Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29086 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 27/12/2011, (ud. 14/12/2011, dep. 27/12/2011), n.29086

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

BANCA CARIM – CASSA DI RISPARMIO DI RIMINI SPA IN AMMINISTRAZIONE

STRAORDINARIA in persona del Commissario Straordinario e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ANTONIO MORDINI 14, presso lo studio dell’avvocato ABATI MANLIO, che

la rappresenta e difende, giusta procura speciale alle liti a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati SGROI ANTONINO, LELIO MARITATO, LUIGI CALIULO, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 586/2009 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del

14.5.09, depositata il 25/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA;

udito per il controricorrente l’Avvocato Carla d’Aloisio (per delega

avv. Antonino Sgroi) che si riporta agli scritti;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO FRESA

che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Bologna, riformando la statuizione di primo grado, rigettava il ricorso proposto dalla Banca Carim Cassa Risparmio di Rimini in Amm. Straord. nei confronti dell’Inps per accertamento della inesistenza del suo debito per il contributo di solidarietà di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 194 nella misura del 15% per il periodo dal 1.9.1985 al 30.6.1991, negando la maturazione della prescrizione ed affermando che detto contributo doveva essere versato anche per il personale in quiescenza.

Avverso detta sentenza la società soccombente ricorre con due motivi.

Resiste l’Inps con controricorso;

Con il primo motivo la società si duole che non sia stata dichiarata la prescrizione del contributo di solidarietà, posto che questa avrebbe dovuto decorrere dopo la sentenza n. 421 del 1995 della Corte Costituzionale, la quale aveva dichiarato la necessità di imporre un contributo di solidarietà sulle somma accantonate dal datore per la previdenza integrativa; l’Istituto avrebbe dovuto applicare detto contributo nella misura del 10% e poi ricalcolarlo quando il legislatore avesse provveduto determinarlo, come era stato poi previsto dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 194 che l’aveva fissato nella misura del 15%.

Con il secondo mezzo ci si duole che il contributo di solidarietà sia stato dichiarato dovuto anche per il personale già cessato dal servizio.

Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ. di manifesta infondatezza del ricorso;

Letta la memoria della Banca;

Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili e non contraddetti validamente in memoria, in considerazione del tenore letterale della legge da applicare, facendo il D.L. n. 103 del 1991, art. 9 riferimento agli accantonamenti effettuati a favore del lavoratore “nel corso del rapporto o dopo la sua cessazione”;

1. In materia di contribuzione previdenziale sulle somme destinate, sulla base di contratti collettivi o di regolamenti aziendali, al finanziamento di casse o strumenti assicurativi diretti ad assicurare prestazioni integrative, previdenziali o assistenziali a favore dei lavoratori, è noto che del D.L. n. 103 del 1991, art. 9 bis, comma 1, che esentava “integralmente” queste somme dalla contribuzione Inps, fu dichiarato incostituzionale con la sentenza n. 421 del 1995.

Proprio sulla scorta di questa pronunzia il legislatore, con la L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 193 ha sostituito la norma dichiarata non conforme a Costituzione ed ha introdotto “de futuro”, ossia per il periodo successivo alla sua entrata in vigore, un contributo di solidarietà del 15% sulle somme destinate appunto alla previdenza integrativa e, quanto al passato, con il comma 194, ha attribuito efficacia retroattiva all’esenzione dalla contribuzione delle somme in questione, contemporaneamente escludendo, da un lato, l’irripetibilità dei versamenti effettuati in base alla originaria disciplina L. n. 153 del 1969, ex art. 12 e dall’altro, ponendo – a carico del datore di lavoro, che tali contributi non abbia versato – un contributo di solidarietà del 15 per cento, limitatamente al periodo contributivo dal primo settembre 1985 al 30 giugno 1991, e quindi con definitivo esonero per il periodo precedente (cfr. in materia Cass. n. 5432 del 02/06/1999).

