Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28988 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 27/12/2011, (ud. 01/12/2011, dep. 27/12/2011), n.28988

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 962/2008 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e difesa

dall’Avvocato MASCHERONI Emilio, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.F.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1866/2 006 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 29/12/2006 R.G.N. 1811/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l’Avvocato ZUCCHINALI PAOLO per delega MASCHERONI EMILIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ROMANO Giulio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La s.p.a. Poste Italiane ha proposto ricorso con nove motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro depositata il 29/12/2006 che ha confermato la sentenza dei Giudice del lavoro del Tribunale di Castrovillari n. 975/2005, con la quale è stata dichiarata la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato con A.F. per il periodo dal 24-7-2000 al 30/9/2000 per “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre”, con conseguente sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato, ed essa società è stata condannata a riammettere in servizio la lavoratrice e a pagarle le retribuzioni maturate a decorrere dal 4-2-2005 (data della messa in mora ravvisata nella notifica del ricorso di primo grado).

La A. è rimasta intimata.

La società ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Infine il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.

Con il primo motivo la ricorrente lamenta omessa pronuncia in ordine alla sopravvenuta carenza di interesse sulla domanda di riammissione sul posto di lavoro, conseguente alle dimissioni rassegnate dalla lavoratrice in data 4-11-2005, prodotte all’udienza del 16-11-2006.

Con il secondo e con il terzo motivo la società censura, sotto i diversi profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, la impugnata sentenza nella parte in cui ha respinto l’eccezione di risoluzione del rapporto per mutuo consenso tacito.

Con il quarto motivo fa ricorrente censura l’impugnata sentenza nella parte in cui ha respinto l’eccezione di nullità della pronuncia di primo grado per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, avendo la A. dedotto con il ricorso introduttivo che il contratto de quo era stato stipulato per “esigenze eccezionali”, contestando la illegittimità del termine sotto vari profili relativamente a tale causale, ed avendo invece, il primo giudice, ritenuto nullo il termine per la mancata prova del nesso concreto tra la effettiva causale (“per concomitanza di assenze per ferie”) dedotta dalla società e la assunzione de qua con riferimento allo specifico ufficio.

Con il quinto motivo la società deduce che, trattandosi, appunto, di contratto concluso per “concomitanza di assenza per ferie”, ipotesi autonoma e distinta rispetto a quella delle “esigenze eccezionali di cui all’acc. az. 25-9-97 e successivi accordi attuativi, erroneamente la Corte di merito, pur riconoscendo l’esattezza della premessa, ha comunque ritenuto che il contratto de quo fosse stato stipulato oltre il termine fissato dai detti accordi attuativi (termine riguardante invece le “esigenze eccezionali”).

Con il sesto motivo la ricorrente lamenta altresì sul punto contraddittorietà della motivazione.

Con il settimo motivo la società lamenta, poi, che erroneamente la Corte di merito ha altresì ritenuto che nella specie fosse necessaria la indicazione del nome del soggetto sostituito e del periodo della sostituzione.

Con l’ottavo motivo la ricorrente si duole che la sentenza impugnata sarebbe incorsa “nella violazione dei principi e delle norme di legge sulla messa in mora e sulla corrispettività delle prestazioni”.

Con il nono motivo la società lamenta che la Corte di merito, pur affermando la necessità della messa in mora, ha disposto la condanna al pagamento delle retribuzioni dalla notifica del ricorso introduttivo, che, a suo dire, non conteneva alcuna offerta della prestazione.

Esaminando in ordine logico in primo luogo i motivi quinto, sesto e settimo, riguardanti la legittimità del termine apposto al contratto de quo, osserva il Collegio che questa Corte Suprema, decidendo in tema di contratti a termine stipulati ex art. 8 c.c.n.l. 26.11.1994, in relazione alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre), oltre a ritenere non necessaria la indicazione del nominativo del lavoratore sostituito (v., fra le altre, Cass. 2 marzo 2007 n. 4933), in base al principio della “delega in bianco” conferita dalla L. n. 56 del 1987, art. 23, ha anche più volte (cfr. ad esempio Cass. 6 dicembre 2005 n. 26678, Cass. 7-3-2008 n. 6204) confermato le sentenze di merito che avevano ritenuto l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie e interpretato l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo nel senso che l’unico presupposto per la sua operatività fosse costituita dall’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie.

Peraltro è stato anche affermato (v. fra le altre Cass. 28-3-2008 n. 8122) che “l’unica interpretazione corretta della norma collettiva in esame (art. 8 ccnl 26-11-1994) è quella secondo cui, stante l’autonomia di tale ipotesi rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti in ferie, l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo non prevede come presupposto per la sua operatività l’onere, per il datore di lavoro di provare le esigenze di servizio in concreto connesse all’assenza per ferie di altri dipendenti nonchè la relazione causale fra dette esigenze e l’assunzione del lavoratore con specifico riferimento all’unità organizzativa alla quale lo stesso è stato destinato”.

Il sopra citato orientamento, ormai costante, di questa Corte (v.

anche fra le altre Cass. 30-11-2009 n. 25225, Cass. 7-4-2011 n. 7945), va qui confermato così accogliendosi il quinto, il sesto e il settimo motivo, risultando assorbiti gli altri motivi, tutti conseguenti e comunque logicamente successivi rispetto alla declaratoria di illegittimità del termine.

La impugnata sentenza, va pertanto cassata e, risultando legittimo l’unico contratto a termine oggetto della controversia, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con il rigetto della domanda della A..

Infine, in considerazione dei pregressi contrasti nella giurisprudenza in materia, ricorrono giusti motivi, ex art. 92 c.p.c. nel testo vigente ratione temporis, per compensare le spese tra le parti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quinto, il sesto e il settimo motivo, assorbiti gli altri, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta la domanda della A.; compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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