Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29068 del 27/12/2011
Cassazione civile sez. VI, 27/12/2011, (ud. 25/11/2011, dep. 27/12/2011), n.29068
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –
Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
T.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,
presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avv.
PIZZUTI MASSIMO, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in
persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso
l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli
avvocati RICCI MAURO, CLEMENTINA PULLI, ALESSANDRO DI MEGLIO, giusta
procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 8928/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del
10.12.08, depositata il 29/10/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
25/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIANFRANCO BANDINI;
udito per il controricorrente l’Avvocato Clementina Pulli che si
riporta agli scritti;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO FRESA
che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
FATTO E DIRITTO
1. Con sentenza del 10.12.2008 – 29.10.2009 la Corte d’Appello di Roma, aderendo alle conclusioni del CTU, ha rigettato il gravame proposto dal T.F. nei confronti dell’Inps avverso la sentenza di prime cure che aveva respinto la sua domanda diretta al riconoscimento dell’assegno ordinario di invalidità;
avverso tale sentenza della Corte territoriale T.F. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo, contestando le conclusioni a cui era pervenuto il CTU e sostenendo le proprie difformi valutazioni sulla base di plurimi documenti asseritamente in atti;
l’intimato Inps ha resistito con controricorso;
a seguito di relazione, la causa è stata decisa in camera di consiglio ex art. 380 bis c.p.c.;
2. secondo la giurisprudenza, anche a Sezioni Unite, di questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento dei ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto;
tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 anche che esso sia prodotto in sede di legittimità (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 28547/2008; Cass., n. 20535/2009); nel caso di specie la ricorrente non ha adempiuto a tali oneri in relazione ai documenti su cui ha fondato le proprie doglianze;
3. ferme le assorbenti considerazioni che precedono, va altresì rilevato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie dell’assicurato, le conclusioni del consulente tecnico di ufficio sulle quali si fonda la sentenza impugnata possono essere contestate in sede di legittimità se le relative censure contengano la denuncia di una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico – legale o dai protocolli praticati per particolari assicurazioni sociali, che, in quanto tale, costituisce un vero e proprio vizio della logica medico – legale e rientra tra i vizi deducibili con il ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sicchè, in mancanza di detti elementi, le censure, configurando un mero dissenso diagnostico, sono inammissibili in sede di legittimità (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 8654/2008; 9988/2009);
le doglianze della ricorrente, nel caso specifico, si risolvono invece nella richiesta di una difforme valutazione, in senso a lei più favorevole, dell’incidenza del quadro diagnostico, senza dimostrare per quali ragioni le non condivise conclusioni del CTU si tradurrebbero in una effettiva devianza dei canoni fondamentali della medicina legale;
4. in definitiva il ricorso va dichiarato inammissibile; non è luogo a provvedere sulle spese, stante l’applicabilità, ratione temporis (in relazione alla data di deposito del ricorso introduttivo del giudizio) del disposto dell’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo previgente alla modifica introdotta con il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 25 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011