Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2906 del 07/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 07/02/2020, (ud. 09/10/2019, dep. 07/02/2020), n.2906

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FLVAIINIA 135, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI GIAMMARIA,

rappresentata e difesa dagli avvocati MAURIZIO CIMETTI, GIUSEPPE

PARENTE;

– ricorrente –

contro

L.R.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIOVANNI NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

MISSORI, rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDIO FRANCESCO

CAMINATI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 570/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 17/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa DE

FELICE ALFONSINA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte d’appello di Torino, a conferma della pronuncia del Tribunale stessa sede, ha affermato decorsa la prescrizione quinquennale dei crediti contributivi relativi agli anni 1981-1986, portati dalla cartella esattoriale notificata il 5.4.2005 a L.R.S., la cui intimazione di pagamento era stata notificata da Equitalia Nord s.p.a. all’interessato il 2.12.2014;

la Corte territoriale ha rilevato d’ufficio il superamento del termine di prescrizione quinquennale, pur non avendo il L. riproposto, nella sua costituzione in appello, l’eccezione di prescrizione;

la cassazione della sentenza è domandata da Agenzia delle Entrate – Riscossione subentrata a Equitalia Nord s.p.a. sulla base di quattro motivi; L.R.S. ha resistito con tempestivo controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è dedotta “Violazione dell’art. 2946 c.c. nella parte in cui la sentenza non ha applicato il termine di prescrizione decennale ordinario trattandosi di crediti iscritti a ruolo e oggetto di cartella di pagamento non impugnata dalla parte debitrice”; sostiene che ai fini che rilevano, il termine di prescrizione del diritto ad azionare il credito portato nelle cartelle in questione da parte dell’agente della riscossione, in assenza di previsioni normative derogatorie, resta quello decennale;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta “Violazione dell’art. 2938 c.c.”; contesta la rilevazione d’ufficio da parte della Corte territoriale della decorrenza della prescrizione breve quinquennale, e lamenta altresì l’erroneità della motivazione posta dal giudice del merito a base di tale scelta, fondata sull’assunto secondo cui la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito contributivo senza determinare la conversione del termine di prescrizione quinquennale in quello ordinario decennale;

col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamenta “Nullità della sentenza per omessa pronuncia in relazione all’art. 112”; la sentenza avrebbe dovuto pronunciarsi sulla deduzione di parte ricorrente per cui la contestazione della notifica da parte dell’odierno controricorrente, per essere valida, avrebbe dovuto proporsi a mezzo di querela di falso;

col quarto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce “Violazione degli artt. 2700 e 2719 c.c.”; la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto non raggiunta la prova dell’avvenuta notifica per la mancata esibizione dell’originale dell’avviso di ricevimento da parte dell’Agente della Riscossione, ritenendo valido il mero disconoscimento orale della propria sottoscrizione da parte del L., senza che lo stesso avesse proposto querela di falso;

il primo e il secondo motivo, esaminati congiuntamente per connessione, sono inammissibili;

la Corte territoriale ha dato corretta attuazione al principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 23397 del 2016, secondo il quale “La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che, dallIgennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. n. 78 del 2010, art. 30, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010).”

il terzo e il quarto motivo sono assorbiti;

in definitiva, il primo e il secondo motivo di ricorso sono inammissibili; assorbiti il terzo e il quarto; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione dell’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti del controricorrente, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 2000 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 9 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 7 febbraio 2020

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