Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29015 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 17/12/2020, (ud. 14/10/2020, dep. 17/12/2020), n.29015

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi riuniti nn. 18862/2014 e 19050/2014 proposti da:

E.N.A.C. – ENTE NAZIONALE PER L’AVIAZIONE CIVILE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

ope legis in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– ricorrente principale –

nonchè da

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dall’Avvocato DARIO

MARINUZZI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente incidentale –

contro

R.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA STIMIGLIANO

5, presso lo studio dell’avvocato FABIO CODOGNOTTO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BRUNO CICCARELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 293/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 27/03/2014 R.G.N. 686/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

14/10/2020 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;

udito l’Avvocato ANDREA FEDELI, (per ENAC);

uditi gli Avvocati FABIO CODOGNOTTO, BRUNO CICCARELLI (per

R.G.).

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’ Appello di L’Aquila, in riforma della sentenza del Tribunale di Pescara che aveva rigettato il ricorso, ha accolto la domanda proposta da R.G. nei confronti dell’I.N.P.S. e dell’Ente Nazionale Aviazione Civile (E.N.A.C.) e, dichiarato il diritto dell’appellante a percepire il trattamento di fine servizio disciplinato dalla L. n. 70 del 1975, art. 13, ha condannato gli appellati, ciascuno per quanto di sua competenza, “ad effettuare i relativi conteggi e ad erogare all’appellante la somma differenziale dovuta per il titolo di cui sopra”.

2. La Corte territoriale ha evidenziato che il D.Lgs. n. 250 del 1997, art. 10, comma 3, secondo cui al personale dell’E.N.A.C. già in servizio presso la Direzione Generale dell’Aviazione Civile si applica, a decorrere dal momento dell’inquadramento, la L. n. 287 del 1982, deve essere letto in combinato disposto con l’art. 1, comma 3, dello stesso decreto, che imponeva la trasformazione in ente pubblico economico entro il 31 luglio 1999. Poichè la condizione non si è verificata, il personale transitato nei ruoli dell’E.N.A.C. è rimasto assoggettato alla disciplina prevista dalla L. n. 70 del 1975, ed ha conservato, pertanto, il diritto a percepire, alla cessazione del rapporto, l’indennità di buonuscita, salva l’opzione da esercitare della L. n. 449 del 1997, ex art. 59, comma 56, come disciplinata dal D.P.C.M. 20 dicembre 1999.

3. Per la cassazione della sentenza hanno proposto distinti ricorsi l’I.N.P.S. e l’E.N.A.C., sulla base di un unico motivo. Ad entrambi ha opposto difese, con tempestivo controricorso, R.G..

4. Le cause, dapprima avviate alla trattazione camerale per l’adunanza dell’11 dicembre 2019, sono state rinviate a nuovo ruolo, previa riunione, ed è stata fissata udienza pubblica in ragione della rilevanza delle questioni giuridiche coinvolte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, dato atto della disposta riunione del procedimento n. 19050/2014 R.G. a quello iscritto al n. 18862/2014 R.G., occorre richiamare il consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte “secondo cui il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso, fermo restando che tale modalità non è essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorchè proposto con atto a sè stante, in ricorso incidentale” (Cass. S.U. n. 24876/2017).

Sulla base del richiamato principio va, quindi, qualificato incidentale il ricorso proposto dall’I.N.P.S., il quale ha notificato l’atto in data 17/18 luglio 2014, successiva alla notifica del ricorso dell’E.N.A.C..

2. Il ricorso principale denuncia, con un unico motivo, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 250 del 1997, art. 10, comma 3, della L. n. 297 del 1982, L. n. 70 del 1975, mentre il ricorso incidentale, anch’esso affidato ad un’unica censura, si duole della violazione, oltre che del D.Lgs. n. 250 del 1997, richiamato art. 10,L. n. 335 del 1995, art. 2 e del D.P.C.M. 20 dicembre 1999, art. 2, comma 2.

Entrambi i ricorrenti sostengono, in sintesi, che l’art. 10, disposizione speciale dettata con la legge istitutiva dell’E.N.A.C., è chiaro nel prevedere che ai dipendenti del Ministero dei Trasporti, transitati nei ruoli dell’E.N.A.C., deve essere corrisposto il trattamento di fine rapporto, disciplinato dalla L. n. 297 del 1982 e non l’indennità di buonuscita, la quale costituisce solo la quota iniziale di TFR da trasferire al nuovo ente.

