Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29068 del 18/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 18/12/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 18/12/2020), n.29068

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 8272/2014 R.G. proposto da:

Casa di cura VILLA DEI FIORI S.r.l. rappresentata e difesa dall’avv.

Antonio de Notaristefani di Vastogirardi presso il cui studio sito

in Roma in Via Pompeo Magno, n. 2/B, è elettivamente domiciliata;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore;

– intimata –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 273/29/13 pronunciata il 6.2.2013 e depositata il

24.9.2013;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’8.10.2020 dal

consigliere Dott. Saieva Giuseppe;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale, Dott.ssa Zeno Immacolata, che ha concluso per il rigetto

del ricorso;

Udito il difensore della società ricorrente, in persona

dell’avvocato Antonio de Notaristefani di Vastogirardi, che ha

concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione tributaria provinciale di Napoli, rigettava il ricorso della Casa di Cura Villa dei Fiori S.r.l., con sede in Mugnano di Napoli, avverso il silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza inoltrata all’Agenzia delle Entrate volta ad ottenere il rimborso di Euro 1.067.375,02, oltre interessi, per aver versato maggiore IRES dal 16/11/2005 al 31/12/2008 in conseguenza della mancata applicazione, ai sensi del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, comma 1, lett. a, dell’aliquota ridotta del 50%.

2. La C.T.P. aveva ritenuto che la Casa di Cura Villa dei Fiori, ai fini del riconoscimento dell’agevolazione di cui al citato art. 6, comma 1, lett. a), pur avendo fornito la prova di aver ottenuto il riconoscimento di presidio ospedaliero e di struttura con ordinamento dei servizi spedalieri (requisito soggettivo), non aveva tuttavia dimostrato di non svolgere in modo esclusivo o prevalente attività commerciale; secondo i giudici di prime cure per aver diritto alla agevolazione fiscale, la società avrebbe dovuto fornire, non soltanto la prova di poter svolgere servizi corrispondenti a quelli degli ospedali, ma documentare altresì che l’attività fosse prevista dallo statuto, fosse espletata in prevalenza e fosse strumentale per il conseguimento dello scopo sociale (requisito oggettivo).

3. La società impugnava detta decisione dinanzi alla Commissione tributaria regionale, deducendo la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, comma 1, lett. a, che prevedeva unicamente l’appartenenza alla categoria di “ente ospedaliero” ed il possesso di personalità giuridica, mentre non richiedeva la dimostrazione da parte della società di non aver per oggetto e di non espletare in modo esclusivo e prevalente l’esercizio di attività commerciale.

4. Con sentenza n. 273/29/13 pronunciata il 6.2.2013 e depositata il 24.9.2013, la C.T.R. adita rigettava l’appello della società contribuente, ritenendo che per essere destinatari delle agevolazioni previste dalla normativa invocata non era sufficiente il riconoscimento di “presidio ospedaliero”, ma doveva altresì essere fornita la prova di aver titolo per appartenervi e di esercitare concretamente ed in via esclusiva l’attività propria di quella categoria.

5. Avverso tale decisione la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi cui l’Agenzia delle Entrate non ha opposto alcuna difesa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce “violazione del D.P.R. n. 601 del 12975, art. 6, comma 1, lett. a) (rectius: 1973)”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo l’illegittimità della sentenza impugnata in quanto il riconoscimento della qualifica di presidio ospedaliero, attribuito dalla ASL L. n. 833 del 1978 ex art. 43, non può non comportare anche quello della agevolazione fiscale. In contrario non sarebbe possibile invocare una (pretesa) differenza tra i presidi ospedalieri “pubblici” e “privati”; secondo la ricorrente, una distinzione del genere, nel nostro ordinamento, non ha cittadinanza e per di più essa comporterebbe un’evidente vulnus di carattere costituzionale, tanto sotto il profilo della parità di trattamento, quanto sotto quello della correlazione tra imposizione e capacità contributiva. Nell’attuale sistema dell’assistenza sanitaria, infatti, come conformato dal D.Lgs. n. 502 del 1992 (e dalle sue successive innumerevoli modifiche ed integrazioni), “i presidi ospedalieri pubblici e quelli privati operano in concorrenza tra loro e su di un piano di parità, per cui è evidente che non è neppure ipotizzabile che ad essi possano essere applicati regimi fiscali differenziati”.

1.2. Tale doglianza non appare meritevole di accoglimento.

1.3. La società ricorrente ha dedotto di essere stata convenzionata con la A.S.L., ai sensi della predetta L. n. 833 del 1978, art. 43, comma 2, di avere ottenuto dalla Regione Campania il riconoscimento della qualità di “presidio ospedaliero” e di operare in tale veste in regime di accreditamento.

