Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29029 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. I, 17/12/2020, (ud. 26/10/2020, dep. 17/12/2020), n.29029

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10828/2019 proposto da:

J.M., elettivamente domiciliato in Roma Via Tommaso

Campanella 21, presso lo studio dell’avvocato Mazzeo Saverio, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Salomone Giuseppe;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 873/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 19/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/10/2020 da Dott. FALABELLA MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnata per cassazione la sentenza della Corte di appello di Napoli, pubblicata il 19 febbraio 2019, con cui è stato dichiarato inammissibile il gravame proposto da J.M. nei confronti dell’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., comma 5, del Tribunale partenopeo. La nominata Corte ha osservato come, avverso il provvedimento reso dal giudice di prima istanza – che aveva declinato la propria competenza in favore del Tribunale di Salerno in relazione alla domanda di protezione internazionale dell’odierno ricorrente -, avrebbe dovuto proporsi regolamento di competenza.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su nove motivi ed è corredato di memoria. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I motivi sono titolati come segue.

Primo motivo: “Mancanza fascicolo di primo grado”; viene lamentato che la Corte di appello avrebbe deciso senza acquisire il fascicolo di primo grado.

Secondo motivo: “Erronea indicazione della mancanza di comparsa conclusionale”: è dedotto che il giudice del gravame avrebbe erroneamente ritenuto che non era stata depositata la comparsa conclusionale, di contro inviata in via telematica il 31 gennaio 2019, una settimana prima del relativo termine di scadenza.

Terzo motivo: “Violazione del D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 27, n. 3”; secondo il ricorrente la sentenza impugnata aveva trascurato la disposizione sopra richiamata, per la quale, ove il richiedente sia collocato in centro di accoglienza, la competenza a giudicare della domanda di protezione internazionale spetta al tribunale in composizione monocratica che ha sede nel capoluogo di distretto di corte di appello in cui ha sede il centro stesso.

Quarto motivo: “Falsa applicazione delle norme in materia di competenza territoriale”; l’istante propone diverse questioni, afferenti il rilievo che assumerebbe la contumacia del Ministero ai fini della sanatoria della “irregolarità procedurale”, il termine entro cui il Ministero avrebbe potuto sollevare l’eccezione di incompetenza e il ruolo del pubblico ministero in riferimento alla deduzione della questione della competenza.

Quinto motivo: “Colpa grave del difensore”; si denuncia che la Corte di merito avrebbe individuato una colpa grave del difensore nel proporre un mezzo di impugnazione diverso da quello consentito e che lo stesso giudice distrettuale avrebbe per conseguenza ordinato la revoca del gratuito patrocinio: da ciò il ricorrente avrebbe “ricevuto un doppio gravissimo danno, di natura economica ed uno di diritto”.

Sesto motivo: “Protezione umanitaria”; sostiene il ricorrente che nella fattispecie esistevano ragioni atte a giustificare il riconoscimento del diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Settimo motivo: “Drammaticità dell’esperienza vissuta nel proprio paese e durante il viaggio”; l’istante assume di aver dovuto lasciare il Senegal in giovane età a causa della drammatica situazione generale esistente e di aver affrontato esperienze dolorose durante il periodo della sua permanenza in Libia.

Ottavo motivo: “Vizi procedurali”; vi si deduce che l’audizione del richiedente avanti alla Commissione territoriale per la protezione internazionale era avvenuta senza l’ausilio di un interprete.

Nono motivo: “Carenza di istruttoria”; è lamentato che il giudice di prime cure abbia trascurato di approfondire il merito delle ragioni poste alla base del ricorso introduttivo.

2. – Il ricorso è inammissibile.

Anzitutto i motivi di impugnazione sono declinati irritualmente, senza richiamo ai vizi della sentenza che potrebbero farsi valere in questa sede. Occorre ricordare che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa (Cass. 6 marzo 2019, n. 6519; Cass. 28 novembre 2014, n. 25332).

In secondo luogo, il terzo, il quarto, il sesto, il settimo, l’ottavo e il nono motivo non aggrediscono efficacemente la pronuncia impugnata, giacchè si disinteressano del profilo che la Corte di appello ha reputato dirimente: l’avere il ricorrente impugnato una pronuncia vertente sulla sola incompetenza con l’appello, e non col regolamento di competenza. Ora, la proposizione, mediante il ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del ricorso per mancanza di motivi che possono rientrare nel paradigma normativo di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4. Il ricorso per cassazione, infatti, deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza che riguardi pronunce diverse da quelle impugnate (Cass. 18 febbraio 2011, n. 4036; Cass. 3 agosto 2007, n. 17125).

Del tema relativo alla mancata proposizione del regolamento si competenza si occupa – in modo, per così dire, laterale – il quinto motivo, che però non individua l’error in procedendo in cui sarebbe incorsa la Corte di appello nell’escludere l’ammissibilità del gravame proposto avanti a sè.

I primi due motivi di ricorso prospettano, invece, due distinti vizi processuali, in cui sarebbe incorsa la Corte di merito. A tale riguardo, anche a voler prescindere dall’impropria formulazione delle articolate doglianze, occorre però osservare che queste non appaiono adeguatamente circostanziate, onde non se ne comprende la decisività. Non è chiaro, infatti, in che modo gli asseriti errori in cui sarebbe incorso il giudice del gravame abbiano inciso sulla decisione finale, la quale poggia sulla piana applicazione della regola posta dall’art. 42 c.p.c.; va evidenziato, in proposito, che chi propone ricorso per cassazione facendo valere un vizio dell’attività del giudice, lesivo del proprio diritto di difesa, ha l’onere di indicare il concreto pregiudizio derivato (Cass. 9 agosto 2017, n. 19759; Cass. 12 dicembre 2014, n. 26157; Cass. 23 febbraio 2010, n. 4340).

Con la memoria parte ricorrente ha formulato considerazioni di cui non è chiara la rilevanza, dal momento che esse non hanno diretta attinenza ai motivi di doglianza sopra esaminati: certamente, però, tali considerazioni non possono costituire l’oggetto di nuovi mezzi di censura, dal momento che l’impugnazione deve essere affidata ai motivi svolti nel ricorso per cassazione (art. 366 c.p.c., n. 4). Mette conto di aggiungere che la menzione, nella predetta memoria, di norme di rango costituzionale non è associata alla prospettazione di questioni di costituzionalità e che l’istante nemmeno indica, del resto, quale rilevanza possano assumere siffatte questioni rispetto alla pronuncia impugnata: la quale si fonda, come si è detto, su di una assorbente ragione pregiudiziale (la non proponibilità dell’appello avverso la decisione sulla sola competenza).

3. – Nulla è da statuire in punto di spese processuali.

PQM

LA CORTE

dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, dell’art. 13 comma 1 quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 26 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

 

 

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