Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29040 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 27/12/2011, (ud. 12/10/2011, dep. 27/12/2011), n.29040

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 7160-2010 proposto da:

F.J.L. (OMISSIS) in qualità di erede di

J.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 20,

presso lo studio dell’avvocato TRALICCI GINA, che la rappresenta e

difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS) in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

CLEMENTINA, RICCIO ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7483/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

24.10.08, depositata il 12/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito per la ricorrente l’Avvocato Mauro Longo (per delega avv. Gina

Tralicci) che si riporta agli scritti e deposita sentenza n. 12361

della Corte di Cassazione (Sez. Lavoro);

udito per il controricorrente l’Avvocato Mauro Ricci (per delega avv.

Clementina Pulii) che si riporta ai motivi del controricorso.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ELISABETTA

CESQUI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380-bis.

1. La Corte d’appello dì Roma confermava la sentenza di primo grado del Tribunale della stessa sede, che aveva rigettato la domanda proposta contro l’Inps da F.J.L., nella qualità di erede di J.E. – ai fini della riliquidazione della pensione di cui il de cuius era stato titolare – per difetto di legittimazione attiva e precisamente mancata prova della qualità di erede.

La Corte di merito, preso atto che l’appellante sosteneva di avere provato tale qualità, per avere prodotto una dichiarazione sostitutiva di atto notorio autenticata da un notaio croato e in assenza di contestazione da parte dell’Inps, osservava che l’appellante in effetti non aveva provato la sua legittimazione, non avendo depositato il fascicolo di parte di primo grado, nonostante l’invito in tal senso, e mancando quindi qualsiasi documentazione idonea a comprovare la qualità di erede.

2. La F. ricorre per cassazione. L’Inps resiste con controricorso.

La ricorrente ha depositato memoria.

3. Il ricorso, che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 111 e 112 c.p.c. ed error in procedendo, è basato in sostanza sui seguenti assunti: a) oggetto dell’appello e thema decidendum è stata l’idoneità del prodotto atto notorio a costituire prova della qualità di erede; b) si è formato il giudicato interno sul fatto che la parte ricorrente in primo grado avesse prodotto un atto notorio al fine di provare la qualità di erede; c) l’Inps non aveva eccepito l’inefficacia dell’atto notorio al fine di provare la qualità di erede; d) l’atto notorio è idoneo a provare la qualità di erede nel processo civile.

4. Il ricorso appare qualificabile come manifestamente infondato.

E’ opportuno preliminarmente rilevare che non viene censurato il principio di cui ha fatto applicazione il giudice di merito, secondo cui la parte che agisce nella qualità di erede ha l’onere di provare tale sua qualità. In sostanza si intende attribuire rilevanza al fatto che l’Inps non avesse contestato l’idoneità del documento a tal fine prodotto e si sostiene comunque che un atto notorio è sufficiente al fine di provare la qualità di erede.

Deve allora rilevarsi che qualora sia necessaria la prova di un determinato fatto, spetta al giudice valutare le relative prove e le deduzioni della controparte riguardo alle stesse, e in particolare l’eventuale mancanza da parte di quest’ultima di specifiche contestazioni in merito non ai fatti ma alla idoneità delle prove, in linea di massima non ha un particolare valore legale, salva l’ipotesi del mancato disconoscimento della sottoscrizione della scrittura privata. Ne consegue che, mancata da parte del giudice di primo grado l’attribuzione di un valore probatorio alla documentazione prodotta dall’attore, giustificatamente il giudice di appello ha dato rilievo ostativo assorbente alla mancata acquisizione nel giudizio di appello della stessa documentazione, imputabile alla stessa parte interessata. Nè può ritenersi che nella valutazione negativa del giudice di primo grado, dovuta a considerazioni d’ordine giuridico, fosse implicito un accertamento, vincolante nei successivi gradi, riguardo alla idoneità e adeguatezza da un punto di vista fattuale della dichiarazione asseverata in questione.

5. Il ricorso deve dunque essere rigettato. Non deve disporsi per le spese del giudizio, ex art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, art. 42, comma 11, non applicabile ratione temporis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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