Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29010 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. lav., 17/12/2020, (ud. 14/10/2020, dep. 17/12/2020), n.29010

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27214/2018 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

BUFALOTTA 174, presso lo studio dell’avvocato PATRIZIA BARLETTELLI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GERARDO VASSALLO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA

D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, ESTER ADA SCIPLINO, ANTONINO SGROI,

LELIO MARITATO, GIUSEPPE MATANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 21513/2017 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 15/09/2017 R.G.N. 16148/12;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/10/2020 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’inammissibilità;

udito l’Avvocato LELIO MARITATO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 21531 del 2017 resa da questa Corte il 15.9.2017, questa Corte di cassazione ha rigettato il ricorso proposto da P.G. avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno di accoglimento del gravame proposto dall’INPS nei riguardi della sentenza di primo grado, che aveva accolto la domanda di condanna dell’Istituto alla reiscrizione della P. negli elenchi dei lavoratori agricoli ed aveva, altresì, posto a carico della parte soccombente le spese del giudizio di cassazione.

2. Avverso la sentenza P.G. propone ricorso per revocazione, fondato su un unico motivo.

3. L’INPS resiste con controricorso.

4. La causa, in sede di adunanza camerale è stata rinviata a nuovo ruolo e fissata per la trattazione in pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, la parte censura la sentenza di questa Corte di cassazione n. 21531 del 2017 del 15 settembre 2017, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, nella parte in cui l’ha condannata al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, senza considerare che sia all’interno del ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore a pag. n. 17 righi nn. 9 – 14, sia in calce al ricorso stesso, la medesima parte aveva formulato la dichiarazione di esonero dal pagamento delle spese processuali, come previsto dall’art. 152 disp. att. c.p.c., modificato dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326, ed aveva notificato a controparte una dichiarazione sostitutiva di certificazione reddituale per l’anno 2011.

2. Sostiene pertanto che la Corte di cassazione è necessariamente caduta in errore, non avendo visto le dichiarazioni sopra descritte, in quanto non poteva essere disposta la condanna alle spese, sicchè insiste per la revocazione della sentenza. In subordine, chiede ravvisarsi un’ ipotesi di errore materiale emendabile.

3. Il motivo è inammissibile.

4. Deve premettersi che, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., comma 1, è consentita la revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione o delle ordinanze emesse ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, solo se affette da errore di fatto ai sensi del n. 4 dell’art. 395, n. 4; tale errore ricorre, come la norma precisa, quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontestabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e purchè il fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare; la revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione è stato precisato da Cass. n. 12283 del 2004 – comporta l’accertamento di un errore che deve riguardare gli atti interni al relativo giudizio (ossia quelli che la Corte può e deve esaminare direttamente con la propria indagine di fatto all’interno dei motivi di ricorso) e deve incidere unicamente sulla sentenza di cassazione (Cass., 28 giugno 2005, n. 13915; Cass., 14 aprile 2010, n. 8907).

5. Questi presupposti non sussistono nel caso in esame, caso sovrapponibile a quello scrutinato da questa Corte nella sentenza n. 16676/2020, alla cui motivazioni ci si riporta, ritenendone la piena condivisibilità.

6. La ricorrente, infatti, assume che la condanna alle spese disposta dalla sentenza di cui si chiede la revocazione non trovi giustificazione se non in quanto frutto di una svista che avrebbe indotto questa Corte a non rilevare che il ricorso conteneva la dichiarazione di esonero prevista dall’art. 152 disp. att. c.p.c..

7. Tale tesi non tiene in considerazione che la disciplina dell’esenzione dal pagamento delle spese e competenze regolata dall’art. 152 disp. att. c.p.c., non è applicabile alla controversia che la sentenza impugnata ha definito, o quanto meno che la questione è opinabile in diritto.