2. La società ricorrente si duole che le somme dovute per detto periodo settembre 1985/30 giugno 1991 non siano state dichiarate prescritte. La censura è manifestamente infondata, non potendo l’Istituto richiedere alcuna somma a titolo di contributi previdenziali, se non in presenza di una legge di autorizzazione, sia sulla sua decenza, sia sulla misura, il che non poteva fare prima della entrata in vigore del comma 194 citato, che ha determinato appunto la misura del contributo di solidarietà, non potendo l’Istituto fondare alcuna pretesa sulla sentenza della Corte Costituzionale 421/95 perchè questa non ne determinava la misura.

Infatti è già stato affermato (Cass. n. 13097 del 05/06/2007 e n. 22327 del 03/11/2010) che il contributo del 15 per cento introdotto dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 194, costituisce, per i datori di lavoro inadempienti al versamento dei contributi sulle somme corrisposte ai fondi pensionistici nel periodo settembre 1985/giugno 1991, un contributo nuovo e diverso da quello introdotto dalla L. n. 166 del 1991, art. 9 bis, comma 2. Conseguentemente, il diritto dell’INPS a pretenderne il pagamento è sorto solo a seguito dell’entrata in vigore della citata L. n. 662, e cioè dal 1 gennaio 1997 e da quella data decorre il termine di prescrizione. In quel caso la S.C., in applicazione dell’autorevole insegnamento del Giudice delle leggi – Corte cost. n. 121 del 2002 – ha respinto le censure fondate sull’identità dei due contributi e sulla decorrenza della prescrizione decennale del diritto di credito dell’INPS dalla pubblicazione di Corte cost. n. 421 del 1995, dichiarativa della illegittimità costituzionale della L. n. 166 del 1991, art. 9 bis, comma 2.

3. Parimenti manifestamente infondato è il secondo motivo.

La contribuzione di solidarietà va infatti versata, sulle somme corrisposte ai fondi pensionistici, per ciascuno dei lavoratori dipendenti che erano in servizio nel periodo settembre 1985/giugno 1991, a nulla rilevando che costoro siano cessati dal servizio dopo l’entrata in vigore della legge. Ovviamente l’obbligo di versamento del contributo di solidarietà cessa dopo la cessazione del rapporto di lavoro, quando l’obbligo contributivo del datore viene meno ed inizia il rapporto pensionistico.

E’ stato infatti già affermato (Cass. n. 21473 del 07/11/2005) che Il contributo di solidarietà (di cui al D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 12 in relazione al D.L. n. 103 del 1991, art. 9 “bis” convertito nella L. n. 166 del 1991) sulle contribuzioni o somme a carico del datore di lavoro destinate a realizzare le finalità di previdenza pensionistica complementare (nella specie fondo previsto da regolamento aziendale), alla luce della giurisprudenza costituzionale (sentt. n. 421 del 1995 e n. 178 del 2000) – secondo cui tali contribuzioni sono strutturalmente contributi di natura previdenziale, come tali estranei alla nozione di retribuzione imponibile ai sensi e agli effetti della L. n. 153 del 1969, art. 12 – è dovuto sia per le erogazioni effettuate a favore del personale dipendente che per quelle effettuate per il personale cessato dal servizio. Nello stesso senso si è espressa la sentenza di questa Corte n. 27916 del 19/12/2005, per cui Nella base imponibile, sulla quale calcolare l’entità del contributo di solidarietà a carico del datore di lavoro, da versare, D.L. n. 103 del 1991, ex art. 9 bis (introdotto dalla L. di conversione con modifiche, n. 166 del 1991) a titolo di finanziamento dei fondi di previdenza integrativi costituiti al fine di erogare prestazioni previdenziali o assistenziali in favore del lavoratore e dei suoi familiari, devono essere incluse anche le quote di accantonamenti riferibili al personale già in quiescenza, essendo unica la causa del versamento, il che non consente di distinguere se il beneficiario della prestazione sia un lavoratore ancora in servizio o pensionato. Il ricorso va pertanto rigettato e le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro trenta/00 per esborsi e tremila/00 per onorari, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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