Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29073 del 18/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 18/12/2020, (ud. 30/09/2020, dep. 18/12/2020), n.29073

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6175/2016 R.G., proposto da:

A.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Felice Fazio, con

studio in Roma, ove elettivamente domiciliato, giusta procura in

margine al ricorso introduttivo del presente procedimento;

– ricorrente –

contro

l’Agenzia delle Entrate, con sede in (OMISSIS), in persona del

Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove

elettivamente domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

di Roma il 21 luglio 2015 n. 4319/28/2015, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30 settembre 2020 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

A.M. ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Roma il 21 luglio 2015 n. 4319/28/2015, non notificata, che, in controversia su impugnazione di avviso di rettifica e liquidazione di imposte di registro, ipotecaria e catastale (sul valore accertato di Euro 120.000,00, a fronte del valore dichiarato di Euro 70.000,00) in relazione alla compravendita della proprietà, su un terreno non edificabile, ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di A.M. avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma il 20 dicembre 2013 n. 513/51/2013, con compensazione delle spese di lite. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di primo grado, sul presupposto che l’amministrazione finanziaria aveva rettificato il valore dell’immobile in base alla stima di terreni ubicati nella medesima zona e alienati nello stesso periodo, tenendo conto del vincolo paesaggistico insistente sul medesimo. L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

Il ricorrente deposita memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce nullità della sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver omesso di esaminare e verificare che la perizia di stima dell’Agenzia del Territorio in allegato all’atto impositivo non conteneva alcuna descrizione delle fonti di valutazione dell’immobile.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce nullità della: sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non aver disposto – nonostante l’istanza proposta in tal senso – consulenza tecnica d’ufficio per la determinazione del valore venale dell’immobile.

RITENUTO CHE:

1. Il primo motivo è infondato.

1.1 Secondo un consolidato orientamento di questa Corte, nel processo tributario, la relazione di stima di un immobile, ancorchè prodotta dall’amministrazione finanziaria, costituisce una semplice perizia di parte al pari delle perizie redatte dal contribuente. Ne consegue che ogni perizia di parte può costituire fonte di convincimento del giudice, che può elevarla a fondamento della decisione a condizione che spieghi le ragioni per le quali la ritenga corretta e convincente (Cass., Sez. 5, 13 aprile 2007, n. 8890; Cass., Sez, 5, 23 febbraio 2011, n. 4363; Cass., Sez. 5, 25 giugno 2014, n. 14418; Cass., Sez. 5, 6 febbraio 2015, n. 2193; Cass., Sez. 5, 10 maggio 2016, n. 10222; Cass., Sez. 5, 9 febbraio 2018, n. 3175; Cass., Sez. 5, 9 ottobre 2019, n. 25260).

1.2 Questa circostanza non comporta che tale relazione di stima sia del tutto priva di efficacia probatoria – anche considerando l’ampia ammissibilità nel processo tributario delle prove cc.dd. “atipiche” – ben potendo essa costituire fonte di convincimento del giudice, che può elevarla a fondamento, anche esclusivo, della sua decisione; e, tuttavia, occorre che il giudice spieghi le ragioni per le quali ritenga tale relazione (di parte) corretta e convincente: sia in sè, sia in rapporto a tutte le altre risultanze istruttorie comunque acquisite al giudizio (Cass., Sez. 5, 13 aprile 2007, n. 8890; Cass., Sez. 5, 25 giugno 2014, n. 14418).

1.4 Nella specie, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di tale principio, dando dettagliatamente atto che l’amministrazione finanziaria aveva fatto specifico riferimento ad una perizia dell’Agenzia del Territorio, la quale, all’esito di apposito sopralluogo, con l’ausilio di immagini aeree e satellitari, aveva stimato il valore venale del terreno in oggetto (risultante dalla sommatoria dei valori separatamente imputabili alla porzione agricola ed alla porzione boschiva), sulla base della destinazione agricola (parte con vegetazione spontanea e coltivazioni a filari; parte con vegetazione boschiva con alberi ad alto fusto; parte incolta), della soggezione a vincolo paesistico ambientale, delle valutazioni di altri terreni ubicati in zone limitrofe e delle quotazioni di mercato per terreni ubicati nella zona medesima.

Per cui, nella specie non ricorre il denunciato vizio motivazionale, posto che la decisione esamina le prove offerte dalle parti, dandone atto in motivazione, ritenendo più idonea alla determinazione del valore dell’immobile la perizia esibita dall’amministrazione finanziaria rispetto a quella redatta dal contribuente, sulla base del rilievo che quest’ultima valutazione, senza confutare specificatamente la stima d’ufficio, quantificava il valore del terreno senza dati di riferimento, limitandosi a dire che il terreno era gravato dal vincolo paesistico ambientale e ricadeva nella zona territoriale omogenea “E”, circostanze delle quali si era già tenuto conto nella stima d’ufficio.

2. Parimenti, il secondo motivo è infondato.

2.1 Invero, il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, comma 2, dispone che “le commissioni tributarie, quando occorre acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità, possono richiedere apposite relazioni ad organi tecnici dell’amministrazione dello Stato o di altri enti pubblici compreso il Corpo della Guardia di finanza, ovvero disporre consulenza tecnica”.

– Secondo questa Corte, anche nel processo tributario la consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario e la motivazione dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice (in termini: Cass., Sez. 5, 9 ottobre 2019, n. 25253). Per cui, la scelta di disporre una consulenza tecnica d’ufficio può risultare corretta ed opportuna, specie in situazioni che implicano valutazioni complesse e controverse, ma, in quanto frutto di una valutazione discrezionale e non obbligatoria, non è censurabile in sede di legittimità se motivata, anche solo con motivazione implicitamente desumibile (in termini: Cass., Sez. 5, 9 ottobre 2019, n. 25253).

2.2 Nella specie, la sentenza impugnata ha valorizzato l’adeguatezza e la congruità delle risultanze emergenti dalla perizia dell’Agenzia del Territorio, ritenendo l’inidoneità della perizia del contribuente ad inficiarne le conclusioni estimative.

3. Pertanto, tenuto conto della infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato.

4. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.

5. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, che liquida nella somma complessiva di Euro 2.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie ed altri accessori di legge; dà atto dell’obbligo, a carico del ricorrente, di pagare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2020

 

 

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