Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2902 del 07/02/2018


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 2902 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: ESPOSITO ANTONIO FRANCESCO

SENTENZA
sul ricorso 17346-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2017
1364

IRCAC ISTITUTO REGIONALE CREDITO ALLA COOPERAZIONE in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente

domiciliato

in

ROMA

VIA

DELL’ELETTRONICA 20, presso lo studio dell’avvocato
GIUSEPPE PIERO SIVIGLIA, rappresentato e difeso

Data pubblicazione: 07/02/2018

dall’avvocato SALVATORE SAMMARTINO, proc. scrittura
privata autent. in data 14/09/2010 del Not. GIOVANNA
FALCONE in PALERMO rep. n. 6721;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 62/2009 della COMM.TRIB.REG.

ix4
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/06/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO
FRANCESCO ESPOSITO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato SAMMARTINO
che ha chiesto il rigetto.

(1.1…_2.4.k.l.g.4O, depositata il 15/05/2009;

FATTI DI CAUSA

1. A seguito di verifica fiscale a carattere generale, i funzionari
dell’Ufficio di Palermo 1 dell’Agenzia delle entrate redigevano, in
relazione all’anno d’imposta 1995, processo verbale di constatazione
nei confronti dell’Istituto Regionale per il Credito alla Cooperazione
12, allo «scopo di promuovere, incrementare, potenziare la
cooperazione in Sicilia» mediante « esercizio del credito a favore delle
società cooperative e loro consorzi». L’art. 3 della legge suddetta
prevede che «i mezzi per l’esercizio dell’attività dell’Istituto sono
apportati dalla Regione siciliana e sono rappresentati: da un
patrimonio; da un fondo di rotazione, da un fondo di garanzia, da un
fondo per cauzioni e fideiussioni»; il successivo art. 5 stabilisce che
l’I.R.C.A.C. utilizza «fondi speciali di credito e di servizio a favore delle
cooperative e loro consorzi, in forza di leggi nazionali e regionali,
istituendo gestioni separate».
I verbalizzanti rilevavano che i risultati della gestione di tutti i predetti
fondi erano confluiti nella contabilità generale dell’I.R.C.A.C.,
influenzando il conto economico ed incidendo sul trattamento fiscale
del reddito di esercizio, e ciò in contrasto con la normativa civilistica e
tributaria per l’indebita commistione tra la contabilità generale
dell’Istituto e la gestione dei fondi anzidetti, amministrati per conto
della Regione Sicilia e del tutto distinti dalle dotazioni patrimoniali
dell’I.R.C.A.C. Conseguentemente, rideterminavano il reddito
imponibile, depurando il conto economico e la dichiarazione dei redditi
delle voci e delle variazioni attinenti ai fondi amministrati per conto
della Regione Sicilia e contestavano al contribuente l’indebita
detrazione di ritenute per £ 25.071.485.000, rilevando che detto
importo corrispondeva alle ritenute effettuate dagli istituti di credito
sugli interessi attivi maturati sulle giacenze di cassa di tutti i fondi
regionali gestiti dall’I.R.C.A.C., sicché tali ritenute non
rappresentavano «ritenute d’acconto subite dall’I.R.C.A.C., ma
3

(I.R.C.A.C.), ente pubblico istituito con I.r. Sicilia 7 febbraio 1963, n.

ritenute a titolo d’imposta su somme rientranti nella titolarità della
Regione Sicilia. Conseguentemente, esse non potevano essere rilevate
in contabilità dall’I.R.C.A.C., come credito verso l’erario e non
potevano essere esposte in dichiarazione dei redditi come ritenute
d’acconto subite».

