Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29057 del 11/11/2019

Cassazione civile sez. I, 11/11/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 11/11/2019), n.29057

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30104/2018 proposto da:

A.K., elettivamente domiciliato in Roma Via Principe

Eugenio, 15 presso lo studio dell’avvocato P.M.M.

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 667/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 09/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/09/2019 da Dott. RUSSO RITA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.- A.K., cittadino bengalese, ha chiesto il riconoscimento della protezione internazionale nelle forme dello status di rifugiato, in subordine della protezione sussidiaria, in subordine ancora della protezione umanitaria, deducendo di essere fuggito dal suo paese per sottrarsi agli usurai; racconta di aver contratto un gravoso prestito per avviare una attività economica nel suo paese, attività non andata bene, e poi un altro prestito per andare in Libia, dove si era fermato per alcuni mesi lavorando nelle pulizie, ma dove aveva subito una rapina; di essere quindi fuggito in Italia e di temere, in caso di rimpatrio, di essere ucciso dagli usurai senza poter avere la protezione delle autorità del suo paese, e di essere senza documenti.

2.- La domanda è stata rigettata dalla Commissione, dal giudice di primo grado e dalla Corte d’appello. Il giudice di secondo grado osserva, in particolare, che le ragioni della fuga non integrano i requisiti per riconoscere all’istante l’invocato diritto alla protezione internazionale, in assenza delle ragioni di persecuzione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 8. Sulla protezione sussidiaria, la Corte di merito osserva che, nella storia esaminata, potrebbero in astratto riscontrarsi solo i presupposti di cui al rischio previsto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) – e cioè il rischio di trattamenti inumani da parte di un soggetto agente privato – solo ove fossero stati forniti elementi per ritenere che lo Stato di provenienza non possa o non voglia proteggerlo dalle ritorsioni private, ma che, sul punto, il richiedente asilo si era limitato a generiche affermazioni di inefficienza dell’autorità bangladese, senza offrire alcun elemento concreto, non avendo mai chiesto la predetta protezione e non spiegando le ragioni di questa omissione; di contro la Corte di merito evidenzia che, non pagato il primo debito, egli non ha cercato tutela ma anzi si è rivolto agli usurai per un secondo prestito, che gli è stato concesso, per andare in Libia – che all’epoca, peraltro, era un luogo ben più pericoloso dello stesso Bangladesh. Infine, si nega il riconoscimento della protezione umanitaria rilevando che la sua condizione economica, pur lontana dagli standard Europei, non è così grave da comportare una violazione dei diritti dell’uomo, avendo egli ancora una casa nel paese di origine, nonchè capacità lavorativa.

3.-Avverso la predetta sentenza A.K. propone ricorso per cassazione affidandosi a due motivi. Non si è costituito il Ministero.

Diritto

RITENUTO

CHE:

3.- Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7 e l’omesso esame di un fatto decisivo.

Secondo il ricorrente, la Corte non ha tenuto in considerazione le gravi condizioni del paese di origine, affetto da estrema povertà, nonchè da un alto tasso di criminalità e attraversato da continue violenze. E ciò nonostante ricorressero, nella sua narrazione, tutti i parametri previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

Il motivo è infondato. La Corte d’appello ha correttamente rilevato che, nella specie, manca il primo e fondamentale parametro per ritenere veritiero il racconto, e cioè che il ricorrente abbia compiuto ogni sforzo per circostanziare la domanda. Il timore di essere vittima di ritorsioni private senza che le autorità siano in grado di proteggere la persona – presupposto per la protezione sussidiaria ai sensi dell’art. 14, lett. b) – è un rischio che deve essere valutato in concreto e non in astratto. Ogni sistema di pubblica sicurezza ha i suoi margini di fallibilità, più o meno ampi, e in molti paesi (non solo extraEuropei) si registra un tasso di corruzione o inerzia delle forze di polizia, che tuttavia, salvo che lo Stato non sia completamente assente – e non è questa la allegazione del richiedente asilo – deve essere verificato in relazione alla concreta situazione di rischio prospettata. La Corte ha quindi correttamente evidenziato che il racconto del richiedente non è circostanziato e rende scarsamente attenibile la deduzione di una situazione di rischio e del perchè non sia stata chiesta la tutela della autorità, è ed anzi si afferma che, non pagato il primo debito, il ricorrente si era nuovamente rivolto agli usurai, ottenendo un ulteriore prestito. La Corte di merito ha inoltre evidenziato anche altri elementi di inattendibilità complessiva, come l’essersi presentato senza documenti attestanti l’identità, nonostante necessari al viaggio aereo dal Bangladesh.

Come già affermato da questa Corte, il giudice non ha l’obbligo di esaminare d’ufficio le condizioni del paese di origine, a fronte di un racconto che non rispetta i parametri dell’art. 3. E’ stato affermato, in particolare – e a questo orientamento si intende dare continuità che “l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona” e che, “nel caso in cui le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso sulla prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 18229/2019; nello stesso senso, Cass. n. 28862/2018, Cass. n. 16925/2018).

4.- Con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. Si assume che non è stata tenuta in considerazione la situazione di povertà assoluta del soggetto nel contesto di un paese dove la criminalità “la fa da padrone”, e non sono state considerate le conseguenze cui il soggetto andrebbe incontro in caso di mancato pagamento del debito (schiavitù per debiti).

Il motivo è inammissibile per assoluta genericità, e ciò rende superflua la sospensione del procedimento in attesa della decisione delle sezioni unite di questa Corte sulle questioni sollevate con le ordinanze interlocutorie nn. 11749, 11750, 11751 del 2019, depositate il 3 maggio 2019, (v. Cass. n. 22851/2019).

La Corte d’appello, poste le premesse di cui si è detto sulla valutazione (negativa) del rischio da ritorsioni per insolvenza, sul punto della protezione umanitaria ha motivatamente reso un giudizio in fatto, incensurabile in questa sede, esaminando la posizione individuale del ricorrente e comparandone poi la posizione di integrazione raggiunta in Italia con le condizioni di povertà nel paese d’origine, correlate al caso specifico, ed ha concluso per la insussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria.

Ne consegue il rigetto del ricorso. Nulla sulle spese in difetto di costituzione della controparte.

Il richiedente è ammesso la patrocino a spese dello Stato e pertanto non è tenuto è tenuto al versamento del contributo unificato, stante la prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 11 e 131 e, di conseguenza, neppure dell’ulteriore importo di cui all’art. 13, comma 1- quater Decreto citato (cfr. Cass. 7368/2017; n. 32319 del 2018), se ed in quanto l’ammissione non risulti revocata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019

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