Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29088 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2018, (ud. 10/10/2018, dep. 13/11/2018), n.29088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14081-2012 proposto da:

SOCIETA’ UNIPERSONALE ICA IMPOSTE COMUNALI AFFINI SRL in persona del

legale rappresentante pro tempore e Amm.re Unico, elettivamente

domiciliato in ROMA VIALE TIZIANO 110, presso lo studio

dell’avvocato SIMONE TABLO’, rappresentato e difeso dagli avvocati

ALESSANDRO CARDOSI, SERGIO ZOLEZZI giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

IVS ITALIA SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 59/2012 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 11 aprile 2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10

ottobre 2018 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato CARDOSI che ha chiesto

l’accoglimento.

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

p.1. La società IVS ITALIA s.p.a impugnava l’avviso relativamente all’anno di imposta 2008, con cui la società Ica srl, in qualità di concessionaria per il servizio di accertamento, liquidazione e riscossione dell’imposta sulla pubblicità per il Comune di Casalpusterlengo, accertava l’omesso versamento dell’imposta di pubblicità sui pannelli dei distributori automatici di alimenti e bevande localizzati nelle aree di accesso ai binari della stazione ferroviaria del medesimo comune, eccependo la carenza di motivazione dell’atto impositivo in relazione ai criteri di applicazione della tariffa, nonchè l’insussistenza del presupposto oggettivo per l’applicazione dell’imposta, trattandosi di distributori localizzati in aree accessibili solo ai viaggiatori e la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 17, il quale prevede l’esenzione dall’imposta per le insegne inferiori a cinque metri che contraddistinguono la sede in cui si svolge l’attività.

La CTP di Lodi accoglieva il ricorso con sentenza appellata dalla società di riscossione

Con sentenza n. 59/43/2012 la CTR della Lombardia rigettava l’appello, sul presupposto che, benchè la stazione avesse la natura di luogo aperto al pubblico, l’intima correlazione tra i box di distribuzione delle bevande e l’attività di trasporto giustificava l’esenzione dal tributo, sostenendo l’equiparabilità, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 17, comma 1 bis, dei distributori alla sede della società.

La società concessionaria propone ricorso per cassazione sorretto da tre motivi, avverso la sentenza indicata in epigrafe emessa dalla CTR della Lombardia.

La contribuente resiste con controricorso, illustrato con memorie difensive. La ricorrente deposita memorie ex art. 378 c.p.c..

Il P.G. conclude per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI DIRITTO

p. 2. Con il primo motivo, l’ente ricorrente lamenta ex art. 360 c.p.c., n. 5 la contraddittorietà della motivazione per avere il decidente sì riconosciuto la stazione ferroviaria come luogo aperto al pubblico, per poi escluderla dall’applicazione dell’imposta.

p..3. Con la seconda censura si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 62, nonchè dell’art. 9 del regolamento del comune di Casalpusterlengo, il quale riproduce integralmente il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 17, comma 1, censurando la pronuncia impugnata per aver riconosciuto la sussistenza di una stretta correlazione tra l’attività esercitata a mezzo dei distributori e l’attività di trasporto, tale da consentire l’esenzione dall’imposta di pubblicità ai sensi dell’art. 17, comma 1 cit.

p..4 Con il terzo motivo, si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 62, nonchè del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 17, comma 1 bis, e del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 5, così come richiamato dal regolamento comunale, art. 9, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il distributore fosse equipararabile alla sede in cui si svolge l’attività (unità commerciale).

p..5 La seconda e la terza censura – che devono essere esaminate prioritariamente – sono fondate, assorbita la prima.

In realtà, come già osservato da questa Corte (cfr. Cass. civ. sez. 5 15 febbraio 2012, n. 2167; n. 13023/2015; n. 27497/2014;6714/2017), ai fini specifici dell’imposta si deve considerare comunque aperto al pubblico lo spazio interno della stazione ferroviaria il cui accesso sia consentito ai soggetti muniti di biglietto di viaggio; ciò in quanto, dalla richiamata disposizione normativa, si evince che il presupposto impositivo debba essere individuato nell’astratta possibilità del messaggio, in rapporto all’ubicazione del mezzo, di avere un numero indeterminato di destinatari, che diventano tali solo perchè vengono a trovarsi in quel luogo determinato (cfr. anche Cass. civ. sez. 5 2 ottobre 2009, n. 21161 e Cass. civ. sez. 5 8 settembre 2008, n. 22572).

