Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29086 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2018, (ud. 10/10/2018, dep. 13/11/2018), n.29086

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1799-2012 proposto da:

IVS ITALIA SPA in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA F. DENZA 20, presso lo studio

dell’avvocato LORENZO DEL FEDERICO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CHRISTIAN CALIFANO giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

ICA SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIALE TIZIANO 110, presso lo

studio dell’avvocato SIMONE TABLO’, rappresentato e difeso dagli

avvocati SERGIO ZOLEZZI, ALESSANDRO CARDOSI giusta delega a margine;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI PORDENONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 117/2010 della COMM. TRIB. REG. di TRIESTE,

depositata il 13 dicembre 2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10

ottobre 2018 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato CARDOSI che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

p.1. La società IVS ITALIA impugnava l’avviso con cui la società Ica, in qualità di concessionaria per il servizio di accertamento, liquidazione e riscossione dell’imposta sulla pubblicità per il Comune di Pordenone, accertava l’omesso versamento dell’imposta di pubblicità, relativa all’anno di imposta 2005, per i pannelli dei distributori automatici di alimenti e bevande, localizzati nelle aree di accesso ai binari della stazione ferroviaria del medesimo comune, eccependo la carenza di motivazione dell’atto impositivo in relazione ai criteri di applicazione della tariffa, nonchè l’insussistenza del presupposto oggettivo per l’applicazione dell’imposta, trattandosi di distributori localizzati in aree accessibili solo ai viaggiatori e la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 17, il quale prevede l’esenzione dall’imposta per le insegne inferiori a cinque metri che contraddistinguono la sede in cui si svolge l’attività.

La CTP di Pordenone respingeva il ricorso con sentenza appellata dalla contribuente.

Con sentenza n. 117/08/2010 la CTR del Friuli Venezia Giulia rigettava l’appello, ritenendo adeguata la motivazione dell’atto impositivo e confermando la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’imposta, in quanto i binari ferroviari presentano le caratteristiche dei luoghi aperti al pubblico ed i distributori automatici di bevande e alimenti non possono essere equiparabili alle attività funzionalmente connesse a quella di trasporto; escludeva inoltre l’applicazione dell’art. 17 comma 1 bis cit., non potendosi parificare i distributori di bevande alla sede di svolgimento dell’attività.

Il contribuente propone ricorso per cassazione sorretto da sei motivi, avverso la sentenza indicata in epigrafe emessa dalla CTR del Friuli.

La concessionaria resiste con controricorso, illustrato con memorie difensive.

Il P.G. chiede il rigetto del ricorso.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI DIRITTO

p..2. Con il primo motivo, l’ente ricorrente lamenta la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 7 e del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 10, censurando la pronuncia impugnata per aver ritenuto congruamente motivato l’atto impositivo, nonostante non risultassero chiare le ragioni di diritto ed i presupposti di fatto posti a fondamento dell’atto medesimo.

p..3. Con il secondo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 5, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto la stazione ferroviaria un luogo aperto al pubblico al quale accedono i viaggiatori e gli accompagnatori, omettendo di esaminare i regolamenti ferroviari che consentono l’accesso ai binari solo a coloro che sono in possesso di biglietti ferroviari, con l’ulteriore conseguenza che i binari ferroviari non sono equiparabili ai luoghi aperti al pubblico.

p..4. Con la terza censura si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 17, comma 1, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto che le attività svolte attraverso i distributori di bevande ed alimenti non possono essere ritenute funzionali all’attività di trasporto, citando all’uopo un precedente di questa Corte risalente all’anno 1988, secondo il quale le scritte apposte nelle stazioni ferroviarie sono esenti dall’imposta sulla pubblicità(dovendosi intendere il servizio funzionale all’attività di trasporto in senso lato comprensivo di ogni attività necessaria ad assicurare al viaggiatore il doveroso confort).