L’I.N.P.S. evidenzia che il legislatore non ha previsto alcuna condizione, perchè la norma è stata dettata, non in funzione della successiva trasformazione in ente pubblico economico, poi non avvenuta, bensì in ragione della necessità di uniformare la posizione previdenziale del personale che proveniva in parte anche dai disciolti R.A.I. (Registro Aeronautico Italiano) ed E.N.G.A. (Ente Nazionale della Gente dell’Aria) e che era già assoggettato alla disciplina dettata dalla L. n. 297 del 1982. Aggiunge, a riprova dell’erroneità dell’interpretazione della norma fatta propria dalla Corte territoriale, che l’inquadramento nei ruoli dell’ente doveva avvenire a partire dal 18 novembre 1998, ben prima dello scadere del termine previsto dell’art. 1, comma 3, sicchè non è corretto leggere unitariamente le due disposizioni, del tutto indipendenti l’una dall’altra. Infine l’I.N.P.S. precisa che il regime si giustifica alla luce dell’evoluzione normativa in tema di prestazioni previdenziali spettanti ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, perchè già con la L. n. 335 del 1995, il legislatore aveva previsto l’estensione all’impiego pubblico contrattualizzato della L. n. 297 del /1982.

3. E’ infondata l’eccezione di inammissibilità dei ricorsi, sollevata dalla difesa del controricorrente.

I requisiti imposti dall’art. 366 c.p.c., sono funzionali a consentire alla Corte di Cassazione di comprendere il tenore delle censure e di apprezzare la rilevanza, quanto alla definizione della controversia, delle questioni prospettate nel ricorso. La valutazione sulla completezza dell’esposizione dei fatti contenuta nell’atto introduttivo deve essere, quindi, effettuata considerando il fine che il requisito mira ad assicurare e contemperando l’esigenza di fornire alla Corte tutti gli elementi necessari ai fini della decisione con quella della doverosa sinteticità degli atti processuali.

Ne discende che, come evidenziato dalle Sezioni Unite, la esposizione sommaria dei fatti di causa non richiede nè la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali nè che “si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale s’è articolata” (così in motivazione Cass. S.U. 11.4.2012 n. 5698), essendo sufficiente una sintesi della vicenda “funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure mosse alla sentenza impugnata”. Le stesse Sezioni Unite hanno significativamente aggiunto che “il ricorso non può dirsi inammissibile quand’anche difetti una parte formalmente dedicata all’esposizione sommaria del fatto, se l’esposizione dei motivi sia di per sè autosufficiente e consenta di cogliere gli aspetti funzionalmente utili della vicenda sottostante al ricorso stesso”.

Sviluppando i richiamati principi, questa Corte ha anche evidenziato che il requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, può essere assicurato attraverso la riproduzione del testo integrale della sentenza d’appello purchè, come è riscontrabile nella fattispecie, quest’ultima contenga la sintesi dello svolgimento del processo e un’esposizione chiara della questione controversa (Cass. n. 21137/2013).

3.1. L’eccepita assenza di conclusioni, oltre ad essere smentita dal tenore dei ricorsi, che contengono entrambi la richiesta di cassazione della sentenza impugnata e di rigetto dell’originaria domanda, con ogni conseguenza in ordine al regolamento delle spese, è comunque priva di rilievo, giacchè le conclusioni non sono inserite fra gli elementi richiesti a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c. e, quindi, il loro contenuto è del tutto ininfluente ai fini della validità e dell’esame del ricorso (Cass. n. 3291/2016 e Cass. S.U. n. 9658/2009).

4. Entrambe le impugnazioni sono fondate e vanno accolte, perchè la Corte territoriale ha basato la decisione di accoglimento dell’appello su un’interpretazione non condivisibile del D.Lgs. n. 250 del 1997, artt. 1 e 10, istitutivo dell’E.N.A.C., interpretazione che non trova riscontro nel tenore letterale delle disposizioni in rilievo nè coglie l’effettiva ratio delle stesse.

E’ utile premettere che con gli artt. 1 e 2 del richiamato decreto il legislatore ha previsto l’attribuzione al nuovo ente pubblico non economico, dotato di autonomia regolamentare, organizzativa, amministrativa, patrimoniale e contabile, delle competenze già assegnate alla Direzione generale dell’aviazione civile (D.G.A.C.), al Registro aeronautico italiano (R.A.I.) ed all’Ente nazionale della gente dell’aria (E.N.G.A.) nelle materie espressamente indicate dallo stesso art. 2. Ha conseguentemente disposto, con l’art. 10, il passaggio alle dipendenze del soggetto di nuova istituzione del personale in precedenza assegnato alle attività trasferite e, poichè lo stesso proveniva da enti diversi, ha fissato il termine di dodici mesi dall’entrata in vigore del D.Lgs. per provvedere, con decreto del Ministro dei trasporti e della funzione pubblica, “alla unificazione giuridica ed economica del personale dell’ente”, da realizzare attraverso l’adozione di un unico criterio di inquadramento e sulla base delle tabelle di corrispondenza proposte dal consiglio di amministrazione, sentite le organizzazioni sindacali (art. 10, comma 2).

