Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28993 del 12/11/2018

Cassazione civile sez. I, 12/11/2018, (ud. 17/07/2018, dep. 12/11/2018), n.28993

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27564/2013 proposto da:

D.P.A., elettivamente domiciliata in Roma, Via Angelico n.

62, presso lo studio dell’avvocato Cocco Gianluigi, rappresentata e

difesa dall’avvocato Anelli Edoardo N., giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

A.N.: quale curatore del Fallimento (OMISSIS) s.n.c.

nonchè dei soci illimitatamente responsabili D.P.A. e

B.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1367/2012 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 22/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/07/2018 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

che:

Il Tribunale di Lucca aveva dichiarato l’inefficacia R.D. 16 marzo 1942, n. 267, ex art. 64 (L. Fall.) del fondo patrimoniale costituito in data 09/05/2005 da B.S. e D.P.A., ritenuta la natura a titolo gratuito della costituzione del fondo, con condanna dei medesimi a restituire i frutti al fallimento della società (OMISSIS) SNC per il periodo corrente dalla sentenza di fallimento alla effettiva restituzione, oltre rivalutazione monetaria, e con condanna alla restituzione dei beni medesimi al fallimento ed alle spese.

La Corte di appello di Firenze, con la sentenza in epigrafe indicata, accoglieva in parte l’appello proposto da B. e D.P. e, confermando nel resto la pronuncia, in riforma della prima decisione, escludeva la condanna alla rivalutazione monetaria sulle somme dovute a titolo di frutti.

D.P.A. ricorre per cassazione con quattro motivi; il Fallimento è rimasto intimato.

Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 64, in combinato di disposto con l’art. 2901 c.c.; la ricorrente assume che l’atto costitutivo del fondo patrimoniale non poteva configurarsi come “a titolo gratuito” perchè non era connotato da spirito di liberalità, ma dall’interesse morale di vincolare i beni ai bisogni della famiglia. Dalla invocata esclusione della natura gratuita, la ricorrente fa discendere la necessità di verificare se coloro che avevano costituito il fondo erano o meno consapevoli del pregiudizio che arrecavano a terzi, che esclude.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., art. 64, in combinato disposto con gli artt. 143 -144 c.c. e L. Fall., art. 47, sulla considerazione che, anche ove ritenuto atto a titolo gratuito, il fondo era stato costituito in adempimento di un dovere morale ai sensi degli artt. 143 e 144 c.c., in ragione di obblighi che i coniugi in quanto genitori dovevano assolvere in via prioritaria.

1.3. I motivi primo e secondo possono essere trattati congiuntamente in quanto avvinti da connessione e vanno respinti perchè infondati.

Come questa Corte ha già avuto modo di chiarire “Il negozio costitutivo del fondo patrimoniale, anche quando proviene da entrambi i coniugi, è atto a titolo gratuito, senza che rilevino in contrario i doveri di solidarietà familiare che nascono dal matrimonio, posto che l’obbligo dei coniugi di contribuire ai bisogni della famiglia non comporta affatto per essi l’obbligo di costituire i propri beni in fondo patrimoniale, che ha essenza e finalità diverse ed ulteriori, consistenti non nel soddisfare i bisogni della famiglia, ma nel vincolare alcuni beni al soddisfacimento anche solo eventuale di tali bisogni, sottraendoli alla garanzia generica di tutti i creditori. Pertanto, in caso di fallimento di uno dei coniugi, il negozio costitutivo di fondo patrimoniale è suscettibile di revocatoria fallimentare a norma della L. Fall., art. 64, dovendosi del pari escludere che tale costituzione possa considerarsi di per sè, così ricadendo in una delle esenzioni previste dalla seconda parte della L. Fall., citato art. 64, come atto compiuto in adempimento di un dovere morale nei confronti dei componenti della famiglia, a meno che non si dimostri in concreto l’esistenza di una situazione tale da integrare, nella sua oggettività, gli estremi del dovere morale ed il proposito del “solvens” di adempiere unicamente a quel dovere mediante l’atto in questione.” (Cass. n. 18065 del 08/09/2004; cfr. anche Cass. n. 29298 del 06/12/2017).

