Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29082 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 27/12/2011, (ud. 05/12/2011, dep. 27/12/2011), n.29082

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

CASSA EDILE PROVINCIA MESSINA, in persona del Presidente e legale

rappresentante pro tempore, Ing. A.S., elettivamente

domiciliata in Roma, Via Pellegrino Matteucci n. 44, presso lo studio

dell’Avv. Milena Cipollone, rappresentata e difesa dall’Avv.

Bonfiglio Emilia del foro di Messina come da procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

LA PERLA S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore

C.G., elettivamente domiciliata in Roma, Viale Libia n.

167, presso lo studio dell’Avv. Giovanni Borrelli, rappresentata e

difesa dall’Avv. Pustorino Franco del foro di Messina per procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Messina n.

984/10 del 1.06.2010/3.07.2010 nella causa iscritta al n. 859 R.G.

dell’anno 2008;

udita la relazione svolta in Camera di Consiglio dal Consigliere

Dott. Alessandro De Renzis in data 5.12.2011;

vista la relazione ex art. 380 bis c.p.c. in data 28.10.2011 del

Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

sentito il P.M. Dott. BASILE Tommaso, che non ha mosso obiezioni alla

anzidetta relazione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. La Corte di Appello di Messina con sentenza n. 984 del 2010 ha confermato la decisione di primo grado del Tribunale di Messina, che aveva accolto l’opposizione proposta dalla S.r.l. LA PERLA avverso decreto ingiuntivo n. 480 del 2003, emesso il 109.2003 su ricorso della CASSA EDILE della Provincia di Messina per il pagamento della complessiva somma di Euro 4.480,19, oltre accessori.

La Corte ha ritenuto, sulla base degli accertamenti contenuti nella CTU di primo grado, che la posizione della società ingiunta fosse in attivo nei confronti della Cassa Edile.

La stessa Corte ha osservato, in conformità a quanto rilevato dal primo giudice, che non vi era stato un ampliamento del petitum, vertendosi in tema di compensazione impropria, che può sempre avere luogo e che il giudice deve valutare e compiere anche ex officio, con conseguente facoltà delle parti di richiederla in corso dicausa, senza incorrere in alcuna decadenza (viene richiamata Cass. n. 775 del 1999).

Ricorre la Cassa Edile con tre motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

Resiste la società La Perla con controricorso.

2. La controricorrente ha sollevato eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso, che come tali sono prive di pregio e vanno disattese: quanto al non rituale conferimento della procura si osserva che la stessa procura, in conformità a quanto prescrive l’art. 83, comma 3 – risulta apposta a margine del ricorso; quanto alla violazione dell’art. 369, comma 3 – circa il mancato deposito dell’istanza di trasmissione alla Cassazione si rileva che la ricorrente ha provveduto a tale incombente, come risulta dalla nota di deposito ed iscrizione a ruolo allegata al fascicolo del giudizio di cassazione (in particolare sub n. 6); quanto all’inammissibilità del ricorso per ripetitività dei motivi proposti in sede di merito, si rileva che trattasi di doglianza generica.

3. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 645 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere il giudice di appello ritenuto ammissibile d’ufficio la ed.

compensazione impropria con violazione del principio del petitum.

Il motivo è infondato, atteso che, con valutazione fondata su congrua e logica motivazione, il giudice di appello ha ritenuto che ricorressero nel caso di specie gli estremi della c.d. compensazione impropria e che non vi fosse stato un ampliamento del petitum, potendo il giudice in tale contesto verificare di ufficio le reciproche poste di dare e avere.

Va precisato che tale complessiva verifica dei reciproci rapporti tra le parti ben è ammissibile, non risultando che nel caso di specie si sia trattato di titoli eterogenei (cfr Cass. n. 6055 del 3 marzo 2008 e conformi precedenti secondo cui quando le contrapposte ragioni credito delle parti trovino origine in un’unica relazione negoziale, si è in presenza di una compensazione impropria e le parti possono sollecitare in corso di causa l’accertamento contabile del saldo finale delle contrapposte partite, senza che sia necessaria l’eccezione di parte o la proposizione di una domanda riconvenzionale, e senza che operino limiti alla compensabilità).

4. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta vizio di motivazione, sostenendo che il giudice di appello, da un lato, ha operato un inammissibile ampliamento del petitum mediante la compensazione impropria del credito della società nei confronti di essa Cassa per il periodo febbraio/marzo 2002, e, dall’altro lato, ha disatteso l’eccezione di compensazione di credito della Cassa con riferimento al periodo agosto 2001/giugno 2004. Così facendo, aggiunge la ricorrente, il giudice di appello ha posto in essere una assoluta irragionevole disparità di trattamento, non potendosi giustificarsi l’affermazione (pag. 3 della sentenza), secondo cui, aderendosi alla richiesta della Cassa, si finirebbe per dilatare illegittimamente la domanda originaria e il conseguente accertamento giudiziale.

Le esposte doglianze meritano di essere condivise, giacchè, avendo il giudice di appello ritenuto, come già detto, di dare ingresso alla compensazione impropria e di verificare i reciproci rapporti di dare ed avere intercorsi tra le parti ampliando in tal modo l’originario petitum – oggetto della pretesa ingiuntiva -, lo stesso giudice non avrebbe potuto limitare nel tempo tale accertamento solo con riferimento alla posizione della Cassa Edile (cfr Cass. cita. N. 6055 del 2088; Cass. n. 16349 del 2007; Cass. n. 20324 del 2004;

Cass. N. 6214 del 2004 che escludono decadenze in ordine alla possibilità di opporre un controcredito nel corso del giudizio).

5. Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 75 disp. att. c.p.c., della L. n. 1051 del 1957, art. 1 del R.D.L. n. 1578 del 1933, artt. 57,58, 59, 60, 61, 62, 63, 64 e del D.M. n. 127 del 2004, art. 5 per avere il giudice di appello determinato per spese il complessivo importo di _ 1800,00 in assenza della nota spese e in base a liquidazione globale senza distinzione degli esborsi, degli onorari e delle competenze. La stessa ricorrente aggiunge che in ogni caso l’importo liquidato è di gran lunga superiore a quello spettante secondale tariffe professionali forensi di cui al richiamato D.M. del 2004.

Tale motivo, in conseguenza dell’accoglimento del secondo motivo, può ritenersi assorbito.

6. In conclusione, disatteso il primo motivo, va accolto il secondo, con assorbimento del terzo, conseguentemente la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte di Appello di Catania, che procederà al riesame della causa sulla base di quanto in precedenza evidenziato in ordine alla verifica dei reciproci rapporti tra le parti, tenendo conto dell’eccezione di compensazione della Cassa Edile per il periodo agosto 2001/giugno 2004.

Il giudice di rinvio provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta il primo, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Catania.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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