Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 290 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 290 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 21526-2010 proposto da:
AGENZIA ANSA – AGENZIA NAZIONALE STAMPA ASSOCIATA
SOCIETA’ COOPERATIVA 00876481003, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo
studio dell’avvocato MORRICO ENZO, che la rappresenta
2013

e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

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contro

DI FRISCHIA FRANCESCO DFRFNC68001H501R, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo

Data pubblicazione: 09/01/2014

studio dell’avvocato FIORE IGNAZIO, che lo rappresenta
e difende unitamente all’avvocato VACIRCA SERGIO,
giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 7519/2008 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/10/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato COSENTINO VALERIA per delega MORRICO
ENZO;
udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale DOTT. SERVELLO GIANFRANCO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

di ROMA, depositata il 15/09/2009 R.G.N. 1127/2005;

Svolgimento del processo
Francesco Di Frischia
ingiungere all’ANSA

chiedeva al Tribunale di Roma di
il pagamento di crediti a suo awiso

conseguenti l’intercorso rapporto di lavoro con la detta società
per due anni circa.
Il Tribunale di Roma emetteva il decreto ingiuntivo n.2189\2002,
con il quale ingiungeva all’ANSA il pagamento di E.75.429,06,

del diritto.
Proponeva opposizione l’ANSA, eccependo in via preliminare
l’intervenuta prescrizione quinquennale e nel merito sostenendo:
di avere intrattenuto con il Di Frischia un rapporto di lavoro
subordinato ai sensi dell’art. 2 del c.c.n.l.g. in qualità di
collaboratore fisso; di avere pattuito con il Di Frischia un
compenso fisso (L.1.921.674) per un numero di collaborazioni
mensili pari a 24, assumendo l’impegno a retribuire le
collaborazioni eccedenti le 24 mensili; di avere regolarmente
compensato 24 collaborazioni mensili e di non dovere perciò
compensare ulteriormente l’attività svolta.
Il Tribunale accoglieva l’opposizione, revocando il decreto
ingiuntivo opposto.
Proponeva appello il Di Frischia. Resisteva l’ANSA.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 15
settembre 2009, accoglieva il gravame e per l’effetto, in riforma
della sentenza impugnata, rigettava l’opposizione awerso il
decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Roma, condannando
l’ANSA al pagamento delle spese del doppio grado.
Riteneva in sostanza che il compenso per il collaboratore fisso,
come evincibile dal c.c.n.l.g. e dal contratto individuale, era
connesso non al numero di collaborazioni intese come giornate
lavorative, bensì ai “pezzi” giornalistici o articoli prodotti.
Accertava infine l’insussistenza del l’eccepita prescrizione
estintiva, valutati gli atti interruttivi prodotti.

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oltre rivalutazione ed interessi legali decorrenti dalla maturazione

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l’ANSA,
affidato a due motivi, poi illustrati con memoria.
Resiste il Di Frischia con controricorso.
Motivi della decisione
1.-Con i due motivi di censura il ricorrente denuncia la violazione
e falsa applicazione dell’art. 2 del c.c.n.l.g. Lamenta che il giudice
di appello fornì una interpretazione del termine “collaborazione”
menzionato art. 2. Lamenta infatti che dal tenore letterale dei
contratti individuali stipulati tra le parti, prevedenti “la fornitura di
notizie e servizi riguardanti il settore della cronaca bianca”, il
termine ‘collaborazione’ non poteva che intendersi come
comprensivo di tutta l’attività giornaliera svolta dal collaboratore,
indipendentemente dal numero di ‘pezzi’ prodotti e pubblicati.
Risultava decisivo, alla luce dei canoni di ermeneutica
contrattuale, l’uso del termine collaborazione nei contratti (che
indica una attività e non un risultato); la quantificazione mensile
della retribuzione, che di fatto venne sempre corrisposta
indipendentemente dal numero degli articoli realizzati.
Lamenta inoltre che la pacifica natura subordinata del rapporto di
lavoro del collaboratore fisso escludeva che i compensi potessero
essere pattuiti in funzione di ogni singolo articolo, in tal caso
versandosi in ipotesi di rapporto di lavoro giornalistico autonomo,
considerando peraltro che per costante giurisprudenza il
collaboratore fisso non è tenuto ad una attività giornalistica
quotidiana, come il redattore, svolgendo piuttosto prestazioni non
occasionali rivolte ad esigenze informative di un determinato
settore della vita sociale ed assumendo la responsabilità di un
servizio, tenendosi a disposizione tra una prestazione e l’altra per
le varie esigenze redazionali.
Evidenzia pertanto che col Di Frischia venne pattuito un rapporto
di lavoro subordinato e non la semplice fornitura di un
determinato numero di articoli.
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estranea alla natura del rapporto di collaborazione fissa di cui al