1.4. Ciò posto, va osservato che, in tema di IRES, le società private che gestiscono, in regime di accreditamento, una casa di cura convenzionata ai sensi della L. n. 833 del 1978, art. 43, comma 2, ancorchè abbiano ottenuto il riconoscimento regionale di “presidio ospedaliero”, non coincidono con gli “enti ospedalieri” di cui alla L. n. 132 del 1968, art. 2, comma 2; ne consegue che ad esse non è applicabile in via estensiva la riduzione del 50% dell’imposta prevista dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, comma 1, lett. a), in favore dei soli enti pubblici ospedalieri ex L. n. 132 del 1968, trattandosi di norma agevolativa avente natura soggettiva derogatoria di previsioni generali, come tale di stretta interpretazione (Sez. 5, 10/05/2019, n. 12500).

1.5. L’agevolazione della riduzione alla metà dell’IRES prevista, per gli “enti ospedalieri”, dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, comma 1, non è applicabile alle società in regime di accreditamento provvisorio con il servizio sanitario regionale poichè, alla stregua del quadro normativo succedutosi nel tempo, nella nozione di “enti ospedalieri” di cui alla L. n. 132 del 1968, art. 2, non rientrano le istituzioni di carattere privato che hanno un ordinamento dei servizi ospedalieri corrispondente a quello degli ospedali gestiti direttamente dalle unità sanitarie locali. Ne deriva che detta agevolazione permane solo in favore degli enti che svolgono sostanzialmente e strutturalmente le funzioni dei soppressi enti ospedalieri nell’ambito della rete ospedaliera pubblica del servizio sanitario nazionale ovvero in favore dei “vecchi” enti ospedalieri in seguito confluiti nelle aziende ospedaliere e nei presidi ospedalieri delle A.S.L. (Cass. Sez. 5, 21/12/2018, n. 33244).

1.6. Invero la decisione appena citata (Cass. n. 33244/18), ha escluso che, ai fini del beneficio fiscale de quo, le istituzioni di carattere privato che “abbiano un ordinamento dei servizi ospedalieri corrispondente a quello degli ospedali gestiti direttamente dalle unità sanitarie locali”, di cui alla L. n. 833 del 1978, art. 43, comma 2, anche se accreditate ai sensi della L. n. 724 del 1994, possano coincidere con gli “enti ospedalieri” menzionati dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, comma 1, lett. a). Con la decisione in questione, infatti, questa Corte ha ritenuto che il D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, comma 1, lett. a), nel disciplinare l’agevolazione de qua, conservi efficacia limitatamente ai “vecchi” enti ospedalieri – così definiti dalla L. n. 132 del 1968, art. 2, comma 2, a tenore della quale “Sono enti ospedalieri gli enti pubblici che istituzionalmente provvedono al ricovero ed alla cura degli infermi” i quali, per effetto della descritta evoluzione normativa, mantengono una loro autonomia, o in quanto costituiti in “aziende ospedaliere”, o quali “presidi ospedalieri” nell’ambito delle istituite A.S.L.

1.7. E’ pertanto esclusivamente ai soppressi enti pubblici ospedalieri, in seguito confluiti nelle aziende ospedaliere e nei presidi ospedalieri delle A.S.L., che continua a riferirsi l’agevolazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, comma 1, lett. a).

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando che i giudici di appello non avevano esaminato la documentazione prodotta e l’idoneità della medesima a dimostrare che l’attività svolta dalla ricorrente corrispondesse a quella di un presidio ospedaliero.

2.1. Detto motivo è inammissibile.

2.2. Trattandosi di sentenza pubblicata il 24.9.2013 deve essere applicato l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico concernente l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia); l’omesso esame di elementi istruttori, viceversa, non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; a tal fine la parte ricorrente dovrà indicare, nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1 n. 6, e all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la “decisività” del fatto stesso.

2.3. Venuta, dunque meno la possibilità di demandare a questa Corte il controllo in ordine alla logicità e sufficienza della motivazione, appare evidente come il vizio prospettato dalla parte contribuente nel motivo di gravame risulti per più aspetti inammissibile involgendo la logicità della motivazione, non vertendosi in tema di motivazione inesistente o apparente.

2.4. Nel caso in esame la ricorrente non denuncia alcun omesso esame di un fatto storico, ma limitandosi a ribadire le medesime doglianze formulate nel giudizio di merito, censura globalmente ed indistintamente la motivazione, sollecitando questa Corte a sostituirsi al giudice di merito nell’esame complessivo delle risultane probatorie, in tal modo formulando censure di merito non ammesse nel giudizio di legittimità.

3. Il ricorso va quindi rigettato. Nulla sulle spese in assenza di qualsiasi attività difensiva da parte dell’Agenzia delle Entrate. Sussistono i presupposti per il versamento da parte della società ricorrente del contributo previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso della contribuente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2020

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