Nell’art. 10, comma 3, inoltre, il legislatore ha espressamente disciplinato il trattamento di fine rapporto, stabilendo che “Ai fini della costituzione del trattamento di fine rapporto del personale già in servizio presso la Direzione generale dell’aviazione civile, a decorrere dall’inquadramento definitivo, si applica la L. 29 maggio 1982, n. 297, ed il maturato dell’indennità di buonuscita costituirà la quota iniziale da trasferire all’Ente”.

4.1. Il tenore letterale della disposizione, speciale rispetto alla disciplina generale dettata per l’impiego pubblico contrattualizzato, non consente in alcun modo di collegare la stessa alla previsione, contenuta dell’art. 1, comma 3, della trasformazione, mai attuata, dell’E.N.A.C. in ente pubblico economico.

Il legislatore, infatti, non solo non ha condizionato espressamente, come sarebbe stato necessario, l’applicazione del nuovo regime alla diversa natura dell’ente, ma anzi ha con chiarezza reso indipendente dalla trasformazione l’operatività della disciplina del trattamento di fine rapporto, per la quale ha previsto un termine antecedente rispetto a quello fissato per la trasformazione (31 luglio 1999), ancorandola all’inquadramento definitivo da effettuarsi ex art. 10, comma 2, “entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto” e, quindi, entro il 1 agosto 1998 (il decreto è stato pubblicato sulla G.U. n. 177 del 31 luglio 1997 e l’art. 15, prevede che lo stesso “entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana”).

Sul piano logico e giuridico non è, quindi, sostenibile che la disposizione presupponesse l’acquisizione della natura di ente pubblico economico perchè, a fronte di attività da compiere entro termini in successione, un nesso condizionante può essere ipotizzato per la prima rispetto alla seconda e mai viceversa.

4.2. La ratio della norma va individuata nell’intento del legislatore di unificare la disciplina giuridica ed economica del personale dell’ente, espressamente manifestato dell’art. 10, comma 2, intento che giustifica l’immediata applicazione della L. n. 297 del 1982, agli unici dipendenti, quelli provenienti dalla Direzione generale dell’aviazione civile, per i quali sino al momento del passaggio era prevista l’indennità di buonuscita, disciplinata dalla L. n. 1032 del 1973, artt. 3 e 38 e non l’indennità di anzianità di cui dalla L. n. 70 del 1975, art. 13, prevista per i soli dipendenti degli enti pubblici non economici e posta a carico dell’ente.

D’altro canto la disciplina dettata, seppure speciale, si armonizza con quella generale all’epoca vigente, ossia con la L. n. 335 del 1995, art. 2, che, nel testo originario vigente alla data di istituzione dell’E.N.A.C., prevedeva per tutti i dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni assunti dal 1 gennaio 1996, in linea con il disegno di contrattualizzazione dell’impiego pubblico, l’applicazione dell’art. 2120 c.c. e delegava alla contrattazione collettiva di definire, nell’ambito dei singoli comparti, “le modalità per l’applicazione, nei confronti dei lavoratori già occupati alla data del 31 dicembre 1995, della disciplina in materia di trattamento di fine rapporto” (art. 2, comma 7).

Se si legge il D.Lgs. n. 250 del 1997, art. 10, comma 3, anche alla luce della disciplina dettata per l’impiego pubblico contrattualizzato all’epoca vigente, risulta del tutto ragionevole la scelta operata dal legislatore che, nell’istituire un nuovo ente, rispetto al quale andava definito anche il trattamento giuridico ed economico applicabile al personale, ha voluto da subito attuare quella armonizzazione fra nuovi assunti e personale in servizio alla quale era tendenzialmente ispirata anche la disciplina generale, e si è quindi sostituito alla contrattazione collettiva dettando in via normativa le regole per il passaggio dall’uno all’altro regime.