p..5. Con il quarto mezzo, si lamenta la violazione del medesimo D.Lgs., art. 17, comma 1 bis, nella parte in cui il decidente ha ritenuto che il distributore non potesse equipararsi alla sede in cui si svolge l’attività (unità commerciale); con l’ulteriore conseguenza che, trattandosi di insegne inferiori ai cinque metri, l’imposta relativa non è dovuta.

p..6. Con il quinto mezzo, si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 7 e 17, censurando la pronuncia dei giudici di appello laddove hanno ritenuto che comunque le insegne superassero i cinque metri, a dispetto della perizia allegata da cui risulta una superficie inferiore.

p..7. Con il sesto motivo, si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 8,10 e 12, criticando la pronuncia della CTR per aver ritenuto adeguatamente motivato l’atto impositivo, nel quale sono individuati i criteri di applicazione delle tariffe individuate con apposita delibera del C.C., i cui parametri non sarebbero stati indicati nell’avviso.

p..8. Il primo ed il sesto motivo che, in quanto attinenti a questioni connesse, possono essere esaminati congiuntamente, sono privi di pregio, in quanto si risolvono in una diversa valutazione dell’atto rispetto a quella effettuata dal giudice del merito; con la censura della violazione della legge non si può conferire surrettiziamente alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa ma solo quello di controllare la correttezza giuridica delle argomentazioni svolte dal giudice del merito (cfr. al riguardo, ex plurimis; Cass. v sent. n. 15355 del 2004; n. 7311/2005).

In particolare, le censure in esame attingono la sentenza impugnata per non avere il decidente considerato che l’atto impositivo non conteneva le ragioni giuridiche fondanti l’avviso, essendosi il concessionario limitato ad utilizzare formule di stile prestampate, senza indicare se si trattava dei distributori all’interno della stazione ferroviaria; deducendo ulteriormente con il sesto motivo l’omessa indicazione dei parametri del regolamento tariffario.

Sennonchè, al riguardo, la CTR ha compiutamente esaminato le doglianze della contribuente ritenendo che l’avviso contenesse gli elementi posti a base del calcolo per la determinazione della maggiore imposta sulla pubblicità, nonchè l’ubicazione dei mezzi pubblicitari, la numerazione dei distributori, il titolo della pubblicità che consente l’individuazione degli apparecchi tanto da consentire alla ricorrente una compiuta difesa e che le tariffe erano annualmente determinate con delibere del CC debitamente pubblicate.

Sotto detto ultimo profilo, questa Corte ha espresso il principio secondo cui “l’obbligo di allegazione all’atto impositivo, o di riproduzione al suo interno, di ogni altro atto dal primo richiamato, previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7,(cosiddetto Statuto del contribuente), avendo la funzione di rendere comprensibili le ragioni della decisione, riguarda i soli atti necessari per sostenere quelle ragioni intese in senso ampio e, quindi, non limitate a quelle puramente giuridiche ma comprensive anche dei presupposti di fatto.

Ne deriva che sono esclusi dall’obbligo dell’allegazione gli atti irrilevanti a tal fine e gli atti (in specie quelli a contenuto normativo, anche secondario quali le delibere o i regolamenti comunali) giuridicamente noti per effetto ed in conseguenza dell’avvenuto espletamento delle formalità di legge relative alla loro pubblicazione” (Cass. n. 13105/2012, n. 25371/2008, n. 22254/2016).

p..9. Parimenti infondata è la seconda censura.

In realtà, come già osservato da questa Corte (cfr. Cass. civ. sez. 5 15 febbraio 2012, n. 2167; n. 13023/2015; n. 27497/2014;6714/2017), ai fini specifici dell’imposta si deve considerare comunque aperto al pubblico lo spazio interno della stazione ferroviaria il cui accesso sia consentito ai soggetti muniti di biglietto di viaggio; ciò in quanto, dalla richiamata disposizione normativa, si evince che il presupposto impositivo debba essere individuato nell’astratta possibilità del messaggio, in rapporto all’ubicazione del mezzo, di avere un numero indeterminato di destinatari, che diventano tali solo perchè vengono a trovarsi in quel luogo determinato (cfr. anche Cass. civ. sez. 5 2 ottobre 2009, n. 21161 e Cass. civ. sez. 5 8 settembre 2008, n. 22572).

p..10. Destituito di fondamento è il terzo motivo.

