Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28983 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 27/12/2011, (ud. 01/12/2011, dep. 27/12/2011), n.28983

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. est. Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 3920/2009 proposto da:

B.M., M.L., S.S.,

A.C., B.G., V.B., L.

G., F.D., elettivamente domiciliati in Roma, Via

Carlo Poma n. 2, presso lo studio dell’Avv. ASSENNATO Giuseppe Sante,

che li rappresenta e difende come da procure a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, congiuntamente e

disgiuntamente, dagli Avv.ti RICCIO Alessandro, Nicola Valente e

Sergio Preden per procura in atti e con loro elettivamente

domiciliato in Roma, Via della Frezza 17, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto medesimo;

– controricorrente –

e contro

ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL

LAVORO (INAIL), in persona del Dott. P.F., Direttore della

Direzione Centrale Prestazioni, elettivamente domiciliato in Roma,

Via IV Novembre 144 presso lo studio degli Avv.ti LA PECCERELLA Luigi

e Rita Raspanti, che lo rappresentano e difendono per procura in

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 87/08 della Corte di Appello di

Bologna del 31.01.2008/7.05.2008 nella causa iscritta al n. 1169 RG

dell’anno 2002.

Udita la relazione del Cons. Dott. Alessandro De Renzis svolta nella

pubblica udienza del 1.12.2011;

udito l’Avv. Ottolini Teresa, per delega dell’Avv. Luigi La

Peccerella, per l’INAIL;

sentito il P.M., nella persona del Sost. Proc. Gen. Dott. MATERA

Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Ravenna con sentenza del 26.06.2002 accertava il diritto di B.M. e di altri quattordici litisconsorti nei confronti dell’INPS e dell’INAIL alla maggiorazione contributiva prevista dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8 (e successive modifiche) in relazione all’esposizione al rischio amianto- per oltre un decennio- dall’inizio del rapporto di ciascuno fino al 31 dicembre 1992.

La Corte di Appello di Bologna, investita con separati appelli da parte dell’INPS e dell’INAIL, ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva di quest’ultimo ente e, in parziale accoglimento del gravame dell’INPS, ha negato la rivalutazione del periodo contributivo per B.M. e degli altri litisconsortii, odierni ricorrenti, per il mancato superamento della soglia minima, così aderendo alle conclusioni del CTU di ufficio nominato in primo grado.

Il B. e gli altri lavoratori indicati in epigrafe ricorrono per cassazione con un unico articolato motivo.

L’INAIL e l’INPS resistono con controricorso.

I ricorrenti e l’INPS hanno depositato rispettiva memoria ex art. 378 c.p.c..

Viene autorizzata da parte del Collegio motivazione semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., della L. n. 257 del 1992, art. 13 (come modificata dalla L. n. 271 del 1993) e del D.Lgs n. 277 del 1991, nonchè vizio di motivazione.

I ricorrenti in sostanza contestano l’impugnata sentenza per non avere adeguatamente valutato le risultanze istruttorie testimoniali e quelle documentali (curriculum lavorativo di ciascuno dei ricorrenti ed atti di indirizzo del Ministro del Lavoro) e per non avere spiegato adeguatamente le ragioni in base alle quali è stato ritenuto non raggiunto il limite espositivo massimo al rischio amianto (100 fibre per litro). Il ricorso è corredato da quesito di diritto del seguente tenore: “Dica la S.C. se la Corte di Appello nei decidere il gravame deve esaminare i documenti e l’istruttoria svolta dal giudice di primo grado e tenerne conto nella motivazione della sentenza anche solo per discostarsi”.

2. In via preliminare va rilevata la genericità dell’anzidetto quesito in relazione al denunciato vizio di motivazione, non rispondendo ai requisiti fissati dall’art. 366 bis c.p.c., giacchè non contiene la chiara indicazione del fatto controverso e comunque un momento di sintesi, in modo da non ingenerare incertezze (cfr.

Cass. S.U. n. 20603 del 2007).

In punto di merito comunque le doglianze sono prive di pregio e vanno disattese.

Invero la Corte territoriale ha condiviso le conclusioni peritali di primo grado, sulla base delle quali ha escluso, previo esame delle risultanze istruttorie testimoniali e documentali, che per gli odierni ricorrenti si fosse verificata una esposizione superiore alla soglia legale minima, non ritenendo sufficiente, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, la sola esposizione ultradecennale.

Così facendo la Corte ha aderito ad una interpretazione della normativa in linea con i principi ripetutamente affermati in questa materia da questa Corte, anche in relazione alla necessità di accertamento del superamento della soglia massima di tollerabilità, nel rispetto dei criteri di ripartizione dell’onere probatorio ex art. 2697 cod. civ. (v. Cass. n. 4913 del 2001 e successive pronunce, tra le quali da ultimo Cass. n. 17916 del 2010, Cass. n. 17632 del 2010, Cass. n. 2580 del 2007, che si richiamano al valore di 0,1 fibre di amianto per centimetro cubo, con riferimento anche al D.Lgs. 25 luglio 2006, n. 257, art. 59 decies).

Nè assume decisiva rilevanza il richiamo agli atti di indirizzo ministeriali, non avendo gli stessi valore probatorio autonomo e assolvendo ad una semplice funzione di supporto nei confronti dell’INAIL, cui è deferito il compito di certificare la durata e la consistenza del rischio subito dal lavoratore in relazione alle mansioni da lui svolte (cfr. Cass. n. 852 del 2009, Cass. n. 497 del 2009; Cass. n. 19317 del 2007 ed altre conformi decisioni).

3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Nessuna statuizione va emessa sulle spese del presente giudizio di cassazione, non trovando applicazione al caso di specie il nuovo art. 152 disp. att. c.p.c., che ha previsto limiti di reddito non inferiori ad una certa soglia ai fini dell’esonero dalle spese con riferimento ai giudizi il cui ricorso introduttivo della fase di primo grado sia successivo al 2 ottobre 2003 (data di entrata in vigore del D.L. n. 269 del 2003).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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