Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29089 del 11/11/2019

Cassazione civile sez. un., 11/11/2019, (ud. 22/10/2019, dep. 11/11/2019), n.29089

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di Sez. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

nel giudizio per conflitto negativo di giurisdizione sollevato dal

Tribunale amministrativo regionale per la Calabria con ordinanza in

data 11 marzo 2019 nel procedimento, iscritto al N. R.G. 1318 del

2017, vertente tra:

S.S. e R.G.;

– ricorrenti non costituiti in questa sede –

e

COMUNE DI SERSALE;

– resistente non costituito in questa sede –

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22 ottobre 2019 dal Consigliere Alberto Giusti;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Fresa Mario, che ha chiesto

dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che i coniugi S.S. e I.G., con atto di citazione notificato il 23 settembre 2006, hanno convenuto in giudizio, dinanzi al Tribunale ordinario di Catanzaro, il Comune di Sersale, per ottenere il risarcimento, in forma specifica e per equivalente, di tutti i danni derivanti dalla realizzazione, ad opera del Comune di Sersale, della strada di collegamento tra il (OMISSIS) e la via (OMISSIS), consistenti nell’eliminazione dell’accesso dalla via pubblica ai limitrofi fondi di proprietà degli attori;

che, in particolare, gli attori hanno dedotto: (a) di essere proprietari di un immobile sito nel Comune di Sersale in località (OMISSIS), diviso in tre distinti lotti ai quali, in epoca antecedente alla realizzazione dell’opera di urbanizzazione, si aveva accesso, senza alcun ostacolo, dalla strada; (b) che l’opera pubblica era stata in concreto costruita ad un piano sopraelevato rispetto a quello originario per effetto dell’accumulo di materiale lapideo a tergo dei muri di contenimento; (c) che i loro terreni erano venuti a trovarsi ad una quota inferiore, di circa 3 metri, rispetto al nuovo piano stradale, così perdendo l’accesso dallo stesso;

che l’adito Tribunale di Catanzaro, con sentenza n. 266/2015, ha dichiarato il difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo;

che lo S. e la R. hanno proposto appello avverso tale pronuncia declinatoria della giurisdizione, ma la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n. 599 del 2016, ha rigettato il gravame e confermato la giurisdizione del giudice amministrativo, sul rilievo che gli appellanti non avevano addotto danni derivanti dalle concrete modalità esecutive dell’opera pubblica, avendo piuttosto contestato il progetto di costruzione della strada di collegamento e la sua stessa conformazione per come deliberata dall’Amministrazione comunale, con ciò sindacando la legittimità dell’attività provvedimentale autoritativa da quest’ultima posta in essere;

che la causa è stata tempestivamente riassunta dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, con riproposizione della domanda azionata avanti al giudice ordinario;

che nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo si è costituito il Comune, resistendo;

che alla prima udienza il TAR, con ordinanza pubblicata l’11 marzo 2019, ha sollevato conflitto negativo di giurisdizione, ritenendo che la controversia esuli dalla giurisdizione del giudice amministrativo e spetti alla cognizione del giudice ordinario;

che il Tribunale amministrativo confliggente osserva che i coniugi S. – R. hanno identificato la causa petendi del loro preteso diritto al risarcimento dei danni non già nell’illegittimità dei provvedimenti amministrativi con cui è stata approvata l’opera pubblica, quanto piuttosto nelle concrete modalità di esecuzione della stessa;

che il conflitto negativo è stato avviato alla trattazione camerale sulle base delle conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., del pubblico ministero, che ha chiesto dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario;

che l’Ufficio del Procuratore generale osserva che, con la domanda introduttiva, gli attori non hanno contestato la legittimità del progetto di costruzione della strada di collegamento, ma hanno concentrato le loro doglianze unicamente sulla interclusione dei loro fondi derivata da una cattiva esecuzione dell’opera;

che il pubblico ministero rileva inoltre che poichè i beni contigui degli attori non sono quelli su cui si configura il potere dell’amministrazione, i comportamenti che determinano effetti su di essi, pur indirettamente provocati dalla stessa attività esercitata sulle aree su cui l’opera si realizza e da quella esercitata sulle aree temporaneamente asservite per realizzare l’opera, non possono dirsi riconducibili all’esercizio del potere.