Lamenta infine che la Corte di merito, identificando la
collaborazione con il singolo articolo giornalistico, attribuì al
ricorrente un trattamento economico moltiplicando il numero dei
‘pezzi’ giornalistici prodotti per l’importo del minimo tabellare a
sua volta diviso per otto, laddove il numero delle collaborazioni,
in base all’art. 2 del c.c.n.l.g. è solo uno dei parametri di
riferimento, unitamente all’impegno di frequenza della

trattate.
2. I motivi, che per la loro connessione possono essere
congiuntamente esaminati, sono infondati.
L’art. 2 del c.c.n.l.g. applicabile nella specie stabilisce che sono
collaboratori fissi “i giornalisti addetti ai quotidiani, alle agenzie di
informazioni quotidiane per la stampa, ai periodici, alle emittenti
radiotelevisive private e agli uffici stampa comunque collegati ad
aziende editoriali, che non diano opera giornalistica quotidiana
purché, sussistano

continuità di prestazione, vincolo di

dipendenza e responsabilità di un servizio. Agli effetti di cui al
comma precedente sussiste continuità di prestazione allorquando
il collaboratore fisso, pur non dando opera quotidiana, assicuri, in
conformità del mandato, una prestazione non occasionale, rivolta
a soddisfare le esigenze formative o informative riguardanti uno
specifico settore di sua competenza; vincolo di dipendenza
allorquando

l’impegno del collaboratore fisso di porre a

disposizione la propria opera

non venga meno tra una

prestazione e l’altra in relazione agli obblighi degli orari, legati
alla specifica prestazione e alle esigenze di produzione, e di
circostanza derivanti dal mandato conferitogli; responsabilità di
un servizio allorquando al predetto collaboratore fisso sia affidato
l’impegno di redigere normalmente e con carattere di continuità
articoli su specifici argomenti o compilare rubriche…”
“Il collaboratore fisso ha diritto ad una retribuzione mensile
proporzionata all’impegno di frequenza della collaborazione ed

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collaborazione ed alla natura ed importanza delle materie

alla natura ed importanza delle materie trattate ed al numero
mensile delle collaborazioni. Tale retribuzione ivi comprese in
quanto di ragione le quote di tutti gli elementi costitutivi della
retribuzione medesima non potrà comunque essere inferiore a
quella fissata nella tabella allegata al presente contratto
rispettivamente per almeno 4 o 8 collaborazioni al mese.
Limitatamente ai collaboratori fissi addetti ai periodici nella
retribuzione minima per almeno 2 collaborazioni al mese”.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa S.C., non v’è
dubbio che deve ritenersi collaboratore fisso colui che mette a
disposizione le proprie energie lavorative per fornire con
continuità ai lettori della testata un flusso di notizie in una
specifica e predeterminata area dell’informazione, attraverso la
redazione sistematica di articoli o con la tenuta di rubriche, con
conseguente affidamento dell’impresa giornalistica, che si
assicura così la copertura di detta area informativa, contando per
il perseguimento degli obiettivi editoriali sulla disponibilità del
lavoratore anche nell’intervallo tra una prestazione e l’altra.
Pertanto il collaboratore fisso assicura un contributo
professionale ed una continuità di rapporto che lo rendono
organizzabile in modo strutturale dalla Direzione, in relazione ai
requisiti

contrattualmente

previsti

della

“prestazione

continuativa”, della “responsabilità di un servizio” e del “vincolo
di dipendenza” (ex allls, Cass. n. 16543\04; Cass. 4797\04;
Cass. n. 833\01).
Non v’è dubbio pertanto che la fornitura, con continuità, ai lettori
della testata di un flusso di notizie in una specifica e
predeterminata area dell’informazione

avvenga attraverso la

redazione sistematica di articoli o con la tenuta di rubriche, tanto
che la retribuzione contrattuale collettiva è (anche) collegata al
numero di collaborazioni mensili, che non possono non
identificarsi con questi ultimi (articoli o rubriche), non potendo
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tabella allegata al presente contratto è fissata anche la

