Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28998 del 12/11/2018

Cassazione civile sez. I, 12/11/2018, (ud. 09/10/2018, dep. 12/11/2018), n.28998

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29867/2017 proposto da:

G.N.F., elettivamente domiciliata in Roma, Via F.

Confalonieri n. 5, presso lo studio dell’avvocato Manzi Andrea che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Spillare Carlo,

giusta procura a margine dell’atto di costituzione;

– ricorrente –

contro

K.B.C.;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositato il

09/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/10/2018 dal cons. IOFRIDA GIULIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Venezia, con decreto n. 6301/2017, pronunciato in un giudizio instaurato, nel 2013, in primo grado, da K.B.C. nei confronti di G.N.F., dinanzi al Tribunale di Vicenza, post Novella 2012, ex art. 337 bis c.c. e ss., ai fini della modifica di un pregresso provvedimento, adottato, nel 2010, dal Tribunale per i minorenni, di affidamento esclusivo alla madre del loro figlio minore, N., nato nell’agosto 2009, fuori dal matrimonio, con modalità di visita da parte del padre da concordare con la madre, – ha parzialmente riformato la decisione assunta in primo grado.

Il Tribunale adito, nell’ottobre 2016, aveva disposto, in via definitiva, l’affidamento del minore ai Servizi Sociali, con collocamento dello stesso in una famiglia.

In particolare, la Corte distrettuale, pronunciando sul reclamo e sull’appello proposti dalla G.N. avverso il medesimo decreto del Tribunale di Vicenza dell’ottobre 2016, riuniti i distinti procedimenti, – considerati, all’esito di un periodo di verifica con collocamento semestrale del minore presso una struttura pubblica, sia la carenza di prova circa gli abusi sessuali compiuti dal padre ai danni del figlio, sia il profilo psicologico della madre, come emerso in una consulenza tecnica d’ufficio, sia gli esiti delle osservazioni del rapporto del minore con il padre, – ha confermato l’affidamento del minore ai Servizi Sociali, ma con collocamento dello stesso presso l’abitazione della madre ed ha disposto un progressivo incremento del diritto di visita del padre, secondo un calendario da predisporsi dai Servizi Sociali, con pernottamento del minore presso il padre ed introduzione di periodi alternati tra i genitori di permanenza del minore in occasione delle festività.

Avverso il suddetto decreto, la G.N. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti di K.B.C. (che non svolge attività difensiva).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con i primi due motivi, sia l’omesso esame ex art. 360 c.p.c., n. 5, di fatto decisivo per il giudizio sia la nullità della sentenza, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per omessa motivazione, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’attuale idoneità del padre ad accogliere il minore presso di sè per lunghi periodi, secondo la regola della libertà di visita del padre e della progressiva implementazione degli incontri tra padre e figlio, avendo la Corte distrettuale, da un lato, non correttamente esaminato il materiale istruttorio dal quale emergevano difficoltà emotive ed affettive del K. e, dall’altro lato, omesso di disciplinare nel dettaglio le visite del padre, rimettendo la predisposizione del relativo calendario ai Servizi Sociali; con il terzo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 184 del 1983, art. 4 commi 3 e 4, avendo la Corte confermato l’affidamento del minore ai Servizi Sociali senza determinare le modalità e la durata dell’incarico.

2. Preliminarmente, è rimasta una mera asserzione l’affermazione, presente nella narrativa dei fatti del ricorso, in ordine alla partecipazione di un componente del Collegio, Dr. L., al giudizio di primo grado, in violazione dell’obbligo di astensione ex art. 51 c.p.c..

3. Sempre preliminarmente il ricorso per cassazione è ammissibile, alla luce dell’orientamento nettamente prevalente di questa sezione così sintetizzato nella massima che segue: “Il decreto della corte di appello, contenente provvedimenti in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio e le disposizioni relative al loro mantenimento, è ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., poichè già nel vigore della L. 8 febbraio 2006, n. 54 – che tendeva ad assimilare la posizione dei figli di genitori non coniugati a quella dei figli nati nel matrimonio – ed a maggior ragione dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 – che ha abolito ogni distinzione – al predetto decreto vanno riconosciuti i requisiti della decisorietà, in quanto risolve contrapposte pretese di diritto soggettivo, e di definitività, perchè ha un’efficacia assimilabile “rebus sic stantibus” a quella del giudicato” (Cass. 6132 del 2015 cui è seguita 18194 del 2015; Cass. n. 3192/2017).