Il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 17, comma 1, lett. e) esenta dall’imposta “la pubblicità esposta all’interno delle stazioni dei servizi di trasporto pubblico di ogni genere inerente l’attività esercitata dall’impresa di trasporto, nonchè le tabelle esposte all’esterno delle stazioni stesse o lungo l’itinerario di viaggio, per la parte in cui contengono informazioni relative alle modalità di effettuazione del servizio”.

La formulazione letterale della norma appare in modo significativo diversa rispetto alla previsione dell’abrogato D.P.R. n. 639 del 1972, art. 20 (punto 7) che prevedeva l’oggettiva esenzione dall’imposta di pubblicità di “tutte le scritte apposte all’interno o all’esterno delle stazioni ferroviarie che riguardano i servizi dei viaggiatori”, nel cui vigore si era espresso il precedente di questa Corte (la citata Cass. n. 3674/1988), che aveva ritenuto esente dall’imposta l’insegna luminosa di un’edicola di giornali posta all’interno di una stazione ferroviaria, essendo la lettura dei giornali in treno volta ad assicurare “un viaggio più confortevole”.

Nel vigore della nuova normativa è venuto meno il riferimento più ampio alle scritte che riguardano i servizi dei viaggiatori, essendo la ratio dell’esenzione legata alla sussistenza del collegamento tra la pubblicità e l’attività esercitata dall’impresa di trasporto, sicchè, in considerazione del fatto che le norme che prevedano esenzioni o agevolazioni fiscali sono norme di stretta interpretazione (cfr. tra le altre, più di recente, Cass. civ. sez. 5 7 febbraio 2013, n. 2915) non può in alcun modo ritenersi l’attività di commercializzazione di alimenti e bevande ad opera di distributori automatici connessa al servizio di trasporto ferroviario (vedi recentemente sez. 5 nr. 27503 del 21/10/2004).

Va poi osservato che l’art. 17, comma I-bis, recita: “L’Imposta non è dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati. I Comuni, con Regolamento adottato ai sensi del Dlgs. n. 446 del 1997, art. 52, possono prevedere l’esenzione dal pagamento dell’imposta per le insegne di esercizio anche di superficie complessiva superiore al limite di cui al periodo precedente”.

Nel caso di specie, deve essere esclusa l’applicabilità della norma in esame in quanto la macchina distributrice di alimenti e bevande sulla quale erano posti i pannelli pubblicitari non può essere identificata come sede dell’Impresa, essendo la ricorrente una Società di capitali, e pertanto per sede effettiva deve intendersi il luogo in cui hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’Ente ed ove operano i suoi Organi amministrativi o i suoi dipendenti.

Infatti, l’esenzione fiscale, e come tale da ritenersi di stretta interpretazione, di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 17,comma 1-bis, non può essere applicata ai distributori automatici di cibi o bevande ai quali non può ricondursi il concetto tanto di sede legale quanto di quella effettiva di esercizio dell’attività sociale, e neppure può ipotizzarsi un rapporto pertinenziale con la sede della Società, in ragione dell’ampia diffusione territoriale che impedisce a monte la stessa configurabilità di un rapporto durevole di servizio del singolo distributore alla sede sociale (Cass. 12 marzo 2009, n. 60121; Cass. civ. sez. lav. 13 aprile 2004, n. 7037; 27503/2014; Cass. n. 13023/2015).

Il ricorso va dunque respinto.

Sussistono i presupposti per compensare le spese del giudizio di merito, in considerazione delle alterne vicende del processo.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:

– Accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso, assorbito il primo;

cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente;

condanna la contribuente alla refusione delle spese sostenute dalla resistente che liquida in Euro 645,00, per compensi, oltre rimborso forfettario, iva e cpa come per legge;

– compensa le spese del giudizio di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sezione tributaria della Corte di Cassazione, il 10 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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