Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29085 del 13/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 13/11/2018, (ud. 09/10/2018, dep. 13/11/2018), n.29085

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1242-2014 proposto da:

M.M., M.A., ME.MA., R.G., R.B.

nq di figlio erede di R.F., R.E., elettivamente

domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso lo studio dell’avvocato

PASQUALE IOVINE, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ERNESTO CICATIELLO giusta delega in calce;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

DIREZIONE PROVINCIALE II DI NAPOLI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 223/2012 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 20 novembre 2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09

ottobre 2018 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione del 2^ motivo di ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato ROCCHITTA che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.A., M.M., Me.Ma., nonchè R.E., R.G. e R.B., questi ultimi eredi di R.F., ricorrono per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania ha confermato la decisione di primo grado che aveva parzialmente accolto i riuniti ricorsi dei contribuenti avverso gli avvisi di rettifica e liquidazione, e le cartelle di pagamento, emessi dall’Amministrazione finanziaria per il recupero delle imposte dovute, sulla scorta della rideterminazione del valore dei terreni oggetto di vendita, siti nel Comune di Cardito (NA), riportati in catasto al foglio (OMISSIS), particelle (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

Secondo la CTR il valore (Euro 50,00 mq. per la particella (OMISSIS), Euro 34,61 mq. per le altre) dei terreni tassati è quello determinato dalla disposta c.t.u., in quanto, pur trattandosi di “zone bianche”, gli stessi sono stati compravenduti “come suolo edificatorio” scontando “l’imposta propria della vendita di fabbricati e non quella dei terreni (17%) nè quella dei terreni agricoli”, essendo “a ridosso del centro urbano collocati tra un costruendo parco pubblico ed un grosso agglomerato urbano”, e sottoposti, inoltre, a “vincoli poi scaduti”, riguardanti “un piano di zona (OMISSIS) e zona di viabilità a progetto”.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo d’impugnazione, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 10 del 1977, art. 4, u.c., giacchè la impugnata decisione della CTR non ha considerato che detta previsione normativa riguarda i Comuni, e relativi territori, sprovvisti di qualsiasi strumento urbanistico, e deduce che il Comune di Cardito è provvisto di Piano Regolatore Generale, che i vincoli di edilizia pubblica sui terreni in questione sono venuti meno, che, conseguentemente, i terreni possono beneficiare del sistema di valutazione automatica di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4.

Con il secondo motivo d’impugnazione, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 5, denuncia omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, giacchè la impugnata decisione ha trascurato la circostanza che i predetti terreni, ricadenti in “zona bianca”, sono gravati di servitù di gasdotto, in favore di SNAM s.p.a., e di servitù di elettrodotto ad alta tensione, in favore di GRTN s.p.a., che ne limitano l’utilizzabilità, e deduce che non vengono indicate, se non genericamente, le fonti informative utilizzate per la “stima sintetica per confronto”, che, inoltre, i ricorsi autonomamente proposti dagli acquirenti dei terreni, coobbligati in solido, sono stati annullati con sentenze, della medesima CTR, passate in giudicato.

Le censure contenute nei suesposti motivi di ricorso sono infondate e non meritano accoglimento.

Come questa Corte ha già avuto occasione di affermare (Cass. n. 31051/2017, Cass. n. 12792/2018), l’inefficacia del vincolo di pianificazione urbanistica preordinato all’espropriazione, derivante dal P.R.G., per mancata attuazione nel quinquennio, non determina il venir meno del carattere edificabile del terreno, in quanto impedisce solamente il pubblico esproprio, e l’applicabilità alla area interessata del regime urbanistico delle cosiddette “zone bianche” non ne determina la regressione a zona agricola.

Infatti, secondo una condivisibile giurisprudenza di questa Corte (S.U. n. 25506/2006; Cass. n. 25676/2008), utilmente richiamabile ai fini qui considerati, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 1 quaterdecies, comma 16, convertito con modificazioni dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, e del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi.

La natura edificabile di un suolo non viene meno per effetto delle ridotte dimensioni o della particolare conformazione del lotto, circostanze che incidono normalmente sulla sola determinazione del valore venale del terreno (salvo che gli strumenti urbanistici le considerino espressamente significative della non edificabilità), essendo sempre possibile l’accorpamento con fondi vicini, ovvero l’asservimento urbanistico a fondo contiguo avente identica destinazione, ed il carattere edificabile neppure è eliminato a seguito di decadenza del vincolo preordinato alla realizzazione dell’opera pubblica, decadenza da cui deriva non una situazione di totale inedificabilità, ma l’applicazione della disciplina delle cosiddette “zone bianche” che, ferma restando l’utilizzabilità economica del fondo, in primo luogo a fini agricoli, configura pur sempre, anche se a titolo provvisorio, un limitato indice di edificabilità (Cass. n. 11433/2010; n. 25676/2008).

