Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28997 del 12/11/2018

Cassazione civile sez. I, 12/11/2018, (ud. 14/09/2018, dep. 12/11/2018), n.28997

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2392/2014 proposto da:

T.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via degli Scipioni n.

268/A, presso l’avvocato Petretti Alessio, che lo rappresenta e

difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A.A.V. Consorzio Artigiano Autotrasportatori Valtellinesi;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2251/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/09/2018 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

che:

T.A. ricorre per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Milano, in epigrafe indicata, con sei mezzi. L’intimato Consorzio Artigiano Autotrasporti Valtellinesi (di seguito il Consorzio) non ha svolto difese.

Con la decisione impugnata è stata respinto l’appello, proposta dallo stesso T., per nullità parziale del lodo arbitrale emesso il 17/09/2009 e depositato il 18/9/2009, con il quale era stata definita la controversia insorta tra il medesimo ed il Consorzio, con l’accoglimento parziale della domanda risarcitoria proposta dal T. a seguito della indebita espulsione dal Consorzio.

Il lodo era stato introdotto dal T. con atto in data 14/12/2007.

La Corte di appello di Milano, qualificato l’arbitrato come “rituale con decisione d’equità”, alla luce della clausola compromissoria inserita all’art. 42 dello Statuto che prevedeva “La risoluzione di qualsiasi controversia dovesse insorgere tra i consorziati sarà devoluta al giudizio del Collegio arbitrale che giudicherà in qualità di amichevoli compositori, senza le formalità di rito” ha rigettato l’appello.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 822 c.p.c..

A parere del ricorrente gli arbitri avevano deciso secondo diritto e non secondo equità, poichè non vi era alcuna espressione che riscontrasse la volontà delle parti in tal senso e la qualificazione del lodo formulata dalla Corte di appello era da ritenersi errata.

1.2. Il motivo è inammissibile, oltre che infondato.

L’art. 822 c.p.c., prevede “Gli arbitri decidono secondo le norme di diritto, salvo che le parti li abbiano autorizzati con qualsiasi espressione a pronunciare secondo equità”.

Nel caso di specie, come rimarcato dalla Corte di appello, la clausola rimetteva la decisione agli arbitri in qualità di “amichevoli compositori, senza le formalità di rito” e da ciò ha tratto la conclusione che si trattava di un lodo secondo equità: il ricorrente trascura la specifica previsione convenzionale della clausola e, senza soffermarsi sulla ratio decidendi, immotivatamente sostiene il contrario; inoltre indugia sulle differenze tra arbitrato rituale ed irrituale con argomenti che non pertengono alla questione delle norme applicabili per la deliberazione arbitrale.

2.1. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 829 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 9, con riferimento alla determinazione da parte degli arbitri del periodo indennizzabile.

A parere del T. la Corte di appello ha errato nel non riconoscere le dedotte nullità che ricorrerebbero perchè il Collegio arbitrale, nel determinare il periodo temporale in relazione al quale andava riconosciuto il risarcimento del danno, aveva tenuto conto della Delib. Consorzio 4 settembre 2002, con la quale il T. era stato reintegrato nella qualità di socio, data nella quale era stato disposto anche lo scioglimento del Consorzio stesso, circoscrivendo erroneamente entro tale data il diritto risarcitorio del ricorrente, e ciò nonostante tale termine non avesse costituito oggetto di domande o eccezioni da parte del Consorzio.

2.2. Con il terzo motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. Il ricorrente lamenta che la Corte di appello non abbia preso in considerazione rilevanti circostanze concernenti i rapporti tra il T. ed il Consorzio ed abbia affermato che la determinazione del danno da parte degli arbitri – nello specifico effettuata con riferimento ai parametri temporali dagli stessi esplicati – è una questione di fatto espressione diretta del potere loro conferito di decidere la controversia.

2.4. I motivi possono essere trattati congiuntamente perchè afferiscono alla medesima statuizione concernente la conferma della decisione arbitrale che ha delimitato il periodo temporale entro il quale è stato riconosciuto il diritto del T. al risarcimento.

Entrambi vanno rigettati.

2.5. Giova ricordare, quanto alle disposizioni dell’art. 829 c.p.c., invocate, che il n. 4 sancisce la nullità “se il lodo ha pronunciato fuori dei limiti della convenzione d’arbitrato, ferma la disposizione dell’art. 817, comma 4, o ha deciso il merito della controversia in ogni altro caso in cui il merito non poteva essere deciso”, il n. 9 sancisce la nullità “9) se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio;”.

2.6. In diritto, preliminarmente, è opportuno ribadire il principio secondo cui, al fine di verificare se la sentenza della Corte di appello sia affetta da violazioni di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3 (entro i cui confini è circoscritta la nullità del lodo arbitrale per inosservanza delle regole in iudicando) e adeguatamente motivata in relazione ai motivi di impugnazione del lodo, la Cassazione non può apprezzare direttamente il lodo arbitrale, ma solo la decisione emessa dalla Corte di appello. Infatti, il sindacato di legittimità va condotto esclusivamente attraverso il riscontro della conformità a legge e della logicità della motivazione della sentenza che ha deciso sull’impugnazione del lodo, e non può riguardare il convincimento espresso dalla Corte del merito sulla correttezza e congruità della ricostruzione dei fatti e della valutazione degli elementi istruttori operata dagli arbitri (v., tra le tante, Cass. n. 19324/2014, n. 15086/2012; n. 2201, n. 6028 e n. 6986 del 2007, quest’ultima nel senso che la Cassazione non può sindacare la soluzione delle questioni di merito da parte del giudice della impugnazione del lodo).