relazione all’anno d’imposta 1995, determinava la maggiore imposta
dovuta disconoscendo la detraibilità delle ritenute indicate in
dichiarazione.
3. Nei confronti di tale atto impositivo, l’I.R.C.A.C. proponeva ricorso
dinanzi alla C.T.P. di Palermo, che lo accoglieva.
4. La decisione di primo grado era confermata dalla C.T.R. della Sicilia,
con sentenza n. 62/14/09, depositata il 15 maggio 2009.
Rilevava il giudice di appello: «L’elemento determinante […] è
costituito dalla titolarità dei fondi oggetto della produzione di
imponibile e della conseguente imposizione; non vi è dubbio che la
titolarità riguarda esclusivamente l’Istituto e non la Regione per i vari
elementi indicati negli scritti difensivi e nella copiosa produzione,
inerenti la tipologia legislativa e dispositiva che non prevedeva in
nessuno dei casi riguardanti l’Istituto l’obbligo della rendicontazione
nei confronti della Regione, che entrava nella vicenda solo per avere
fornito la provvista alla costituzione dei fondi stessi: tale distintivo
elemento veniva accompagnato e confortato dalla non trascurabile
titolarità dei conti correnti sui quali erano presenti le somme relative
ai singoli fondi sulle quali poi veniva operata la ritenuta d’acconto
intestato all’I.R.C.A.C., in entrambi i rapporti come unica titolare».
5. Avverso la suddetta pronuncia l’Agenzia delle entrate ricorre per
cassazione, sulla base di tre motivi.
6. Resiste con controricorso l’I.R.C.A.C., che ha depositato successiva
memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE
4

2. In adesione ai rilievi dei verbalizzanti, l’Agenzia delle entrate
emetteva avviso di accertamento a carico dell’Istituto con il quale, in

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate, in relazione
all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., denunciando violazione e falsa
applicazione di molteplici disposizioni di legge, formula il seguente
quesito di diritto: «Dica l’Ecc.ma Corte se – in base alla legislazione
regionale che disciplina le finalità ed il funzionamento dell’I.R.C.A.C. appositi finanziamenti regionali appartenessero al proprio patrimonio
e che i risultati della loro gestione potessero confluire nel bilancio di
esercizio dell’anno 1995 e nella dichiarazione dei redditi presentata
per lo stesso esercizio, di guisa che, contrariamente a quanto ritenuto
dalla C.T.R. di Palermo nell’impugnata sentenza, si deve ritenere
legittimo l’avviso di accertamento impugnato, con cui l’Ufficio
impositore ha rideterminato il reddito imponibile escludendo dalla
dichiarazione presentata dalla parte gli elementi reddituali afferenti
alla gestione dei predetti fondi».
2. Con il terzo motivo la ricorrente, in relazione all’art. 360 n. 5 cod.
proc. civ., denuncia vizio motivazionale su fatti controversi e decisivi,
formulando il seguente momento di sintesi: «la motivazione della
sentenza impugnata è insufficiente ed illogica, poiché si fonda
sull’unica circostanza (di per sé inidonea a definire la controversia)
che l’I.R.C.A.C. non fosse obbligata a fornire uno specifico rendiconto
sulla gestione dei fondi amministrati, e perché omette di verificare se
le conclusioni relative all’appartenenza dei predetti fondi fossero
compatibili con il quadro normativo e con le affermazioni contenute
nelle difese svolte dallo stesso contribuente nel proprio ricorso
introduttivo».
3. I due motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in quanto
connessi, sono fondati.
4. Vanno, anzitutto, disattese le eccezioni di inammissibilità formulate
dal contribuente con il controricorso.
Le censure articolate dalla ricorrente con il primo motivo, invero,
risultano conformi al dettato dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. nonché
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si deve escludere che i fondi amministrati da tale Istituto in base agli

dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ., risolvendosi in specifiche
argomentazioni di diritto che consentono agevolmente di individuare
il contrasto tra le affermazioni contenute nella sentenza impugnata e
le norme regolatrici della fattispecie dedotta in giudizio.
Inoltre, dal tenore del quesito di diritto formulato dalla ricorrente,
sopra trascritto, si evince con tutta evidenza come lo stesso si palesi
principio giuridico generale richiamato e la soluzione del caso
specifico.
Va, infine, ritenuto ammissibile anche il terzo motivo di ricorso, in
quanto rivolto a censurare la correttezza giuridica e la coerenza logica
delle argomentazioni svolte dal giudice del merito.
5. L’Istituto Regionale per il Credito alla Cooperazione (I.R.C.A.C.),
persona giuridica di diritto pubblico, è stato istituito con I.r. Sicilia 7
febbraio 1963, n. 12, «per l’esercizio del credito a favore delle società
cooperative e loro consorzi». L’art. 3 della I.r. n. 12/1963 prevede che
«i mezzi per l’esercizio dell’attività dell’Istituto sono apportati dalla
Regione siciliana e sono rappresentati: da un patrimonio; da un fondo
di rotazione, da un fondo di garanzia, da un fondo per cauzioni e
fideiussioni», mentre il successivo art. 5 stabilisce che l’I.R.C.A.C.
utilizza «fondi speciali di credito e di servizio a favore delle cooperative
e loro consorzi, in forza di leggi nazionali e regionali, istituendo
gestioni separate».
6. La C.T.R. ha ritenuto che i fondi suddetti fossero nella titolarità e
disponibilità dell’I.R.C.A.C., sicché i risultati della loro gestione
concorrevano alla formazione dell’utile di esercizio e confluivano nella
dichiarazione dei redditi dell’Istituto. A tale conclusione la sentenza
impugnata è pervenuta in considerazione dei «vari elementi indicati
negli scritti difensivi e nella copiosa produzione, inerenti la tipologia
legislativa e dispositiva che non prevedeva in nessuno dei casi
riguardanti l’Istituto l’obbligo della rendicontazione nei confronti della
Regione, che entrava nella vicenda solo per avere fornito la provvista
alla costituzione dei fondi stessi», nonché attribuendo rilievo alla
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idoneo ad integrare il punto di congiunzione tra l’enunciazione del

circostanza della «titolarità dei conti correnti sui quali erano presenti
le somme relative ai singoli fondi» in capo all’I.R.C.A.C.».
7. Tali argomentazioni non sono condivise dal Collegio. Esse, invero,
prescindono dalla considerazione della natura e finalità dell’I.R.C.A.C.,
ente pubblico regionale avente lo scopo di promuovere, incrementare
e potenziare la cooperazione in Sicilia mediante l’esercizio del credito
particolare, una pluralità di fondi a tal fine istituiti dalla Regione Sicilia.
Detti fondi sono rappresentati sia dai «mezzi per l’esercizio dell’attività
dell’Istituto apportati dalla Regione siciliana» (fondo di rotazione,
fondo di garanzia, fondo per cauzioni e fideiussioni) di cui all’art. 3
della I.r. n. 12/1963, sia dai «fondi speciali di credito e di servizio a
favore delle cooperative e loro consorzi, in forza di leggi nazionali e
regionali», a gestione separata, di cui al successivo art. 5.
Per tali ultimi fondi è espressamente previsto l’obbligo della tenuta di
una contabilità separata, sicché non v’è motivo di dubitare che essi
costituiscano un patrimonio distinto da quello dell’I.R.C.A.C. Ad
analoghe conclusioni – salvo la ricorrenza di decisivi elementi di segno
contrario – potrebbe pervenirsi anche per fondi di cui all’art. 3 della
I.r. n. 12/1963, ove si ravvisi nello scopo dell’Istituto di «esercizio del
credito a favore delle società cooperative e loro consorzi» un vincolo
di destinazione che dia luogo ad un patrimonio separato da quello del
soggetto che gestisce i fondi, con conseguente permanenza della
titolarità dei fondi medesimi in capo alla Regione Sicilia e, quindi,
esclusione dei risultati della loro gestione dalla formazione dell’utile di
esercizio dell’I.R.C.A.C.
Alla stregua di tali considerazioni, la motivazione della sentenza
impugnata si palesa carente ed incongrua, avendo la C.T.R. attribuito
rilievo decisivo alla mancanza della previsione di uno specifico obbligo
di rendicontazione nei confronti della Regione Sicilia nonché alla
circostanza che i conti correnti ove erano depositate le somme relative
ai fondi fossero intestati all’I.R.C.A.C., omettendo di analizzare, sulla
base della disciplina dettata dalla I.r. n. 12/1963, la natura e finalità
7

a favore delle società cooperative e dei loro consorzi e gestendo, in

dei fondi in discussione e, segnatamente, di valutare la ricorrenza di
un vincolo di destinazione tale da dar luogo ad un patrimonio separato.
8. L’accoglimento del primo e del terzo motivo di ricorso comporta
l’assorbimento del secondo motivo, con il quale, in relazione all’art.
360 n. 3 cod. proc. civ., l’Agenzia delle entrate sostiene che
competono alla Regione gli interessi maturati sui fondi regionali
ritenersi effettuate a titolo di imposta e non a titolo di acconto, come
invece erroneamente ritenuto dalla C.T.R.
9. In conclusione, devono essere accolti il primo ed il terzo motivo di
ricorso, con assorbimento del terzo. La sentenza impugnata va
dunque cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della
Sicilia, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine
alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Sicilia, in diversa
composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del
giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 22 giugno 2017.
Il Consigliere estensore

attribuiti in gestione all’I.R.C.A.C. e che le ritenute operate dovevano

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