Considerato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte regolatrice (Cass., Sez. U., 3 febbraio 2016, n. 2052; Cass., Sez. U., 25 febbraio 2016, n. 3732; Cass., Sez. U., 21 settembre 2017, n. 21975; Cass., Sez. U., 12 dicembre 2018, n. 32180), ai fini del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, occorre distinguere il caso nel quale il privato pretenda il risarcimento del danno derivante dalla illegittima progettazione e deliberazione dell’opera pubblica (ove, ponendosi in discussione la legittimità dell’esercizio del potere pubblico, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo), da quello in cui lo stesso lamenti la cattiva esecuzione dell’opera pubblica, contestando le modalità esecutive dei lavori (nel quale la giurisdizione spetta al giudice ordinario, venendo in rilievo la violazione del generale dovere di neminem laedere);

che dalla lettura dell’atto introduttivo risulta che gli attori non hanno chiesto la refusione – in forma specifica e per equivalente – dei nocumenti derivanti dalla illegittima attività provvedimentale della P.A. ovvero da un comportamento per come conformato dalla predetta attività, ma hanno contestato la scelta dei mezzi, degli strumenti e delle modalità di esecuzione dell’opera pubblica, ritenendola in concreto realizzata in spregio alle cautele – in termini di diligenza, prudenza e perizia – imposte dal dovere di neminem laedere, con conseguente lesione del loro diritto di proprietà;

che è bensì esatto che gli attori hanno anche dedotto che l’Amministrazione convenuta “non ha progettato… le opere necessarie per continuare ad assicurare l’accesso ai lotti degli attori, che attualmente è appena garantito solo per uno di essi mentre è stato inibito completamente per gli altri due che sono rimasti inaccessibili”;

sennonchè, nel contesto complessivo dell’atto introduttivo, il riferimento alla mancata progettazione non è svolto per veicolare una censura di illegittima progettazione e deliberazione dell’opera pubblica, ma ha una valenza meramente descrittiva, lamentandosi in realtà soltanto la cattiva esecuzione dell’opera pubblica e contestandosi di fatto le modalità di realizzazione dei lavori;

che, dunque, a base della domanda, non è prospettata l’illegittimità del provvedimento amministrativo che ha disposto l’opera pubblica: a fondamento della stessa, è dedotta l’illiceità della mera condotta esecutiva, per avere la P.A. contravvenuto alle regole della diligenza nella costruzione dell’opera pubblica;

che, d’altra parte, la giurisdizione ordinaria non è preclusa dal fatto che gli attori abbiano domandato – accanto al “risarcimento del notevole danno subito e subendo” – l’esecuzione delle opere e degli interventi necessari per garantire l’accesso ai fondi” di loro proprietà;

che, difatti, l’inosservanza da parte della P.A. delle regole tecniche o dei canoni di diligenza e prudenza nella realizzazione di un’opera pubblica può essere denunciata dal privato davanti al giudice ordinario non solo per conseguire la condanna della P.A. al risarcimento dei danni, ma anche per ottenerne la condanna ad un facere specifico, tale domanda non investendo scelte ed atti autoritativi della P.A., ma un’attività soggetta al principio del neminem laedere (Cass., Sez. U., 20 ottobre 2014, n. 22116; Cass., Sez. U., 10 luglio 2017, n. 16986);

che è dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario;

che le parti vanno rimesse dinanzi al Tribunale ordinario di Catanzaro;

che nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata, trattandosi di conflitto di giurisdizione sollevato d’ufficio nel quale le parti non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e rimette le parti dinanzi al Tribunale di Catanzaro.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019

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