8. La ricorrente, infatti, ha esperito un’azione tendente ad accertare il proprio diritto ad essere iscritta nuovamente negli elenchi dei lavoratori agricoli del comune di residenza per l’anno 2005 in relazione a 102 giornate lavorative effettuate, elenchi dai quali era stata cancellata e, quindi, non intesa ad ottenere prestazioni previdenziali od assistenziali, come richiesto dall’art. 152 disp. att. c.p.c., come formulato dal D.L. n. 269 del 2003, art. 42, conv. con modif. in L. n. 326 del 2003.

9. Affinchè sia applicabile l’art. 152 disp. att. c.p.c., per il quale la parte soccombente nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali, in presenza delle condizioni economiche ritualmente dichiarate, non è assoggettata al pagamento di spese, competenze ed onorari, è necessario che il diritto alla prestazione sia l’oggetto diretto della domanda introdotta in giudizio e non solo la conseguenza indiretta ed eventuale di un diverso accertamento. In tal senso, secondo il precedente di questa Corte richiamato, depone il chiaro tenore testuale della disposizione ed anche la ratio storica e sistematica che la sorregge.

10. E’ stato ricordato che la regola dell’esonero fu introdotta dalla L. n. 533 del 1973, art. 11, sulle basi della L. n. 153 del 1969, previgente art. 57, ed attraverso alcune pronunce della Corte Costituzionale si è delineato l’ambito di estensione soggettiva, includendovi l’INAIL dal lato passivo (Corte Cost. n. 23 del 1973) ed i congiunti superstiti del lavoratore (Corte Cost. n. 98 del 1987). Dal punto di vista dell’oggetto della controversia, qui di maggiore interesse, Corte Cost. n. 85 del 1979 estese l’applicabilità dell’art. 152 disp. att. c.p.c., anche alle controversie assistenziali, dato che entrambe le situazioni e cioè il diritto ad ottenere sia le prestazioni previdenziali che assistenziali sono assimilabili sul piano sostanziale e sono regolate dal medesimo procedimento in caso di controversia giudiziaria.

11. E’ stato sottolineato come la dottrina abbia evidenziato che, nella vigenza della prima versione della disposizione (introdotta dalla L. n. 533 del 1973, art. 11) si è realizzata, grazie agli interventi della Corte Costituzionale richiamati, la massima forza espansiva della ratio tesa a facilitare l’accesso al giudice previdenziale ed assistenziale e ciò in ragione del fatto che tale giudice si occupa di prestazioni che consentono all’avente diritto di uscire dal bisogno. Si è aggiunto che tale finalità sorregge la logica di favore di cui la disposizione è espressione legandosi strettamente non a qualsiasi domanda inerente alla materia previdenziale od assistenziale, ma – appunto – solo alla domanda tendente ad ottenere prestazioni previdenziali od assistenziali.

12. Ulteriore considerazione ha riguardato la circostanza che la disciplina in parola è, comunque, espressione di diritto singolare, che non si presta dunque ad essere applicato a casi non espressamente indicati e che in ragione di ciò è stato affermato nella giurisprudenza di questa Corte di cassazione (Cass. n. 25759 del 2008), con riferimento all’art. 152 att. c.p.c., nel testo vigente prima della modifica di cui cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, conv. in L. 24 novembre 2003, n. 326, ma con considerazioni estensibili anche alla versione attuale, che l’esonero dal pagamento delle spese processuali non è posto in riferimento a tutti i giudizi previdenziali, ma solo in relazione a quelli promossi per ottenere prestazioni previdenziali (cfr. Cass. 16676/20 cit.).

13. Alla luce delle richiamate osservazioni – che rendono evidente la mancanza dei presupposti di configurabilità anche di un errore materiale – il ricorso per revocazione va dichiarato inammissibile, non ricorrendo i presupposti richiesti dall’art. 391 bis c.p.c..

14. Le spese del presente giudizio di legittimità, in virtù delle ragioni esposte, seguono anch’esse la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

15. Sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida nella misura di Euro 2000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

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