Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29025 del 20/10/2021

Cassazione civile sez. III, 20/10/2021, (ud. 26/04/2021, dep. 20/10/2021), n.29025

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 23723/2018 proposto da:

C.A., e V.P., elettivamente domiciliati in

Roma, alla via della Meloria n. 52, presso lo studio dell’avvocato

Bevivino Francesco, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato Massarella Ferdinando;

– ricorrente –

contro

I.S., domiciliato in Roma, presso la Cancelleria civile

della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato

Sannino Giovanni;

– controricorrnete –

avverso la sentenza n. 23/2018 della CORTE d’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 30/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/04/2021 dal Consigliere relatore Dott. Cristiano Valle, osserva

quanto segue.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1) C.A. e V.P. impugnano, con atto affidato a due motivi di ricorso, la sentenza della Corte di Appello di Campobasso recante n. 23 del 30/01/2018, che ha rigettato l’appello da essi proposto avverso ordinanza del giudice dell’esecuzione.

2) Resiste con controricorso, assistito da memoria, I.S..

3) Il P.G. non ha depositato conclusioni.

4) All’esito dell’adunanza del 26 aprile 2021, svoltasi nella modalità disciplinata dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, il Collegio ha trattenuto il ricorso in decisione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5) I motivi di ricorso censurano come segue la sentenza della Corte territoriale.

5.1) Il primo motivo afferma la “nullità della sentenza per motivazione apparente, violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, error in procedendo, illogicità e contraddittorietà manifesta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5”.

5.2) Il secondo mezzo pone quale censura “l’omesso esame di un fatto storico che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo per la decisione, violazione e falsa applicazione dei criteri ermeneutici di interpretazione di cui agli artt. 12 preleggi e segg., error in procedendo sotto ulteriore profilo, violazione e falsa applicazione dell’art. 610 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn 3, 4 e 5”.

6) Ai fini di una migliore comprensione della decisione è opportuno premettere quanto segue.

6.1) I fatti di causa concernono la domanda di reintegrazione nel possesso di un terreno, sito in agro del Comune di (OMISSIS) (in provincia di Campobasso), che, secondo i ricorrenti sarebbe stata disposta in loro favore con riferimento all’intero, mentre, secondo il controricorrente, la reintegrazione riguarderebbe soltanto i 5/18 del fondo.

6.2) Con atto di precetto notificato a I.S. nel 2012, gli attuali ricorrenti, in virtù delle sentenze n. 84 del 2000 e n. 193 del 2005, pronunciate dal Tribunale di Campobasso, intimavano il rilascio dell’intero fondo sito nel comune di (OMISSIS), riportati in catasto terreni al foglio n. (OMISSIS) con la p.lla (OMISSIS), di are 20,40. L’ufficiale giudiziario incaricato per procedere all’esecuzione, resosi conto che entrambi i titoli esecutivi facevano riferimento al rilascio di una quota ideale dell’immobile, rimise gli atti al giudice dell’esecuzione affinché ne stabilisse le modalità in relazione all’effettiva quota oggetto del rilascio. Il giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 5-7 dicembre 2012, nell’ambito del procedimento n. 614 del 2012 di R.G.Es, disponeva la prosecuzione delle operazioni di rilascio iniziate con verbale del 5 luglio 2012 precisando che la restituzione dovesse essere effettuata nella misura dei 5/18 del terreno sito in contrada (OMISSIS), distinto in catasto al foglio n. (OMISSIS), p.lla (OMISSIS). Nella stessa ordinanza il giudice dell’esecuzione demandava, in caso di difficoltà, all’ufficiale giudiziario di procedere al ripristino del compossesso e della gestione della cosa comune secondo la disciplina dell’art. 1105 c.c.. Con ricorso depositato in cancelleria il 27 dicembre 2012, notificato a I.S. unitamente al decreto di comparizione delle parti, C.A. e V.P. proponevano opposizione agli atti esecutivi avverso la suddetta ordinanza del 5-7 dicembre 2012, chiedendo che, in riforma dell’ordinanza medesima, il Tribunale ordinasse il rilascio dell’intero immobile e non solo di una quota ideale di 5/18. I.S. si costituiva in giudizio deducendo che l’opposizione proposta dal C. e dalla V., diretta ad ottenere il rilascio dell’intero immobile, prima ancora che infondata (perché dai titoli emergeva chiaramente che il rilascio riguardava solo la quota di 5/18) fosse inammissibile atteso che appariva del tutto evidente come il provvedimento emesso dal giudice dell’esecuzione avesse natura di sentenza appellabile e non fosse quindi opponibile.

6.3) Il Tribunale di Campobasso, con ordinanza del 19 febbraio 2013, rigettava le richieste formulate da C. e V. ritenendo che il provvedimento impugnato avesse contenuto decisorio e dunque, attesa la sua natura di sentenza, fosse appellabile e non opponibile. Ciò in quanto il giudice dell’esecuzione non si era limitato a risolvere difficoltà di ordine materiale ai sensi dell’art. 610 c.p.c., ma aveva, invece, risolto questioni attinenti all’estensione del diritto di procedere ad esecuzione forzata nel momento in cui aveva affermato che, sulla base dei titoli esecutivi, il diritto al rilascio aveva ad oggetto la comproprietà ed il compossesso del terreno per i 5/18 e non invece per l’intero.