L’affidamento di minori ai servizi sociali, all’interno del conflitto genitoriale non determina alcuna modificazione della qualificazione giuridica del provvedimento, nonostante il diverso arresto, del tutto isolato, alla luce delle pronunce più recenti, contenuto nella pronuncia n. 16227 del 2015. Peraltro deve evidenziarsi l’evoluzione dell’orientamento di questa sezione anche in ordine all’ammissibilità del ricorso per cassazione avverso provvedimenti aventi esclusivamente contenuto limitativo o di decadenza della responsabilità genitoriale (artt. 330 e 333 c.c.). Al riguardo deve ritenersi superato l’orientamento negativo (Cass. 15341 del 2012; 24477 del 2015) in favore dell’ammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost., anche per questa specifica tipologia di provvedimenti quando non interlocutori o aventi soltanto efficacia provvisoria ed endoprocessuale (Cass. 1743 e 1746 del 2016, in motivazione, e la più recente ed articolata pronuncia n. 23633 del 2016; conf. Cass. n. 12650/015).

4. Tanto premesso, il primo motivo è inammissibile, alla luce della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non vertendosi in ipotesi di omesso esame di un fatto storico oggetto di discussione tra le parti. La Corte d’appello risulta avere esaminato la consulenza tecnica d’ufficio espletata in giudizio e la relazione semestrale dei Servizi Sociali, durante il periodo di collocamento del minore presso una struttura pubblica, a fini di osservazione e verifica.

Il provvedimento definitivo della Corte d’appello, di collocamento del minore presso la madre, fermo l’affidamento familiare ai Servizi Sociali, ha la evidente finalità di precostituire, se possibile, le condizioni per il ripristino di una condivisa bigenitorialità tutelando da subito nel modo più penetrante il minore. Di qui le varie disposizioni intese nell’immediatezza ad attribuire ai Servizi sociali un ruolo di supplenza e di garanzia e intese a far iniziare ai genitori un percorso terapeutico finalizzato al superamento del conflitto e alla corretta instaurazione di una relazione basata sul rispetto reciproco nella relazione con il figlio.

4. Il secondo motivo è infondato, non vertendosi in ipotesi di motivazione del tutto omessa o carente.

5. Il terzo motivo è del pari infondato.

L’art. 337 ter c.c. (nell’ambito della nuova disciplina unitaria, successivamente alla Riforma 2012/2013, degli effetti della rottura della vita comune nei confronti dei figli), prevede la possibilità, nell’ambito dei provvedimenti che può adottare il Tribunale ordinario riguardanti i figli (nella specie, nati fuori del matrimonio), di un provvedimento di affidamento familiare, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori; all’attuazione del provvedimento, anche d’ufficio, provvederà il giudice tutelare, cui copia del provvedimento sarà trasmessa a cura del pubblico ministero.

La ricorrente fa invece riferimento alla L. n. 184 del 1983, art. 4, commi 3 e 4, che disciplina l’affidamento familiare del minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, una misura di assistenza alla famiglia che si trovi nella temporanea difficoltà di provvedere ai propri figli; in tale ipotesi, nel provvedimento del tribunale per i minorenni, ove manchi il consenso dei genitori o del tutore, deve essere indicata la presumibile durata dell’affidamento, che tuttavia non può superare i 24 mesi e che è prorogabile solo se la sospensione può recare pregiudizio al minore, le modalità di esercizio dei poteri degli affidatari, i modi in cui i genitori e gli altri familiari possono mantenere i rapporti con i minori.

Ora, nella specie, la Corte distrettuale ha previsto che il Servizio Sociale competente (che già aveva seguito il minore) debba offrire un percorso di sostegno alla genitorialità alle parti ed una terapia psicologica individuale ai due genitori, fermi gli interventi già adottati a tutela del minore e la collocazione del minore presso la madre.

La frequentazione dei genitori (ed in particolare del padre) da parte del figlio è stata regolata, prevedendosi, secondo un calendario che sarà predisposto dai Servizi Sociali, un graduale allargamento dei tempi di permanenza (anche di pernottamento) presso il padre, in considerazione dell’età e dei migliorati rapporti con il figlio, salva l’introduzione di periodi alternati tra i genitori di permanenza del minore con ciascuno di loro durante i periodi festivi. In tale tipo di provvedimento, deve ritenersi meramente conseguente l’obbligo per il servizio sociale di seguire costantemente l’andamento delle relazioni familiari, segnalando tempestivamente alla Procura della Repubblica ogni comportamento nocivo per i minori o, comunque, inadempiente rispetto alle prescrizioni del Tribunale, nonchè la necessità di eventuali provvedimenti ulteriormente restrittivi della responsabilità genitoriale; il Servizio Sociale ha inoltre il dovere di segnalare alle parti la eventuale proficua conclusione degli interventi messi in campo e quindi la possibilità di ripristinare l’affidamento genitoriale, cosicchè le stesse si facciano promotrici di un eventuale procedimento di modifica presso il Tribunale ordinario.

Il provvedimento risulta pertanto sufficientemente dettagliato e corretto.

6. Per il resto, i motivi si risolvono nella richiesta di una diversa valutazione degli elementi istruttori in base ai quali la Corte territoriale è pervenuta alla decisione e dunque pretendono un apprezzamento di fatto, che è tipicamente riservato al giudice del merito e non può formare oggetto di sindacato nella presente sede di legittimità.

7. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto che il processo risulta esente.

Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2018

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