Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29026 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 27/12/2011, (ud. 16/11/2011, dep. 27/12/2011), n.29026

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9363-2010 proposto da:

C.L. (OMISSIS) elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 3, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

TOGNON, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FIORILLO

ERNESTO giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS) in persona del Ministro in

carica, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. cron. 789/09 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA

del 18/03/09, depositato il 14/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2011 dal Presidente Relatore Dott. GIUSEPPE SALME’;

è presente il P.G. in persona del Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO che

ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.L. ricorre per cassazione avverso il decreto della corte d’appello di L’Aquila del 14 settembre 2009 che, accogliendo la domanda di equa riparazione del pregiudizio non patrimoniale derivante dall’irragionevole durata di un processo penale per appropriazione indebita della somma di circa trecento milioni di lire in suo danno iniziato davanti al tribunale di Ascoli Piceno nel luglio 1998, definito in primo grado il 17 dicembre 2004 e pendente in appello alla data della domanda, ritenuta ragionevole una durata del giudizio di primo grado di tre anni e del giudizio d’impugnazione di due anni, ha condannato l’amministrazione al pagamento di un indennizzo di Euro 5.500,00 per un ritardo di cinque anni e sei mesi.

La corte territoriale ha anche respinto la domanda di condanna al risarcimento dei danni patrimoniali, nella misura di Euro 354.937,07, a causa del ritardo con il quale era riuscito a recuperare la somma sottrattagli e del pregiudizio morale e alla salute connessi alla pendenza del processo.

Il ricorrente ha presentato memoria.

Il Ministero della giustizia resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente censura la decisione della corte d’appello di L’Aquila per l’insufficiente liquidazione dell’equa riparazione del danno non patrimoniale, per l’erronea determinazione della durata irragionevole del giudizio e per il rigetto della domanda di risarcimento del danno patrimoniale. Il ricorso non è fondato.

La corte territoriale, liquidando la somma di Euro 1.000,00 per anno di ritardo ha fatto corretta applicazione dei parametri di liquidazione applicati dalla corte EDU e normalmente utilizzati dai giudici nazionali, non essendo censurabile, in quanto risultato dell’esercizio di un potere discrezionale, la mancata liquidazione della misura massima di Euro 1.500,00 pure risultante dai suddetti parametri.

Quanto alla durata irragionevole del giudizio presupposto, la corte d’appello ha correttamente determinato, utilizzando gli standard elaborati dalla corte EDU, la durata ragionevole del giudizio di primo grado in tre anni e quella del giudizio d’appello in due anni, pervenendo all’accertamento della durata irragionevole in anni cinque e mesi sei. La domanda di risarcimento dei danni patrimoniali è stata rigettata per mancanza di prova e la sia pur sintetica motivazione è sufficiente a giustificare la decisione in quanto dalla stessa domanda, peraltro del tutto generica, risulta che alcune voci di danno (danno alla salute e danno morale) costituiscono duplicazione della domanda di indennizzo per danno non patrimoniale, accolta nei limiti sopra indicati, mentre la voce di danno da ritardata riscossione delle somme illecitamente sottratte, a parte la mancanza di prova accertata dalla corte territoriale, avrebbe potuto e dovuto essere richiesta nell’ambito del giudizio presupposto. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese con Euro 3.500,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile – 1, il 16 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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