Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29045 del 11/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 11/11/2019, (ud. 27/06/2019, dep. 11/11/2019), n.29045

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3534-2018 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MAURIZIO EUSTACHIO SARRA;

– ricorrente –

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS):

– INTIMATA –

avverso la sentenza n. 448/3/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della BASILICATA, depositata il 14/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

B.M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti dell’Agenzia delle entrate (che non si è costituita), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Basilicata indicata in epigrafe, con la quale – in controversia concernente l’avviso di accertamento notificato per la ripresa a tassazione di IRPEF, IVA e IRAP per l’anno 2007- è stato accolto l’appello contro la decisione di primo grado, che aveva rigettato il ricorso del contribuente, ritenendo che l’Ufficio non era decaduto dal potere accertativo, in assenza di comunicazione di reato, dovendosi valutare unicamente la sussistenza astratta dell’illecito penale.

Il ricorrente prospetta, con il primo motivo, la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, e del D.Lgs. n. 74 del 2000, deducendo che il raddoppio dei termini non potrebbe operare in assenza di una denuncia circostanziata del fatto che si assume integrare una fattispecie delittuosa di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000.

La censura è infondata.

Ed invero, come già più volte ricordato in precedenti pronunzie la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 247/2011 ha precisato che “i termini raddoppiati di accertamento non costituiscono una “proroga” di quelli ordinari, da disporsi a discrezione dell’amministrazione finanziaria procedente, in presenza di “eventi peculiari ed eccezionali”. Al contrario, i termini raddoppiati sono anch’essi termini fissati direttamente dalla legge, operando automaticamente in presenza di una speciale condizione obiettiva rappresentata dalla sussistenza dell’obbligo di denuncia penale per i reati tributari previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, senza che all’amministrazione finanziaria sia riservato alcun margine di discrezionalità per la loro applicazione. Ne consegue che i termini raddoppiati non si innestano su quelli “brevi” di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, commi 1 e 2, in base ad una scelta degli uffici tributari, ma operano autonomamente allorchè sussistano elementi obiettivi tali da rendere obbligatoria la denuncia penale per i reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000. Non può, pertanto, parlarsi di “riapertura o proroga di termini scaduti” nè di “reviviscenza di poteri di accertamento ormai esauriti”, poichè i termini “brevi” e quelli raddoppiati si riferiscono a fattispecie ab origine diverse, che non interferiscono tra loro ed alle quali si connettono diversi termini di accertamento – cfr. Cass. n. 1117/2017, Cass. n. 7805/2016, ove si è ulteriormente chiarito che i termini “brevi” di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, commi 1 e 2, operano in presenza di violazioni tributarie per le quali non sorge l’obbligo di denuncia penale di reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, mentre i termini raddoppiati di cui al cit. art. 57, comma 3, sono destinati ad applicarsi in presenza di violazioni tributarie per le quali v’è l’obbligo di denuncia.

La sentenza impugnata si è dunque adeguata ai superiori principi e resiste ai rilievi censori prospettati dal ricorrente.

Sulla base delle superiori argomentazioni il ricorso va rigettato. Nulla sulle spese.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, comma 1 quater.

PQM

Rigetta il ricorso, nulla spese.

Dà atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2019

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