Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 29003 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. II, 27/12/2011, (ud. 26/10/2011, dep. 27/12/2011), n.29003

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI STIGNANO ((OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, rappresentato e difeso, in forza di Delib. G.C. 28 gennaio

2009, n. 4 e di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato

CARNUCCIO Francesco, presso lo studio del quale in Roma, via

Ottaviano n. 32, è elettivamente domiciliato;

– ricorrente –

contro

T.N.I.;

– intimata –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Locri – Sezione

distaccata di Siderno n. 464/08, depositata in data 9 ottobre 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26

ottobre 2011 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza numero 464 del 2008 il Tribunale di Locri, Sezione distaccata di Siderno, respingendo l’appello del Comune di Stignano avverso la sentenza di primo grado, emessa dal Giudice di pace di Stilo, con la quale era stata accolta l’opposizione proposta da T.N.I. avverso il verbale di accertamento di violazione dell’art. 142 C.d.S., rilevata nel 2005 mediante apparecchiatura Velomatic 512, direttamente gestita dalla polizia municipale, ha statuito la illegittimità del verbale per tre ragioni: difetto della contestazione immediata pur essendo stato l’accertamento eseguito su tratto di strada statale non incluso nel decreto prefettizio emesso ai sensi del D.L. n. 121 del 2002, art. 4;

omessa produzione del certificato di omologazione dell’apparecchiatura Velomatic 512 matr. 1590 utilizzata per l’accertamento, che doveva quindi ritenersi inidonea; incompetenza della polizia municipale, essendo il tratto di strada ove era stata accertata la violazione di proprietà della Provincia di Reggio Calabria e dell’Anas.

Il Comune ha impugnato la sentenza del Tribunale con ricorso per cassazione articolato su cinque motivi; l’intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione in forma semplificata.

Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto, il Comune ricorrente critica la tesi del giudice d’appello secondo cui, pur essendo nel verbale indicata la ragione di impossibilità della contestazione immediata prevista all’art. 201 C.d.S., comma 1 bis, lett. e), (“accertamento della violazione per i mezzo di appositi apparecchi di rilevamento direttamente gestiti dagli organi di polizia stradale e nella loro disponibilità che consentono la determinazione dell’illecito in tempo successivo poichè il veicolo oggetto del rilievo è a distanza dal posto di accertamento o comunque nell’impossibilità di essere fermato in tempo utile o nei modi regolamentari”), tuttavia l’utilizzo di apparecchiature elettroniche per l’accertamento della violazione dell’art. 142 C.d.S., sarebbe consentito soltanto nei tratti stradali inseriti in decreti prefettizi ai sensi del citato D.L. n. 121 del 2002, art. 4.

Con il secondo motivo di ricorso, denunciando nuovamente violazione di norme di diritto, il Comune sostiene che non sia necessaria la contestazione immediata nell’ipotesi di cui alla lett. e) del comma 1 bis, art. 201 C.d.S..

Il primo e il secondo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente perchè connessi, sono fondati.

La tesi del Giudice di pace, confermata dal Tribunale, è infatti smentita dal rilievo che l’accertamento eseguito ai sensi del D.L. n. 121 del 2002, art. 4, è invece oggetto di espressa, distinta previsione alla lett. f), art. 201 C.d.S., comma 1 bis, e che la distinzione tra le due ipotesi di cui, rispettivamente, alle lett. e) ed f) del comma in questione, consiste in ciò che nella prima l’apparecchiatura utilizzata per l’accertamento è – a differenza che nella seconda ipotesi – direttamente gestita dall’organo di polizia operante. In sostanza, l’inserimento del tratto stradale in un decreto prefettizio ai sensi del citato art. 4 è condizione di legittimità dell’utilizzo delle sole apparecchiature di rilevamento “a distanza” delle infrazioni (D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 1), non anche di quelle “direttamente gestite”, come nella specie, dagli organi di polizia (sulla legittimità dell’utilizzo di siffatte apparecchiature sottratti stradali non compresi in decreti prefettizi, vedi Cass. nn. 376 e 17905 del 2008).

