Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28997 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 27/12/2011, (ud. 01/12/2011, dep. 27/12/2011), n.28997

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI, 110, presso lo studio dell’avvocato MARANDO FRANCESCA,

rappresentata e difesa dall’avvocato MIGLIACCIO BENINO, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7228/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 30/12/2006 R.G.N. 4621/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2011 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito l’Avvocato ZUCCHINALI PAOLO per delega FIORILLO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ROMANO Giulio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La sentenza attualmente impugnata respinge l’appello di Poste Italiane s.p.a., avverso la sentenza del Tribunale di Napoli, dichiarativa della nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra le parti nel periodo 25 marzo- 30 giugno 2000 e della sussistenza del diritto di S.R. a riprendere il posto di lavoro precedentemente occupato, con condanna della datrice di lavoro al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese di lite.

La Corte d’appello di Napoli, per quel che qui interessa, precisa che:

a) quanto alla causale del contratto, la S. risulta essere stata assunta con contratto a termine nel suindicato periodo per esigenze occupazionali conseguenti alla fase di ristrutturazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane;

b) essendo stato il contratto stipulato dopo il limite temporale entro il quale gli accordi collettivi hanno circoscritto l’assunzione a termine per la suindicata causale, si deve integralmente confermare la sentenza di primo grado, atteso che la società non ha riproposto la specifica censura riguardante la costituzione in mora.

2 – Il ricorso di Poste Italiane s.p.a. domanda la cassazione della sentenza per tre motivi; resiste, con controricorso, peraltro tardivo, S.R..

La ricorrente deposita anche memoria ex art. 378 cod. proc. civ.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha raccomandato l’adozione di una motivazione semplificata. 1 – Profili preliminari.

1- Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità del controricorso perchè, perchè notificato oltre il termine fissato dall’art. 370 cod. proc. civ..

A ciò consegue che non può tenersi conto del controricorso medesimo, ma ciò non incide sulla validità ed efficacia della procura speciale rilasciata a margine di esso dal resistente al difensore, che può partecipare in base alla stessa alla discussione orale, con la conseguenza che, in caso di rigetto del ricorso, dal rimborso delle spese del giudizio per cassazione sopportate dal resistente vanno escluse le spese e gli onorari relativi al controricorso, mentre tale rimborso spetta limitatamente alle spese per il rilascio della procura ed all’onorario per lo studio della controversia e per la discussione (vedi, per tutte: Cass. 13 maggio 2010, n. 11619; Cass. 27 maggio 2005, n. 11275; Cass. 19 gennaio 2006, n. 1016).

2. – Sintesi dei motivi.

2- Con il primo motivo di ricorso, illustrato da quesito di diritto, si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione: a) della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23; b) dell’art. 8 c.c.n.l, 26 novembre 1994, nonchè degli accordi sindacali del 25 settembre 1997, del 16 gennaio 1998, del 27 aprile 1998, del 2 luglio 1998, del 24 maggio 1999, del 18 gennaio 2001, in connessione con l’art. 1362 c.c. e segg..

Si contesta il punto della motivazione ove la Corte partenopea ha ritenuto di individuare nella data del 30 aprile 1998 il termine ultimo di validità ed efficacia temporale dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997.

3.- Con il secondo motivo di ricorso, conforme all’art. 366-bis c.p.c. (applicabile, nella specie, ratione temporis) si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Si sostiene che la sentenza impugnata non sarebbe adeguatamente motivata in ordine alla fonte di individuazione della volontà delle parti collettive di fissare la data del 30 aprile 1998 come termine finale di efficacia dell’accordo integrativo 25 settembre 1997.

4- Con il terzo motivo di ricorso, illustrato da quesito di diritto, si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riguardo agli artt. 1217 e 1213 cod. civ..

Si svolgono argomentazioni di merito agli elementi integrativi della costituzione in mora e alle relative conseguenze, muovendo dal presupposto dell’irrilevanza, a questi fini, dell’istanza per il tentativo obbligatorio di conciliazione, prodromica all’instaurazione del giudizio.

2 – Esame dei primi due motivi.

5.- I primi due motivi di ricorso – da esaminare congiuntamente, data la loro intima connessione – non sono fondati.

5.1.- In base all’indirizzo ormai consolidato in materia, dettato da questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al D.Lgs. n. 368 del 2001), sulla scia di Cass. SU. 2-3-2006 n. 4588, è stato precisato che l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 23 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato (v. Cass. 4-8-2008 n. 21063,v. anche Cass. 20-4-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n. 14011). Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato (v., fra le altre, Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).

In tale quadro, ove però un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive, la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23-8- 2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866).

In particolare, quindi, come questa Corte ha più volte affermato, in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l.

26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 (v., fra le altre, Cass. 1-10- 2007 n. 20608, Cass. 27-3-2008 n. 7979, Cass. 18378/2006 cit.).

In base al detto orientamento, ormai consolidato, deve quindi ritenersi illegittimo il termine apposto al contratto in esame per il solo fatto che lo stesso è stato stipulato dopo il 30 aprile 1998 ed è pertanto privo di presupposto normativo.

Ai suddetti principi si è conformata la Corte d’appello di Napoli e, pertanto, i primi due motivi di ricorso vanno respinti.

3 – Esame del terzo motivo.

6.- Anche il terzo motivo è da respingere.

Le relative argomentazioni, oltre a risultare generiche, non appaiono pertinenti rispetto alla fattispecie.

Infatti, pur avendo la Corte d’appello sottolineato di dover “integralmente confermare la sentenza di primo grado, atteso che la società non ha riproposto la specifica censura riguardante la costituzione in mora”, la ricorrente, in questa sede, non sviluppa argomenti volti a contestare tale statuizione, ma effettua un’enunciazione in astratto delle regole vigenti nella materia, senza enucleare il momento di conflitto rispetto ad esse del concreto accertamento operato dai giudici del merito e, sulla base di tale impostazione, formula il quesito illustrativo del motivo, negli stessi termini, inidonei a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie (v. Cass. SU. 30-10-2008 n. 26020; Cass. 7-4-2009 n. 8463; Cass. 4-1-2001 n. 80).

In questa situazione il suddetto motivo, riguardante le conseguenze economiche della nullità del termine, risulta inammissibile e ciò porta ad escludere che nel presente giudizio possa avere una qualche incidenza lo ius superveniens, rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5, 6 e 7 in vigore dal 24 novembre 2010.

Al riguardo, infatti, come questa Corte ha più volte affermato, in via di principio, costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27-2-2004 n. 4070).

In tale contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che investe, anche indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina sopravvenuta, oltre ad essere sussistente, sia altresì ammissibile secondo la disciplina sua propria (v. fra le altre Cass. 4-1-2011 n. 80 cit).

Orbene tale condizione non sussiste nella fattispecie.

4. – Conclusioni.

7.- In sintesi, il ricorso va respinto la società Poste italiane va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate nella misura indicata nel dispositivo, determinata tenendo conto anche della rilevata inammissibilità del controricorso (vedi sopra: punto 1).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 20,00 per esborsi, Euro 1500,00 per onorari di avvocato, oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 1 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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