Come opportunamente sottolineato nella sopra richiamata sentenza n. 25676 del 2008, “Per la L. 19 novembre 1968, n. 1187, art. 2, comma 1, (abrogato dal D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 58, a decorrere dal 30 giugno 2003, ai sensi del D.L. 20 giugno 2002, n. 122, art. 2, convertito, con modificazioni, in L. 1 agosto 2002, n. 185), invero, “perdono ogni efficacia” (“qualora entro cinque anni dalla data di approvazione del piano regolatore generale non siano stati approvati i relativi piani particolareggiati od autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati”) unicamente “le indicazioni di piano regolatore generale, nella parte in cui incidono su beni determinati ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all’espropriazione od a vincoli che comportino l’inedificabilità”: la norma, cioè, non commina tout court la perdita di “efficacia” (in conseguenza delle omissioni indicate nella stessa) del c.d. vincolo ma soltanto per quella “parte” delle “indicazioni di piano regolatore generale” che “incidono su beni determinati ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all’espropriazione od a vincoli che comportino l’inedificabilità”, per cui “le zone urbanistiche interessate dalla inefficacia del vincolo urbanistico per scadenza del quinquennio, in assenza della pur possibile (Cass., 1^, 31 marzo 2008 n. 8384) reiterazione dello stesso – avendo la Corte Costituzionale affermato (sentenze 22 dicembre 1989 n. 575 e 20 maggio 1999 n. 179) esser (excerpta dalla prima) “propria della potestà pianificatoria la possibilità di rinnovare illimitatamente nel tempo i vincoli su beni individuati, purchè, come ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa, risulti adeguatamente motivata in relazione alle effettive esigenze urbanistiche” e sempre che “il vincolo” non “venga protratto a tempo indeterminato senza la previsione di indennizzo” (ora considerato dal D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 39) -, sono soggette alla disciplina delle c.d. “zone bianche”, ovverosia (Cass., 1^, 6 settembre 2003 n. 14333; 6 novembre 1998 n. 11158) alla disciplina “di cui alla L. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 4, u.c.” il quale – “ferma restando ‘utilizzabilità economica del fondo, in primo luogo a fini agricoli” “configura” pur sempre, anche se “a titolo provvisorio”, un “limitato indice di edificabilità”.

Nel caso di specie, per effetto della decadenza del vincolo, che – come sopra ricordato – può essere motivatamente reiterato, i terreni dei quali si discute, già inclusi dal P.R.G. in edificatoria vincolata (“zona (OMISSIS) e zona di viabilità a progetto”), conservano tale qualità, sia pure in misura ridotta, trovando applicazione la disciplina dettata dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 9 (L. n. 10 del 1977, art. 4, è stato abrogato dal D.P.R. citato), che fissa i limiti per l’attività edilizia nei Comuni sprovvisti degli strumenti urbanistici generali.

E’, dunque, corretta la sentenza impugnata laddove parla di limitate potenzialità edificatorie dell’area per cui è causa, perchè è certamente errato sostenere la tesi, sostenuta dai contribuenti, che possa rivivere la situazione anteriore all’imposizione del vincolo, che è, invece, ciò accade nell’ipotesi di annullamento giurisdizionale dei vincoli medesimi, atteso il giudizio di valore insito in tale pronuncia, che determina la reviviscenza con effetto ex nunc della disciplina urbanistica precedentemente in vigore relativamente all’area stessa (cfr. C. Stato, sez. V, 23 settembre 1997, n. 1008, edita).

E’ appena il caso di osservare che non si applica il regime di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 9, allorquando il piano regolatore generale disciplini espressamente le conseguenze dell’inefficacia e della decadenza dei vincoli, assegnando alle aree interessate una specifica destinazione urbanistica, ma si tratta di ipotesi a cui le parti in causa, negli scritti difensivi, non hanno fatto riferimento.

L’ultima censura è palesemente inammissibile, in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata successivamente alla data (11/9/2012) di entrata in vigore della modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, per cui, secondo la nuova formulazione della norma, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia.” (tra le altre, Cass. n. 23940/2017);

I contribuenti, nel caso di specie, si limitano ad una critica del convincimento espresso dal giudice di appello, in esito dell’esame del materiale probatorio, ivi compresa la c.t.u. svolta in prime cure, che risulta compiutamente eseguito, com’è reso evidente dal rilievo decisivo attribuito, nella ricerca del valore venale di mercato, alle caratteristiche dei terreni, posizionati “immediatamente a ridosso del centro urbano”, e “serviti da ampia strada pubblica”, nonchè alla circostanza che le stesse parti contraenti hanno dichiarato “in atto che trattavasi di terreno non agricolo e quindi potenzialmente edificatorio”.

L’eccezione di estensione del giudicato favorevole intervenuto nei confronti di altri soggetti ( F.G., S.C., Immobil Green s.r.l., C.R., B.G.) indicati come “obbligati principali per l’imposta di registro”, avuto riguardo ad una serie di pronunzie della Commissione Tributaria Regionale della Campania, passate in giudicato, come da certificazioni versate in atti, non può trovare accoglimento.

Se, infatti, è consolidato il principio per cui, in tema di solidarietà tributaria, il coobbligato d’imposta ha facoltà di avvalersi del giudicato favorevole emesso in un giudizio promosso da un altro coobbligato, secondo la regola generale stabilita dall’art. 1306 c.c., come riflesso dell’unicità dell’accertamento e della invocata estensibilità del giudicato, sempre che non si sia già formato un giudicato contrario sul medesimo punto, ciò non di meno, nel caso di specie, la mancata produzione di copia integrale delle richiamate sentenze dei giudici tributari, alla quale non trova ostacolo il divieto posto dall’art. 327 c.p.c., e per contro la constatazione che all’atto tassato (rogito di compravendita dei terreni, in data 20 gennaio 2006, del notaio M., registrato il 2 febbraio 2006, intercorso tra M.A., M.M., Me.Ma., parte alienante, e M.F., parte acquirente) i sopra indicati soggetti risultano estranei, non è dato verificare la incidenza espansiva delle sentenze divenute definitive sul rapporto tributario controverso.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso, e condanna i ricorrenti al pagamento in solido della spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre rimborso spese prenotate a debito.

Trovando applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, segue la condanna dei ricorrenti al versamento, in favore dell’Erario, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 9 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 novembre 2018

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA