Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29015 del 20/10/2021

Cassazione civile sez. III, 20/10/2021, (ud. 26/04/2021, dep. 20/10/2021), n.29015

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 16173/18 proposto da:

Riscossione Sicilia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato a Catania, v.le Alcide de Gasperi

n. 173, difeso dall’avvocato Germano Garao, in virtù di procura

speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

L.S. soc. coop. a r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania 18.12.2017 n.

2369;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26 aprile 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società Riscossione Sicilia s.p.a. (olim, Serit Sicilia s.p.a.) iniziò l’esecuzione forzata nelle forme del pignoramento presso terzi nei confronti della propria debitrice L.S. Società Cooperativa a r.l..

Quest’ultima propose opposizione ex art. 615 c.p.c., comma 2, dinanzi al Tribunale di Catania.

All’esito della fase sommaria del giudizio di opposizione con ordinanza 21 luglio 2010 il giudice dell’esecuzione ordinò la sospensione dell’esecuzione, e fissò il termine di tre mesi per introdurre la fase di merito.

Tale termine non venne osservato.

2. Con successiva ordinanza 13 settembre 2011 il giudice dell’esecuzione, rilevata la mancata introduzione della fase di merito, dichiarò l’estinzione della procedura esecutiva.

L’ordinanza di estinzione venne reclamata dalla Riscossione Sicilia dinanzi al Tribunale in composizione collegiale.

La reclamante dedusse che la speciale ipotesi di estinzione del processo esecutivo prevista dall’art. 624 c.p.c., comma 3, nell’ipotesi in cui dopo la sospensione del processo non venga tempestivamente introdotta la fase di merito, non s’applica alla riscossione dei crediti erariali, giusta la previsione di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 60.

3. Il Tribunale di Catania con sentenza 23 aprile 2012 n. 4 rigettò il reclamo e condannò la reclamante alle spese.

Il Tribunale ritenne che, una volta pronunciata dal giudice dell’esecuzione l’ordinanza di sospensione, il creditore procedente aveva l’onere o di rimuoverla con le forme stabilite dal codice di rito, oppure di introdurre tempestivamente la fase di merito. Non avendo fatto né l’una, né l’altra cosa, correttamente giudice dell’esecuzione aveva dichiarato estinto il processo.

4. La sentenza venne impugnata dalla riscossione Sicilia.

La Corte d’appello di Catania, con sentenza 18 dicembre 2017 n. 2369 rigettò

il gravame, reputando corretta la valutazione del primo giudice.

5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla Riscossione Sicilia con ricorso fondato due motivi.

La società L.S. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo la ricorrente prospetta, cumulativamente, sia il vizio di violazione di legge (assume violati l’art. 624 c.p.c.; D.P.R. n. 612 del 1973, artt. 49, 60 e 72 bis), sia il vizio di omessa pronuncia.

Con la prima censura la società ricorrente sostiene che nella procedura di riscossione coattiva dei crediti esattoriali le previsioni di cui dell’art. 624 c.p.c., comma 3, non possono trovare applicazione.

La tesi prospettata dalla società ricorrente può riassumersi come segue: la procedura di riscossione esattoriale prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 72, differisce da quella ordinaria.

In quest’ultima, infatti, il terzo pignorato è citato a comparire dinanzi al giudice dell’esecuzione per rendere la dichiarazione di quantità; nella procedura esattoriale, invece, è obbligato a pagare direttamente nelle mani dell’esattore, e il giudice dell’esecuzione non deve pronunciare alcuna ordinanza di assegnazione.

Da questa diversità la società ricorrente fa discendere la conseguenza che, nella procedura esattoriale, il giudice dell’esecuzione ha il solo potere di sospendere l’efficacia esecutiva del titolo ricorrendo i gravi motivi di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 60; ma non ha il potere di fissare il termine per l’introduzione della fase di merito. Conseguentemente, se questa non viene introdotta, il processo non si estingue.

1.1. Con la seconda censura la ricorrente lamenta che la Corte d’appello avrebbe trascurato di provvedere sul motivo di gravame col quale aveva prospettato che, essendo intervenuto l’adempimento da parte del terzo pignorato, l’esecuzione si sarebbe dovuta dichiarare improseguibile.

1.2. La prima censura è infondata.

La tesi della società ricorrente si fonda sull’assunto che esista un rapporto di esclusione reciproca tra le previsioni di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 60 e quelle di cui all’art. 624 c.p.c..

Tale tesi, quale che fosse la sua condivisibilità in passato, oggi non è più sostenibile, dopo l’intervento con cui la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, nella parte in cui non consente l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., in materia di riscossione esattoriale (Corte Cost. 114/18).

Infatti, una volta ammessa l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., dopo la notifica della cartella esattoriale anche per far valere i vizi di merito, e non solo i vizi formali del titolo, è ovvio e necessario che l’opposizione resti soggetta alle regole del codice di procedura civile.

Se così e’, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 60, da un lato, e art. 624 c.p.c., dall’altro, oggi non sono affatto in rapporto di specialità (sussistente, come noto, quando una delle due norme in conflitto disciplina una fattispecie più ristretta rispetto a quella disciplinata dall’altra), ma in rapporto di complementarietà, in quanto disciplinano situazioni diverse.

Più esattamente, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 60, stabilisce quando, a chi e per quali ragioni può essere domandata la sospensione dell’esecuzione esattoriale.

L’art. 624 c.p.c., stabilisce invece cosa accade se, una volta domandata la sospensione dell’esecuzione, non venga ritualmente introdotta la fase di merito.

La prima norma disciplina i presupposti della sospensione, la seconda norma disciplina le forme processuali dell’istanza di sospensione.

La conseguenza è che correttamente il giudice dell’esecuzione ha fissato il termine per l’introduzione della fase di merito; e altrettanto correttamente ha dichiarato l’estinzione del giudizio per la mancata introduzione di questa.

Ne’ rileva in questa sede la circostanza che il processo esecutivo oggetto del contendere sia iniziato prima della pronuncia della Corte costituzionale sopra ricordata, dal momento che la caducazione della norma dichiarata costituzionalmente illegittima ha effetto retroattivo.

1.3. La seconda censura (omessa pronuncia) è inammissibile per difetto di rilevanza.

E’ vero, infatti, che la Corte d’appello non si è pronunciata sul secondo motivo dell’appello proposto dalla Riscossione Sicilia. Quel motivo, però, era comunque manifestamente infondato in punto di diritto.

Ed infatti la possibilità che l’estinzione del processo esecutivo sia pronunciata dopo l’assegnazione è espressamente prevista dall’art. 632 c.p.c., comma 2.

2. Col secondo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c..

Lamenta che la Corte d’appello non avrebbe pronunciato sul motivo di gravame col quale la Riscossione Sicilia aveva dedotto che le ipotesi di estinzione del processo esecutivo esattoriale sono tassative, sono previste dal D.Lgs. n. 602 del 1973, artt. 53, 61 e 85, cui devono aggiungersi le ipotesi dell’intervenuto sgravio totale da parte dell’ente impositore o di rinuncia agli atti da parte del concessionario: e nessuna di queste ipotesi si era verificata nel caso di specie.

2.1. Anche questo motivo è inammissibile per difetto di rilevanza.

Ed infatti, una volta ammessa, sulla scorta di Corte Cost. 114/18 la proponibilità dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., anche nel caso di riscossione esattoriale, deve ammettersi per conseguenza che, ove non diversamente previsto dalla legge, “transitano” nella esecuzione esattoriale tutte le regole processuali previste per l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.: e, con esse, anche la regola della estinzione del processo nel caso di mancata o intempestiva introduzione della fase di merito dopo la proposizione dell’opposizione.

Se, dunque, il motivo di appello che la Riscossione Sicilia assume essere stato trascurato fosse stato per contro esaminato, l’esito del giudizio di appello non sarebbe potuto essere diverso, in virtù delle considerazioni già svolte.

3. Non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio, non essendovi stata difesa delle parti intimate.

P.Q.M.

la Corte di Cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 26 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2021

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