Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29066 del 11/11/2019
Cassazione civile sez. I, 11/11/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 11/11/2019), n.29066
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 17332/2018 proposto da:
J.H., elettivamente domiciliato in Roma Viale Angelico
38, presso lo studio dell’avvocato Marco Lanzilao, che lo
rappresenta e difende in forza di procura speciale in calce al
ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,
domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura
generale dello Stato che lo rappresenta e difende ex lege;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5026/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 30/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
25/06/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE
SCOTTI.
Fatto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, J.H., cittadino (OMISSIS), ha impugnato dinanzi al Tribunale di Milano il provvedimento con cui la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria. Il ricorrente, cittadino pakistano, aveva narrato di essere stato perseguitato e minacciato di morte dal padre, che era un molvi (ossia un imam), di una ragazza di casta diversa (Butt) dalla sua (Rawal) con cui si era fidanzato, che lo cercava per ucciderlo, in combutta con la polizia e che aveva ucciso anche la ragazza.
Con ordinanza del 28/11/2016 il Tribunale di Milano ha rigettato il ricorso, negando la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento di qualsiasi forma di protezione.
2. Avverso la predetta decisione ha proposto appello J.H., a cui ha resistito il Ministero dell’Interno.
Con sentenza del 30/11/2017 la Corte di appello di Milano ha rigettato l’appello, a spese compensate.
3. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione J.H., con atto notificato il 29/5/2018, con il supporto di tre motivi.
3.1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente denuncia omesso o erroneo esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione territoriale e delle allegazioni giudiziali circa la condizione personale del richiedente.
Il ricorrente invoca la protezione sussidiaria alla luce delle condizioni generali del Pakistan: cogliendo l’esatta portata delle dichiarazioni del richiedente e comunque il riferimento in re ipsa alla situazione generale del Paese, la Corte di appello avrebbe dovuto assumere il necessario ruolo attivo e valutare le condizioni generali del Pakistan, ed invece aveva errato nella percezione delle fonti e in particolare nella valutazione di non pericolosità della zona di provenienza del richiedente, che invece suscitava serie preoccupazioni alla luce delle notizie di stampa e dei siti internet più attendibili.
La situazione giustificava quantomeno la concessione della protezione umanitaria, tenendo conto dell’inserimento sociale e lavorativo del ricorrente.
3.2. Con il secondo motivo, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente deduce violazione di legge con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e lamenta la mancata concessione della protezione sussidiaria in relazione alle attuali condizioni sociopolitiche del Paese di origine, come risultava anche dal sito ufficiale del Ministero degli Esteri al luglio 2017.
3.3. Con il terzo motivo, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente deduce violazione di legge con riferimento al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, in ordine alla mancata concessione della protezione umanitaria.
Il ricorrente sostiene che non si possa rifiutare il permesso di soggiorno umanitario allo straniero che possa essere perseguitato nel Paese di origine o correre seri rischi e che si debba considerare in tale prospettiva il diritto alla salute e all’alimentazione, diritti inalienabili dell’individuo; il ricorrente proviene dal Pakistan, Paese in pessime condizioni socio economiche e con bassa aspettativa di vita, confrontata a quella italiana, sicchè il nostro Paese doveva garantirgli un livello di vita dignitoso.
Il ricorrente lamenta inoltre la violazione del principio di non refoulement con riferimento all’art. 3 della CEDU, anche in relazione al rischio dell’applicazione della pena di morte e la mancata considerazione della grave situazione di vulnerabilità personale della situazione e la sua buona integrazione lavorativa e sociale.
3.4. L’intimata Amministrazione dell’Interno si è costituita con controricorso notificato il 28/6/2018, chiedendo il rigetto del ricorso.
4. Il Collegio ritiene opportuno il rinvio dell’esame del ricorso a nuovo ruolo, in attesa della decisione delle Sezioni Unite in ordine alla questione di massima di particolare importanza rimessa con ordinanza n. 11749 del 12/4/2019 di questa Sezione.
P.Q.M.
La Corte:
rinvia a nuovo ruolo.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 25 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019