4.3. Non vi è dubbio che con art. 59, comma 56, della successiva L. 27 dicembre 1997, n. 449, con l’accordo quadro del 29 luglio 1999 e con il D.P.C.M. 20 dicembre 1999, richiamati dalla Procura Generale nelle conclusioni scritte depositate ex art. 380 bis 1 c.p.c., sia stata differita nel tempo la realizzazione dell’obiettivo di un regime unico del trattamento di fine rapporto per tutti i dipendenti dei settori pubblici e privati e sia stata, invece, privilegiata, per il personale già assunto, la perdurante efficacia della disciplina previgente, salva una diversa opzione individuale (sul punto si rimanda alla motivazione di Cass. n. 15998/2006 e di Cass. n. 5892/2020).

La disciplina sopra richiamata, peraltro, non può spiegare effetti nella fattispecie nella quale si è in presenza di una norma speciale, dettata del richiamato art. 10, comma 3 e, pertanto, opera il principio, riassunto dal brocardo lex posterior generalis non derogat priori speciali, secondo cui, in caso di successione di leggi nel tempo, il criterio della specialità prevale su quello cronologico e, pertanto, la disposizione successiva non abroga quella antecedente speciale, salvo che dalla lettera o dalla ratio della prima si evinca una chiara volontà in tal senso del legislatore o la discordanza tra le due norme sia tale da rendere inconcepibile la loro coesistenza.

Nessuna di dette ipotesi ricorre nella fattispecie perchè, da un lato, il legislatore non ha nè abrogato nè modificato la disciplina speciale dettata dalla L. n. 250 del 1997, legge richiamata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70, comma 4, dall’altro il diverso regime trova la sua giustificazione in quanto si è già detto nei punti che precedono, ossia nella istituzione di un nuovo ente, destinato ad assorbire personale proveniente da soggetti giuridici diversi oltre che a disporre nuove assunzioni, circostanza, questa, che rendeva ragionevole ed opportuna l’opzione espressa per l’armonizzazione, pressochè contestuale all’attribuzione delle funzioni, del regime economico e giuridico dei dipendenti.

5. Le considerazioni sopra esposte valgono a fugare ogni dubbio sulla legittimità costituzionale della normativa, perchè il trattamento differenziato non viola l’art. 3 Cost., in quanto giustificato dalla storia particolare dell’ente, al quale sono state attribuite competenze e risorse, umane ed economiche, in precedenza riferibili in parte allo Stato ed in parte ad altri enti.

D’altro canto attraverso il meccanismo previsto dall’art. 10, comma 3, secondo cui il maturato dell’indennità di buonuscita alla data del nuovo inquadramento costituisce la quota iniziale del trattamento di fine rapporto da trasferire all’ente, sono stati salvaguardati i diritti già acquisiti dal personale in servizio presso la Direzione Generale dell’Aviazione Civile, rispetto ai quali il nuovo sistema di calcolo è destinato ad operare solo per il futuro, non per il passato.

5.1. Infine non è ravvisabile alcun eccesso di delega rispetto ai margini concessi dal legislatore delegante. La Corte Costituzionale, in recente decisione (Corte Cost. n. 79/2019) alla cui motivazione si rinvia, nel ribadire principi già espressi in passato, ha precisato che il Governo non è tenuto ad un’attività di mera esecuzione o di riempimento automatico di disposti cristallizzati nella delega perchè, al contrario, è chiamato a sviluppare, non solo ad eseguire, le previsioni della legge delega entro i confini da quest’ultima segnati. La disciplina del trattamento di fine rapporto, dettata dal più volte richiamato art. 10, comma 3, è coerente con gli obiettivi di razionalizzazione delle strutture operanti nel settore dell’aviazione civile, da attuare attraverso l’istituzione di un’unica struttura (L. n. 549 del 2005, art. 2, commi 48 e 49) e non contrasta con i limiti posti dell’art. 2, comma 50 (secondo cui “In fase di prima applicazione il personale conserva il trattamento giuridico ed economico previsto dai contratti vigenti nei settori di provenienza…”), perchè garantisce, attraverso la previsione della conservazione dell’indennità di buonuscita maturata sino alla data di inquadramento, il rispetto del divieto di reformatio in peius.

6. In via conclusiva i ricorsi meritano entrambi accoglimento con conseguente cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’originaria domanda.

7. La novità e la complessità della questione giuridica, l’esito alterno dei diversi gradi del giudizio, il contrasto che sulla questione è sorto nella giurisprudenza di merito giustificano l’integrale compensazione fra le parti delle spese dell’intero processo.

8. La fondatezza dei ricorsi rende inapplicabile la disciplina dettata, quanto al raddoppio del contributo unificato, dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228.

P.Q.M.

La Corte accoglie i ricorsi, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originaria domanda di R.G..

Compensa integralmente fra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

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