Ne consegue che il solvens, laddove sostenga di avere costituito il fondo per assolvere ad un dovere morale ed il proposito di adempiere, in tal modo, unicamente a quel dovere, deve dimostrare in concreto l’esistenza di una situazione tale da integrare, nella sua oggettività la ricorrenza di tali ragioni: nel caso in esame, l’assunto, posto a base dei motivi, è meramente ipotetico ed assertivo e dal ricorso non risulta nemmeno che sia stato prospettato con riferimento a concrete evidenze nella fase di merito.

2.1. Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell’art. 163 c.p.c., n. 3 e art. 164 c.p.c., n. 4, per non essere stata rilevata dalla Corte di appello la nullità della citazione in primo grado e, conseguentemente, del procedimento e della sentenza di primo grado.

Si sostiene che la citazione della curatela in primo grado in merito alla restituzione dei frutti era da ritenersi nulla perchè omessa, o comunque, indeterminata.

2.2. Il motivo è inammissibile. La questione, dall’esame della sentenza, non risulta essere stata sottoposta quale motivo di impugnazione alla Corte di appello e il motivo non illustra con la dovuta specificità quando sia stata introdotta nel giudizio al fine di consentire il vaglio di tempestività.

3.1. Con il quarto motivo si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., lamentando che la Corte di appello ha deciso ultra petita rigettando il motivo di appello proposto con riferimento alla condanna alla restituzione dei frutti percepiti e percepiendi, sulla considerazione che l’obbligo di restituzione dei frutti segue sempre la revocatoria, non considerando che in quanto relativo al godimento rivolto alla soddisfazione dei bisogni della famiglia gli stessi erano protetti anche dalla L. Fall., art. 47.

Secondo la ricorrente la Corte di appello non ha spiegato le ragioni del rigetto del motivo di appello.

Ritiene inoltre che la Corte di appello abbia omesso di considerare che il motivo di appello riguardava la domanda come proposta dall’attore, cioè come danno ed indebito arricchimento, e non ciò che l’attore non aveva richiesto, mentre la Corte di appello aveva trattato i frutti in modo ampio secondo disposizioni del codice a cui la Curatela non aveva fatto riferimento.

3.2. Il motivo è infondato.

3.3. In disparte dal fatto che dall’atto di citazione, trascritto in ricorso (fol. 3), si evince che la richiesta di restituzione dei frutti era stata svolta “anche” a titolo di risarcimento danni, e che ciò non è incompatibile con una domanda svolta anche in relazione ad altro titolo, va osservato che la censura non coglie nel segno e non focalizza la effettiva ratio decidendi.

Infatti la Corte di appello ha escluso che la condanna prevista dal Tribunale alla restituzione dei frutti fosse a titolo di risarcimento danni, così interpretando la sentenza di primo grado, ed ha integrato in conseguenza la motivazione, di guisa che resta priva di rilievo l’interpretazione data dall’appellato fallimento in merito al carattere risarcitorio della condanna (come si evince dalla sentenza, fol. 4).

La censura per omessa pronuncia è infondata, ravvisandosi la pronuncia nella implicita reiezione della domanda per incompatibilità con la statuizione assunta.

Va peraltro osservato che il richiamo alla L. Fall., art. 47, che verte sul possibile riconoscimento di alimenti al fallito ed alla sua famiglia da parte del giudice delegato, non risulta pertinente al tema dell’inefficacia del fondo patrimoniale.

4.1. In conclusione il ricorso va rigettato.

L’assenza di attività difensive della parte rimasta intimata esonera dal provvedere sulle spese del giudizio.

Si dà atto – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2018

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