Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28987 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 27/12/2011, (ud. 01/12/2011, dep. 27/12/2011), n.28987

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 728/2008 proposto da:

D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO

N. 172, presso lo studio dell’avvocato GALLEANO Sergio Natale

Edoardo, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A.;

_- intimata –

avverso la sentenza n. 64/2006 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 20/12/2006 r.g.n. 59/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI CERBO;

udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO per delega SERGIO GALLEANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ROMANO Giulio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

La Corte:

Fatto

RILEVATO IN FATTO E DIRITTO

che:

1. la Corte d’appello di Trento ha confermato la sentenza di prime cure che aveva rigettato la domanda, proposta da D.A. nei confronti di Poste Italiane s.p.a., avente ad oggetto la declaratoria dell’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato fra il lavoratore e la società convenuta in primo grado;

2. per la cassazione di tale sentenza il D. ha proposto ricorso;

Poste Italiane s.p.a. è rimasta intimata;

3. il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata;

4. il ricorrente è stato assunto con contratto a termine, protrattosi dal 15 luglio 1998 al 30 settembre 1998, stipulato a norma dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, in relazione alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre;

5. la Corte territoriale ha affermato la legittimità di tale contratto avendo ritenuto, in sostanza, che la fattispecie prevista dalla norma collettiva sopra ricordata non implicasse l’obbligo di specificare il collegamento fra il singolo contratto e le esigenze aziendali ed in particolare la necessità di specificare il nome del lavoratore sostituito;

tale statuizione è stata ampiamente censurata dal ricorrente che ha denunciato (con l’unico motivo di ricorso) violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1960, art. 3, dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 8 del c.c.n.l. del 1994 per i dipendenti postali;

6. la censura è priva di fondamento;

con riferimento ad una fattispecie simile a quella in esame questa Corte Suprema (cfr., fra le ultime, Cass. 2 marzo 2007 n. 4933), ha cassato la sentenza di merito che aveva affermato la necessità di uno specifico collegamento fra il singolo contratto e le esigenze aziendali e che aveva ritenuto, in particolare, la sussistenza di un obbligo di indicare nel contratto a termine il nome del lavoratore sostituito; siffatta sentenza, ad avviso della S.C., era infatti viziata da violazione di norme di diritto e da un vizio di interpretazione della normativa collettiva;

la violazione di norme di diritto è stata individuata nella statuizione con la quale la sentenza di merito aveva negato che l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva fosse del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie; è stato rilevato in proposito che siffatta pronuncia del giudice del merito si poneva in contrasto col principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con sentenza 2 marzo 2006 n, 4588; in base al suddetto principio, infatti, la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, che demanda alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge;

per quanto concerne il vizio di interpretazione della normativa collettiva è stato osservato che la statuizione del giudice del merito, nell’escludere che l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo possa contemplare, quale unico presupposto per la sua operatività, l’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie, ha dimostrato una carenza di indagine sull’intenzione espressa dagli stipulanti; ed infatti il quadro legislativo di riferimento impone l’esame del significato delle espressioni usate dalle parti stipulanti, ed in particolare un’indagine sulle ragioni dell’uso di una formula diversa da quella della legge, priva di riferimenti alla sostituzione di dipendenti assenti, sostituiti dalla precisazione del periodo per il quale l’autorizzazione è concessa (pur potendo le ferie essere fruite in periodi diversi), onde verificare se la necessità di espletamento del servizio faccia riferimento a circostanze oggettive, o esprima solo le ragioni che hanno indotto a prevedere questa ipotesi di assunzione a termine, nell’intento di considerarla sempre sussistente nel periodo stabilito, in correlazione dell’uso dell’espressione in concomitanza;

inoltre altre decisioni di questa Suprema Corte (cfr. ad esempio Cass. 6 dicembre 2005 n. 26678) hanno confermato la decisione di merito che, decidendo sulla stessa fattispecie, aveva ritenuto l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie e interpretato l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo nel senso che l’unico presupposto per la sua operatività fosse costituita dall’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie;

la sentenza impugnata, che non è incorsa nei suddetti vizi avendo fatto corretta applicazione dei principi sopra richiamati deve essere, pertanto, confermata con conseguente rigetto del ricorso;

7. nulla deve essere disposto in materia di spese atteso il mancato svolgimento di attività processuale da parte della società Poste Italiane rimasta intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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