6.4) I C. – V., con atto di citazione notificato in cancelleria il 31 maggio 2013, proponevano appello avverso l’ordinanza del 5-7 dicembre 2012 nell’ambito del procedimento n. 614/2012 di R.G.Es chiedendo che, in riforma della stessa, la Corte d’Appello dichiarasse che l’esecuzione riguardava la reintegrazione nel possesso degli appellanti nel possesso esclusivo della particella riportato in catasto al foglio n. (OMISSIS) del comune di Sepino con la particella n. (OMISSIS) e che essi avevano comunque diritto, anche in base all’altro titolo esecutivo azionato, al rilascio dell’intero fondo e non solo dei 5/18. Lo I.S. si costituiva in giudizio e resisteva all’impugnazione, eccependone preliminarmente l’inammissibilità.

6.5) La Corte d’appello di Campobasso, con la sentenza impugnata così provvedeva: 1) rigetta l’appello; 2) condanna gli appellanti C.A. e V.P. a rimborsare al costituito appellato I.S. le spese del presente grado di giudizio pari ad Euro 3.500,00 per compenso al difensore, oltre il rimborso forfettario in ragione del 15%, IVA e CPA come per legge; 3) condanna gli appellanti a risarcire l’appellato ex art. 96 c.p.c., per il danno patito, liquidato in misura pari alle spese legali innanzi liquidate (a tal fine sommando le spese generali e non computando IVA e CPA).

7) Ciò posto il Collegio reputa che il ricorso sia inammissibile per plurime, concorrenti, ragioni.

7.1) L’esposizione dei fatti di causa, nell’atto d’impugnazione, è effettuata mediante la mera giustapposizione di atti processuali diversi, riferiti alle pregresse fasi di questo e di altri giudizi intercorrenti o intercorsi tra il C. e la V. da un lato e lo I. dall’altro.

Il ricorso riproduce in gran parte gli atti di (almeno) due diversi giudizi di cui uno di retratto successorio, inclusa, a quanto sembra dal controricorso, una memoria difensiva della controparte e richiama il disposto di due diverse sentenze la n. 42 del 1982 e la n. 193 del 2005, entrambe del Tribunale di Campobasso e entrambe passate in giudicato.

Il primo motivo deduce congiuntamente, vizi di cui ai nn. 2, 3 e 4 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, ed appare, nel complesso, difficilmente scomponibile in comprensibili frazioni che enucleino singolarmente uno dei detti vizi.

Il secondo motivo deduce omesso esame di fatto decisivo e lo individua in un’altra sentenza del Tribunale di Campobasso, resa tra le stesse parti.

7.2) Il ricorso, nella sua strutturazione mediante richiamo di lunghi brani degli atti processuali dei detti due giudizi, senza che sia operata un’adeguata sintesi degli stessi, si pone in contrasto con il disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, come interpretato dalla oramai costante giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, e in materia di opposizioni esecutive, si veda: Cass. n. 26837 del 25/11/2020 Rv. 659630 – 01).

8) In tema, inoltre, e con riferimento al profilo di impugnabilità del provvedimento del giudice dell’esecuzione avente forma di ordinanza ma contenuto decisorio vi è stato, peraltro, anche un mutamento di giurisprudenza, operato da questa Corte, al quale il Collegio presta adesione e intende assicurare continuità, che ha escluso l’impugnabilità autonoma di ordinanze del giudice dell’esecuzione anche se aventi contenuto decisorio (Cass. n. 15015 del 21/07/2016 Rv. 642689 – 01 in fattispecie successiva alle modifiche apportate all’art. 616 c.p.c. dalla L. n. 52 del 2006): “L’ordinanza resa ai sensi dell’art. 612 c.p.c., che illegittimamente abbia risolto una contesa tra le parti, così esorbitando dal profilo funzionale proprio dell’istituto, non è mai considerabile come una sentenza in senso sostanziale, decisiva di un’opposizione ex art. 615 c.p.c., ma dà luogo, anche qualora contenga la liquidazione delle spese giudiziali, ad una decisione soltanto sommaria, in quanto da ritenersi conclusiva della fase sommaria di una opposizione all’esecuzione, rispetto alla quale la parte interessata può tutelarsi introducendo un giudizio di merito ex art. 616 c.p.c.”.

8.1) Nella specie, viceversa, i C. – V. ha proposto direttamente appello avverso l’ordinanza decisoria del g.e. del 5-7 dicembre 2012, e hanno, pertanto omesso di instaurare il giudizio di merito.

9) Il ricorso e’, quindi, inammissibile per inammissibilità dei singoli motivi e per inammissibilità dell’impugnazione stessa.

10) In conclusione, il ricorso, nel riscontro di fattispecie di inammissibilità, deve essere dichiarato del tutto inammissibile.

11) Le spese di lite seguono la soccombenza dei ricorrenti e sono liquidate come da dispositivo, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività processuale espletata.

12) L’inammissibilità del ricorso comporta la dichiarazione di sussistenza, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 700,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, il 26 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2021

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