evidentemente coincidere,

pena l’inutilità della norma

contrattuale collettiva, con l’impegno della collaborazione e la
natura ed importanza delle materie trattate. Ciò anche per la
considerazione che qualora, come nella specie, il numero di
collaborazioni sia pari al numero di giornate di lavoro mensili,
verrebbe meno il requisito della continuità per subentrarvi quello
della quotidianità, tipica invece del redattore ordinario, il cui
c.c.n.l.g.).
Né a tale esegesi contrattuale osta l’osservazione della ricorrente
secondo cui, qualora per “collaborazione” dovesse intendersi il
singolo articolo o rubrica prodotti dal collaboratore ci si
troverebbe dinanzi non ad un rapporto di lavoro subordinato,
qual’è, pacificamente (cfr.per tutte Cass. n.6512\90) quello del
collaboratore fisso ex art. 2 del c.c.n.l.g., ma di fronte ad un
rapporto di lavoro autonomo, che solo consentirebbe di
compensare il prestatore ad opus, in funzione cioè di ogni singolo
articolo.
Ed invero questa S.C. ha più volte affermato, proprio in materia
di lavoro giornalistico (Cass. n. 17412 del 2012; Cass. n. 8068
del 2009), che la subordinazione non è esclusa dal fatto che il
prestatore goda di una certa libertà di movimento e non sia
obbligato al rispetto di un orario predeterminato o alla quotidiana
permanenza sul luogo di lavoro, non essendo neanche
incompatibile con il suddetto vincolo la commisurazione della
retribuzione a singole prestazioni, essendo invece determinante
che il giornalista si sia tenuto stabilmente a disposizione
dell’editore.
Osserva inoltre la Corte che laddove la prestazione effettuata si
discosti notevolmente, anche per l’elevato numero di articoli o
rubriche prodotti e pubblicati, da quella pattuita, il giudice di
merito ben può provvedere all’adeguamento della retribuzione
ex art 36 e 2099, comma 2, c.c., esplicitamente invocati dal
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orario di lavoro è distribuito su cinque giorni alla settimana (art. 7

ricorrente in primo grado (pag. 2 sentenza impugnata), cfr. Cass.
n. 8260\95, Cass. n. 11881\90.
In altri termini il compenso del collaboratore fisso deve
quantificarsi tenendo conto dei parametri indicati nell’art. 2 del
c.c.n.l.g. e cioè l’importanza delle materie trattate, il tipo, la
qualità e quantità delle collaborazioni nel senso sopra esposto.
Inoltre, fornendo le disposizioni contrattuali la soglia minima

di apprezzamento discrezionale del giudice di merito individuare
un logico criterio per il compenso di un numero maggiore di
collaborazioni, tenendo conto di tutti i parametri sopra evidenziati
(Cass. 19 agosto 2011 n. 17403).
Potrebbe pertanto effettivamente risultare violato, nel quomodo,
il canone di proporzionalità e di equa determinazione della
retribuzione laddove si provvedesse a tale adeguamento
dividendo semplicemente il compenso pattuito per le
collaborazioni previste, moltiplicandolo quindi per tutti gli articoli
o pezzi giornalistici prodotti, senza congruamente accertare
l’impegno di frequenza richiesto e la natura ed importanza delle
materie trattate che parimenti contribuiscono, in base al c.cn.l.g.
(art. 2, comma 4), a quantificare la retribuzione dovuta.
Il medesimo principio imponeva tuttavia anche alla ricorrente di
specificare le ragioni per cui l’impegno richiesto o di fatto reso
dal collaboratore fosse tale da giustificare una remunerazione
inferiore a quella determinata dalla Corte di merito, laddove la
società ha anzi evidenziato che al Di Frischia venne richiesto un
impegno per 24 giornate lavorative al mese (sostanzialmente
analogo, come sopra visto, a quello del redattore ordinario),
tanto meno specificando la natura ed importanza delle materie
trattate, non fornendo così alla Corte elementi per ritenere
eccessiva la quantificazione operata dalla Corte di merito.
Il ricorso deve pertanto rigettarsi.

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relativa a collaborazioni di 4 o 8 pezzi al mese, rientra nei poteri

Le alterne fasi del giudizio di merito consigliano la
compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’8 ottobre

2013

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