Con il terzo motivo di ricorso, sempre denunciando violazione di norme di diritto, il Comune rileva che l’omologazione si riferisce al tipo di apparecchiatura destinata all’accertamento delle infrazioni stradali, non a ciascun esemplare di esse, per cui la certificazione richiesta dal Tribunale non era necessaria.

Il motivo è fondato per l’assorbente considerazione che, come questa Corte ha già avuto plurime occasioni di osservare, la necessità di omologazione delle apparecchiature di rilevazione automatica della velocità, ai fini della validità del relativo accertamento, va riferita al singolo modello e non al singolo esemplare, come si desume sul piano logico e letterale del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 345, comma 2, come modificato dal D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610, art. 197, secondo cui non ciascun esemplare ma le singole apparecchiature devono essere approvate dal ministero dei lavori pubblici (Cass. n. 29333 del 2008, ed ivi ulteriori riferimenti).

Il quarto motivo, con il quale il comune ricorrente denuncia vizio di motivazione osservando che l’efficienza dell’apparecchiatura doveva presumersi sino alla prova, da fornirsi da parte dell’opponente, del difetto di costruzione, installazione o funzionamento, è assorbito dall’accoglimento del terzo motivo.

Con il quinto motivo il Comune deduce violazione dell’art. 12 C.d.S., comma 1, lett. e), della L. 7 marzo 1986, n. 65, art. 5 e della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 13. Poichè l’accertamento della violazione, come emergeva dalla stessa sentenza impugnata, era avvenuto nel tratto della SS n. (OMISSIS) ricadente nel territorio del Comune di Stignano, sussisteva la competenza della polizia municipale. In proposito, il ricorrente formula il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte Suprema di Cassazione che gli agenti di polizia municipale, in quanto organi di polizia giudiziaria con competenza estesa all’intero territorio comunale, hanno il potere di accertare le violazioni in materia di circolazione stradale punite con sanzioni amministrative pecuniarie in tutto tale territorio”.

Il motivo di ricorso è fondato.

Come questa Corte ha avuto più volte occasione di affermare, “gli agenti e gli ufficiali di polizia municipale, in conformità alla regola generale stabilita dalla L. n. 689 del 1981, art. 13, in tema di accertamento delle sanzioni amministrative pecuniarie, in quanto organi di polizia giudiziaria con competenza estesa su tutto il territorio comunale, hanno il potere di accertare le violazioni in materia di circolazione stradale punite con sanzioni amministrative pecuniarie in tutto tale territorio, senza che detto potere risulti da alcuna norma condizionato a singoli atti di investitura, sia all’interno che fuori dei centri abitati. Gli accertamenti delle violazioni del codice della strada compiuti in tale territorio dagli agenti e ufficiali di polizia municipale debbono ritenersi per ciò stesso legittimi sotto il profilo della competenza dell’organo accer- tatore, restando l’organizzazione, la direzione e il coordinamento del servizio elementi esterni all’accertamento, ininfluenti su detta competenza” (Cass., n. 22366 del 2006).

In conclusione, il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.

Non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’opposizione originaria.

Parte opponente, in applicazione del principio della soccombenza, deve essere condannata al pagamento, in favore del Comune, delle spese dell’intero giudizio, liquidate come da dispositivo quanto ai tre gradi di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria opposizione. Condanna l’opponente al pagamento delle spese dell’intero giudizio, che liquida, quanto al giudizio di primo grado, in Euro 450,00 di cui Euro 50,00 per spese, Euro 150,00 per diritti ed Euro 250,00 per onorari; per il giudizio di appello, in Euro 550,00 di cui Euro 50,00 per spese, Euro 100,00 per diritti ed Euro 400,00 per onorari; per il giudizio di legittimità, in Euro 600,00 di cui Euro 400,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge per tutti i gradi del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 26 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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