

Sussistono i presupposti per il versamento, sia da parte dei ricorrenti principali, che della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso ioncidentale, a norma dello stesso D.P.R. n. 115/2002, art. 13, comma 1 bis.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa le spese del giudizio.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte sia dei ricorrenti principali, che della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2017

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