Ulteriore principio da ribadire è quello secondo cui la denuncia di nullità del lodo arbitrale, in quanto ancorata agli elementi accertati dagli arbitri, postula l’allegazione esplicita dell’erroneità del canone di diritto applicato rispetto a detti elementi e non è, pertanto, proponibile in collegamento con la mera deduzione di lacune d’indagine e di motivazione, che potrebbero evidenziare l’inosservanza di legge solo all’esito del riscontro dell’omesso o inadeguato esame di circostanze di carattere decisivo (v. Cass. n. 19324/2014, n. 7259/2004, n. 5633/1999).

Infine, tenuto conto della doglianza per vizio motivazionale va confermato che “In tema di impugnazione del lodo arbitrale, il difetto di motivazione, quale vizio riconducibile all’art. 829 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 823 c.p.c., n. 3, è ravvisabile soltanto nell’ipotesi in cui la motivazione del lodo manchi del tutto ovvero sia a tal punto carente da non consentire l’individuazione della “ratio” della decisione adottata o, in altre parole, da denotare un “iter” argomentativo assolutamente inaccettabile sul piano dialettico, sì da risolversi in una non-motivazione” (Cass. 12321 del 18/05/2018).

2.7. Ciò posto, la denunciata violazione di legge risulta infondata perchè – come esattamente ritenuto dalla Corte di appello – involge la valutazione di merito compiuta dagli arbitri e non i limiti della clausola compromissoria, nell’ambito della quale certamente rientrava la domanda risarcitoria proposta dal T. che il Consorzio aveva contestato in toto, con richiesta subordinata di concreta determinazione, al più, per quanto di giustizia, senza che emerga nemmeno la violazione del principio del contraddittorio in ordine ai temi di causa.

2.8. Quanto al vizio motivazionale – in disparte dall’inammissibilità conseguente al fatto che non viene illustrato, con la dovuta specificità, in che termini le circostanze di cui si lamenta l’omesso esame, siano state sottoposte al giudice del gravame -, va osservato che il ricorrente non si è attenuto ai principi prima enunciati, giacchè non si evince nè dal ricorso, nè dalla sentenza impugnata che il ricorrente abbia impugnato il lodo arbitrale per difetto di motivazione, quale vizio riconducibile all’art. 829 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 823 c.p.c., n. 3 e la censura proposta appare come il tentativo di introdurre in questa sede temi di indagine ed elementi nuovi, che avrebbero dovuto essere introdotti dinanzi alla Corte di appello; di prospettare una rinnovata valutazione delle questioni di fatto in senso apoditticamente difforme da quella operata dal giudice del merito e, in definitiva, di trasformare il giudizio di legittimità in un ulteriore grado di merito di quel giudizio di impugnazione (Cass. n. 19324/2014).

3.1. Con il quarto motivo si denuncia la violazione dell’art. 829 c.p.c., comma 1, nn. 8 e 9, in relazione alla statuizione concernente la concreta liquidazione dell’ammontare del danno risarcibile.

3.2. Le disposizioni dell’art. 829 c.p.c., invocate prevedono la declaratoria di nullità “8) se il lodo è contrario ad altro precedente lodo non più impugnabile o a precedente sentenza passata in giudicato tra le parti purchè tale lodo o tale sentenza sia stata prodotta nel procedimento; 9) se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio”.

3.3. Il motivo è inammissibile perchè sostanzialmente critica la decisione assunta dagli arbitri, auspicando un diverso esito maggiormente favorevole al ricorrente.

Risulta peraltro un mero assunto l’esistenza di un giudicato vincolante sui criteri di determinazione del quantum, che confligge, peraltro, con il contrario accertamento, circa la non ricorrenza del giudicato, compiuto dalla Corte di appello con statuizione non impugnata.

4.1. Con il quinto motivo si denuncia la violazione dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 9, il cui tenore è stato prima ricordato.

Afferma il ricorrente che l’eccezione di violazione del principio del contraddittorio non riguardò l’iter giuridico dell’arbitrato, bensì la contraddittorietà della decisione del collegio arbitrale che, avendo scelto di non procedere a CTU e di avvalersi della perizia resa in altra causa, aveva poi derogato ai criteri di determinazione del risarcimento ed agli importi ivi definiti.

4.2. Il motivo è inammissibile poichè non risponde al vizio denunciato, come la stessa parte riconosce, laddove chiarisce di aver inteso riferirsi alla contraddittorietà della motivazione e non al contraddittorio processuale.

5.1. Con il sesto motivo si denuncia la nullità del procedimento per mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c. e si lamenta che la Corte di appello non si sia pronunciata su gravi circostanze denunciate dall’appellante, secondo il quale il Presidente del collegio arbitrale avrebbe quantificato il danno, concordandolo con altro arbitro, al di fuori del collegio arbitrale e in spregio del lodo pronunciato poche ore prima.

5.2. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, atteso che dalla lettura dello stesso motivo e dallo stralcio dell’atto di appello (riportato nelle sole conclusioni a fol. 13/15 del ricorso) non è possibile evincere se ed in che termini la questione fu posta all’attenzione della Corte di appello, atteso che non è nemmeno ricompresa nelle conclusioni e non emerge dalla sentenza impugnata.

6.1. In conclusione il ricorso va rigettato.

Non si provvede sulle spese del giudizio di legittimità, atteso il mancato svolgimento di attività difensive da parte dell’intimato.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2018

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