Il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 17, comma 1, lett. e) esenta dall’imposta “la pubblicità esposta all’interno delle stazioni dei servizi di trasporto pubblico di ogni genere inerente l’attività esercitata dall’impresa di trasporto, nonchè le tabelle esposte all’esterno delle stazioni stesse o lungo l’itinerario di viaggio, per la parte in cui contengono informazioni relative alle modalità di effettuazione del servizio”.

La formulazione letterale della norma appare in modo significativo diversa rispetto alla previsione dell’abrogato D.P.R. n. 639 del 1972, art. 20 (punto 7), che prevedeva l’oggettiva esenzione dall’imposta di pubblicità di “tutte le scritte apposte all’interno o all’esterno delle stazioni ferroviarie che riguardano i servizi dei viaggiatori”, nel cui vigore si era espresso il precedente di questa Corte (la citata Cass. n. 3674/1988), che aveva ritenuto esente dall’imposta l’insegna luminosa di un’edicola di giornali posta all’interno di una stazione ferroviaria, essendo la lettura dei giornali in treno volta ad assicurare “un viaggio più confortevole”.

Nel vigore della nuova normativa è venuto meno il riferimento più ampio alle scritte che riguardano i servizi dei viaggiatori, essendo la ratio dell’esenzione legata alla sussistenza del collegamento tra la pubblicità e l’attività esercitata dall’impresa di trasporto, sicchè, in considerazione del fatto che le norme che prevedano esenzioni o agevolazioni fiscali sono norme di stretta interpretazione (cfr. tra le altre, più di recente, Cass. civ. sez. 5 7 febbraio 2013, n. 2915), non può in alcun modo ritenersi l’attività di commercializzazione di alimenti e bevande ad opera di distributori automatici connessa al servizio di trasporto ferroviario (vedi recentemente sez. 5 nr. 27503 del 21/10/2004).

p..11. Il quarto motivo è del pari privo di fondamento.

Infatti l’art. 17, comma 1 bis, recita: “L’imposta non è dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati. I comuni, con regolamento adottato ai sensi del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52 possono prevedere l’esenzione dal pagamento dell’imposta per le insegne di esercizio anche di superficie complessiva superiore al limite di cui al periodo precedente”.

Nel caso di specie, deve essere esclusa l’applicabilità della norma in esame in quanto la macchina distributrice di alimenti e bevande sulla quale erano posti i pannelli pubblicitari non può essere identificata come sede dell’Impresa, essendo la ricorrente una Società di capitali, e pertanto per sede effettiva deve intendersi il luogo in cui hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’Ente ed ove operano i suoi Organi amministrativi o i suoi dipendenti.

Infatti, l’esenzione fiscale, e come tale da ritenersi di stretta interpretazione, di cui al Dlgs. n. 507 del 1993, art. 17, comma 1-bis, non può essere applicata ai distributori automatici di cibi o bevande ai quali non può ricondursi il concetto tanto di sede legale quanto di quella effettiva di esercizio dell’attività sociale, e neppure può ipotizzarsi un rapporto pertinenziale con la sede della Società, in ragione dell’ampia diffusione territoriale che impedisce a monte la stessa configurabilità di un rapporto durevole di servizio del singolo distributore alla sede sociale (Cass. n. 13023/2015; n. 27503/2014).

p..12. n quinto motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente che denunci l’omessa valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative(Cass. n. 17915/2010; nn. 14107 e 19985 del 2017)

p..13 II ricorso va dunque respinto.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:

– Rigetta il ricorso;

condanna l’ente ricorrente alla refusione delle spese sostenute dalla resistente che liquida in Euro 1500,00, per compensi, oltre rimborso forfettario, iva e cpa come per legge;

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sezione tributaria della Corte di Cassazione, il 10 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

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