Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29073 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 27/12/2011, (ud. 25/11/2011, dep. 27/12/2011), n.29073

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – rel. Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS) in persona del Presidente del

Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo

studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e difesa

dall’avvocato TOSI PAOLO, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO 50,

presso lo studio degli avvocati SAVINA BOMBOI e BRUNO COSSU, che lo

rappresentano e difendono, giusta procura a margine del controricorso

e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 1327/2009 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

16.12.09, depositata il 25/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/11/2011 dal Presidente Relatore Dott. BRUNO BATTIMIELLO;

udito per il controricorrente e ricorrente incidentale l’Avvocato

Bruno Cossu che si riporta agli scritti;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO FRESA

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

IN FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata alla odierna udienza camerale ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c. Poste Italiane spa chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Torino, n. 1327/2009 pubblicata il 25 gennaio 2010, che, in parziale accoglimento dell’appello di Poste Italiane, ha dichiarato la nullità della clausola di apposizione del termine al contratto di lavoro stipulato con B.F. per esigenze eccezionali il 31 ottobre 1998, dichiarando costituito da tale data un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Poste italiane propone un ricorso articolato in due motivi, concernenti la legittimità della apposizione del termine in base a quanto previsto dalla contrattazione collettiva.

Non vengono formulate censure in ordine alla materia del risarcimento del danno.

Il lavoratore si difende con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato.

Poste italiane ha depositato controricorso a ricorso incidentale.

La posizione articolata da Poste italiane non è conforme alla giurisprudenza costante di questa Corte in controversie del tipo di quella in esame: contratto a termine, stipulato ai sensi dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, dopo la data del 30 aprile 1998.

Cass. n. 18272 del 2006; Cass. n. 13728 del 2009 e una lunga serie di altre decisioni ricordano che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 e successive modifiche nonchè dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis convertito con modificazioni dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco all’autonomia collettiva, la quale, pertanto, non è vincolata all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (principio ribadito dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte con sentenza 2 marzo 2006 n. 4588), e che in forza della sopra citata delega in bianco le parti collettive hanno individuato, quale nuova ipotesi di contratto a termine, quella di cui al citato accordo integrativo del 25 settembre 1997.

Partendo da questo principio la giurisprudenza di questa Corte, dopo aver ribadito la legittimità della formula adottata nell’accordo integrativo, caratterizzata, in particolare, dalla mancata previsione di un termine finale, ha ritenuto tuttavia viziate le decisioni dei giudici di merito che avevano affermato la natura meramente ricognitiva dei c.d. accordi attuativi e conseguentemente il carattere non vincolante degli stessi quanto alla determinazione della data entro la quale era legittimo ricorrere a contratti a termine, atteso che con tale interpretazione dei suddetti accordi si sono discostate dal chiaro significato letterale delle espressioni usate – ed in particolare di quella secondo cui.. per far fronte alle predette esigenze si potrà procedere ad assunzioni di personale straordinario con contratto a tempo determinato fino al 30/4/98 (cfr.

accordo del 16 gennaio 1998); ciò, fra l’altro, in violazione del principio secondo cui nell’interpretazione delle clausole dei contratti collettivi di diritto comune, nel cui ambito rientrano sicuramente gli accordi sindacali sopra riferiti, si deve fare innanzitutto riferimento al significato letterale delle espressioni usate e, quando esso risulti univoco, è precluso il ricorso a ulteriori criteri interpretativi, i quali esplicano solo una funzione sussidiaria e complementare nel caso in cui il contenuto de contratto si presti a interpretazioni contrastanti (cfr., ex plurimis, Cass. n. 28 agosto 2003 n. 12245, Cass. 25 agosto 2003 n. 12453).

La stessa giurisprudenza ha ritenuto inoltre la sussistenza, nelle suddette sentenze, di una violazione del canone ermeneutico di cui all’art. 1367 cod. civ. a norma del quale, nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possano avere qualche effetto, anzichè in quello per cui non ne avrebbero alcuno; ed infatti la statuizione secondo cui le parti non avevano inteso introdurre limiti temporali alla previsione di cui all’accordo del 25 settembre 1997 implica la conseguenza che gli accordi attuativi, così definiti dalle parti sindacali, erano “senza senso” (così testualmente Cass. n. 14 febbraio 2004 n. 2866). La giurisprudenza di questa Suprema Corte (cfr., ex plurimis, Cass. 23 agosto 2006 n. 18378) ha, per contro, ritenuto corretta, nella ricostruzione della volontà delle parti come operata dai giudici di merito, l’irrilevanza attribuita all’accordo del 18 gennaio 2001 in quanto stipulato dopo circa due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, e cioè quando il diritto del soggetto si era già perfezionato; ed infatti, ammesso che le parti abbiano espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti comunque di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25 settembre 1997 (scaduto in forza degli accordi attuativi), la suddetta conclusione deve comunque ritenersi conforme alla regula iuris dell’indisponibilità dei diritti dei lavoratori già perfezionatisi, dovendosi escludere che le parti stipulanti avessero il potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel D.Lgs. n. 165 de 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non più legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12 marzo 2004 n. 5141)”.

Sulla base di tale consolidata giurisprudenza ed in assenza di argomenti nuovi idonei a determinare un cambio di orientamento, si ritiene che i ricorsi possano essere riuniti e decisi in camera di consiglio.

E’ seguita la rituale notifica della suddetta relazione, unitamente all’avviso della data della presente adunanza in camera di consiglio.

Il collegio, riuniti i ricorsi, condivide il contenuto della relazione; e pertanto, non avendo la società ricorrente offerto elementi nuovi, non considerati da questa Corte, per mutare orientamento, il ricorso principale va rigettato, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato. L’onere delle spese segue la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese, in Euro 30,00 per esborsi e in Euro 2000,00 per onorario, oltre a spese generali, IVA e CPA, da distrarsi in favore degli avv.ti Bruno Cossu e Savina Bomboi, dichiaratisi antistatari.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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