Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29031 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. I, 17/12/2020, (ud. 26/10/2020, dep. 17/12/2020), n.29031

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16886/2019 proposto da:

J.B., elettivamente domiciliato in Roma Via Sistina 121 presso

lo studio dell’avvocato Biondi Emanuele che lo rappresenta e difende

come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5419/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 26/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/10/2020 da FALABELLA MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnata per cassazione la sentenza della Corte di appello di Napoli, pubblicata il 26 novembre 2018, con cui è stato respinto il gravame proposto da J.B. nei confronti dell’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., comma 5, del Tribunale di Napoli. La nominata Corte ha negato che al ricorrente potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato ed ha altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria. Ha in particolare ritenuto privo di sufficienti elementi di specificazione e di riscontro il racconto del richiedente, basato sulla sua condizione di omosessuale, sulla insussistenza di una situazione di insicurezza generalizzata del paese di provenienza, il Gambia, e sulla non concedibilità del permesso umanitario in presenza di semplici condizioni di povertà.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su tre motivi. Il Ministero dell’interno resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3,7,8 e 14. Evidenzia il ricorrente che ove le dichiarazioni del richiedente siano di incerta valutazione o incompiute, sussiste per il giudice del merito l’obbligo di attivarsi, eventualmente disponendo l’audizione del ricorrente, per colmare le lacune probatorie e chiarire il contenuto delle sue dichiarazioni. Nella specie, la Corte di merito aveva di contro mancato di disporre l’audizione del ricorrente onde poter ottenere chiarimenti in merito alla sua omosessualità, alle minacce e alle persecuzioni subite.

Col secondo motivo è lamentata la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8. Viene dedotto che il giudice del merito abbia mancato di procedere agli accertamenti ufficiosi finalizzati ad acclarare la condizione del paese di origine del richiedente e di indicare esattamente, nel provvedimento conclusivo, le fonti utilizzate e il loro aggiornamento.

Il terzo mezzo oppone la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. Secondo il ricorrente il giudice di appello, pur non contestando la veridicità delle dichiarazioni da lui rese, in ordine alla fuga dal Gambia, al suo ingresso in Libia, alla restrizione in carcere e all’operazione chirurgica cui sarebbe stato sottoposto, non aveva verificato se le condizioni dedotte, riguardate tenendo conto anche della situazione generale del Gambia, potessero dar ragione della condizione di vulnerabilità atta a consentire il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

2. – Il primo motivo è infondato.

La Corte di merito ha ritenuto che la vicenda narrata dal richiedente non fosse adeguatamente circostanziata. E’ da rilevare, in proposito, che la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27503). Peraltro, l’unico incombente istruttorio che il ricorrente lamenta non abbia avuto corso nel giudizio di appello è costituito dalla sua audizione personale: l’omessa audizione personale del richiedente in grado di appello non integra, tuttavia, una violazione processuale, sanzionabile a pena di nullità (per tutte: Cass. 14 maggio 2020, n. 8931; Cass. 29 maggio 2019, n. 14600).

3. – Il secondo motivo merita accoglimento.

La Corte di merito, nel pronunciare sulla domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), negato che il paese di provenienza del ricorrente, il Gambia, fosse teatro di una situazione di violenza indiscriminata: lo ha fatto dando semplicemente atto dell’elezione di un nuovo presidente che aveva ribadito il suo impegno a porre fine agli abusi contro i diritti umani e il proprio disinteresse verso la repressione dell’omosessualità. Un tale accertamento non può non risultare carente rispetto agli obblighi di cooperazione istruttoria che incombevano alla Corte di appello con particolare riguardo alla fattispecie che qui interessa.

Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, prevede, infatti, che ciascuna domanda sia esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei paesi in cui questi siano transitati, ed elaborate dalla Commissione nazionale. Da tale disposizione si desume – e si desumeva prima ancora che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis, inserito dal D.L. n. 119 del 2014, art. 5, comma 1, lett. b) quater, convertito in L. n. 146 del 2014, prevedesse esplicitamente l’acquisizione d’ufficio di notizie sulla situazione del paese di origine del richiedente e sulla specifica condizione di questo – che in materia di protezione internazionale il giudice disponga di poteri officiosi di indagine e che allo stesso competa di verificare, sulla scorta delle informazioni richiamate dalla norma, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio: ciò che deve porsi in atto, è, dunque un accertamento d’ufficio aggiornato al momento della decisione (per tutte: Cass. 28 giugno 2018, n. 17075). L’effettuazione di tale accertamento, proprio in quanto imposto dalla legge, deve essere poi obiettivamente verificabile (dal richiedente, dall’Amministrazione e dallo stesso giudice dell’impugnazione); e ciò implica che il provvedimento reso debba quantomeno dar conto delle fonti informative consultate: indicazione, questa, tanto più necessaria, in quanto consente di affermare (o negare) che l’attività di indagine sia stata effettivamente condotta sulla base di notizie aggiornate, come il richiamato art. 8, comma 3, per l’appunto richiede. In tal senso si è già espressa questa Corte. E’ stato rilevato, in particolare, che al fine di ritenere adempiuto l’onere di cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente, il giudice sia tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (ad esempio: Cass. 26 aprile 2019, n. 11312; Cass. 17 maggio 2019, n. 13449; Cass. 22 maggio 2019, n. 13897; Cass. 20 maggio 2020, n. 9230).

Nel caso in esame è mancato lo stesso accertamento quanto alla ricorrenza, in concreto, di una situazione riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 14, lett. c), cit.; la Corte di appello, chiaramente equivocando sul significato da attribuirsi alla “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, si è difatti specificamente occupata della sola questione del rispetto dei diritti umani in Gambia, avendo riguardo, in particolare, all’esistenza o meno di condotte persecutorie nei confronti degli omosessuali (cfr. pagg. 2 e 3 della sentenza impugnata).

4. – L’accoglimento del secondo motivo determina l’assorbimento del terzo.

5. – In conclusione, la sentenza impugnata va cassata, stante l’accoglimento del secondo motivo; il primo motivo va invece respinto, mentre il terzo resta assorbito.

La causa è rinviata alla Corte di appello di Napoli che, in diversa composizione, deciderà anche con riguardo alle spese del giudizio di legittimità.

Essa dovrà conformarsi al principio che segue: “Posto che il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul paese di origine del richiedente e posto, altresì, che al fine di ritenere adempiuto tale onere, è necessario indicare specificatamente le fonti in base alle quali sia stato svolto l’accertamento richiesto, nel caso in cui si dibatta della violenza indiscriminata di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il giudice del merito non può limitarsi a dar conto di imprecisate informazioni prive di attinenza alla situazione presa in considerazione da detta norma”.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il secondo motivo, respinge il primo e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 1 Sezione Civile, il 26 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

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