Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28981 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. un., 17/12/2020, (ud. 01/12/2020, dep. 17/12/2020), n.28981

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di Sez. –

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18550/2019 proposto da:

(OMISSIS) L.D.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati DOMENICO ARENA,

e DILETTA ROMIZI;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) LDA n. (OMISSIS) (già TABEC s.r.l.), in persona

del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GERMANICO 101, presso lo studio dell’avvocato STEFANO PECONI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO FERRARI;

– controricorrente –

e contro

B.V. S.R.L., IMOLA LEGNO S.P.A., COLORLINE S.R.L.,

BEIPLAST S.R.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1284/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 15/04/2019.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2020 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati Stefano Peconi e Massimo Ferrari.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Su ricorso di Beiplast S.r.l., B.V. S.r.l., Colorline S.r.l. ed Imola Legno S.p.A., depositato il 26 aprile 2018, il Tribunale di Reggio Emilia ha dichiarato il fallimento di (OMISSIS) Lda, società con sede in (OMISSIS), già Tabec S.r.l..

2. – Contro la sentenza (OMISSIS) Lda ha interposto reclamo, deducendo il difetto di giurisdizione del giudice italiano e l’invalidità della notifica degli atti prefallimentari, in violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, reclamo che la Corte d’appello di Bologna, nel contraddittorio con il Fallimento e con i creditori istanti interessati, ha respinto con sentenza del 15 aprile 2019.

3. – In particolare la Corte territoriale ha osservato:

-) che erano valide le notificazioni del ricorso per dichiarazione di fallimento, sia effettuate mediante la pec della società poi fallita risultante dalla visura camerale, sia effettuate direttamente in Portogallo presso la sede della società;

-) che il trasferimento della sede all’estero era avvenuto nei tre mesi precedenti la domanda di apertura della procedura concorsuale;

-) che il principio di coincidenza del centro degli interessi principali del debitore (COMI) con la sede legale era superabile attraverso elementi, anche indiziari, tali da far ritenere che la nuova ubicazione formale della sede sociale fosse meramente fittizia;

-) che nel caso di specie il trasferimento della sede sociale in Portogallo, peraltro presso un centro direzionale in cui avevano sede centinaia di aziende, non era stato seguito dal trasferimento dell’attività, che non risultava in alcun modo svolta sul territorio portoghese, mentre emergeva dagli atti che l’attività economica condotta dalla fallita nel territorio reggiano per oltre trent’anni aveva continuato ad essere esercitata presso la sede storica di (OMISSIS) e nei capannoni ad essa adiacenti, come anche documentato da articoli di giornale, essendo ivi collocati, tra l’altro, i macchinari e le materie prime;

-) che risultava inoltre fossero stati stipulati tre contratti di affitto di azienda conclusi dal socio e legale rappresentante “storico” di Tabet S.r.l., tale T.R., con soggetti comunque ricollegabili alla società, tra cui suo figlio, contratti che prevedevano un canone annuale mai corrisposto e il passaggio dei dipendenti dalla cedente alle aziende affittuarie ad un prezzo di riscatto predeterminato, il tutto seguito, il giorno successivo, dalla cessione al complessivo prezzo di Euro 1000 dell’intero capitale sociale ad altra società, Officine M. S.r.l..

4. – Per la cassazione della sentenza (OMISSIS) Lda ha proposto ricorso per due motivi.

5. – Il Fallimento ha resistito con controricorso, mentre gli altri intimati, Beiplast S.r.l., B.V. S.r.l., Colorline S.r.l. ed Imola Legno S.p.A., non hanno svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso contiene due motivi.

1.1. – Il primo mezzo denuncia: “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, difetto di giurisdizione del giudice italiano, ai sensi della L. Fall., art. 9 e dell’art. 3 reg. er. 1346/2000; omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dall’aver ritenuto che il centro degli interessi della società fosse in Italia e non coincidesse, invece, con lo Stato dove la società aveva la sede statutaria”.

Nel motivo si sostiene che la società dichiarata fallita si era trasferita all’estero ben prima che venisse dichiarato il suo fallimento, con conseguente sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 3 del regolamento richiamato in rubrica, che, secondo la ricorrente, devolve la competenza giurisdizionale in ordine alla dichiarazione di fallimento al giudice dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore, centro che si presume coincidente con il luogo in cui si trova la sede statutaria fino a prova contraria.

Nel caso di specie, a dire della società ricorrente, i suoi creditori sarebbero stati da tempo perfettamente edotti dell’avvenuta cessazione, da parte della società, della propria attività di impresa in Italia: viceversa, per vincere la presunzione posta dal citato art. 3, i creditori istanti avrebbero dovuto provare che, nonostante il trasferimento della sede statutaria all’estero, la ricorrente esercitava ancora la propria attività d’impresa in Italia.

La Corte d’appello, operando in violazione della prescrizione normativa indicata, avrebbe rilevato che “le circostanze indicate dalla società dichiarata fallita al fine di sostenere l’effettivo trasferimento della sede all’estero non sono idonee e sufficienti”: in tal modo il giudice di merito avrebbe basato la propria pronuncia sull’asserita inidoneità degli elementi di fatto addotti da essa società per dimostrare l’avvenuto trasferimento del centro degli interessi principali del debitore. La società fallita risultava però essere totalmente partecipata da un socio spagnolo, che pure la gestiva, essendo residente in (OMISSIS), il che testimoniava come il trasferimento all’estero fosse stato accompagnato da un effettivo trasferimento del centro direttivo, amministrativo e di controllo della società.

1.2. – Il secondo motivo è rubricato: “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, irregolarità della notifica degli atti prefallimentare L. Fall., ex art. 14 e violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio ex art. 111 Cost., italiana”.

Secondo la ricorrente, la L. Fall., art. 15, comma 3, contiene una prescrizione, quella concernente la notificazione del ricorso per dichiarazione di fallimento, “preordinata all’indispensabile instaurazione del contraddittorio con il debitore di cui si chiede il fallimento, al fine di consentire al medesimo l’esercizio dell’inviolabile diritto di difesa. Se si operasse come avvenuto nel caso di specie, si arriverebbe invece all’assurda conclusione che solo perchè una società ha avuto sede in Italia debba rimanere onerata a tempo indeterminato all’iscrizione nel registro delle imprese italiano dei dati che intende rendere opponibili ai terzi, anche una volta che si sia trasferita all’estero e si sia conseguentemente assoggettata alla legge di quel Paese. Detto ciò, era pertanto onere della parte istante, all’atto della notifica dei propri ricorsi per la dichiarazione di fallimento, accertare, sulla base di una diligente consultazione delle risultanze del registro delle imprese portoghese, l’effettiva sede di (OMISSIS) Lda nonchè l’identità del rappresentante legale della medesima società… In questo caso è invece evidente la violazione e la falsa applicazione della L. Fall., art. 15 e art. 111 Cost., oltre che delle norme in tema di notifica alle persone giuridiche e di pubblicità degli atti sociali presso il registro delle imprese”.

2. – Il ricorso è inammissibile.

2.1. – E’ inammissibile il primo motivo.

2.1.1. – Si è già detto, in espositiva, che il ricorso per dichiarazione di fallimento è stato depositato il 26 aprile 2018.

Ora, il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea, che ha avuto luogo il 5 giugno 2015, è entrato in vigore, ai sensi dell’art. 92, con eccezioni che qui non interessano, il regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015 relativo alle procedure di insolvenza (tra le quali, in Italia, il fallimento: v. allegato A al regolamento), regolamento, applicabile a partire dal 26 giugno 2017, ex art. 84, che, all’art. 3, sotto la rubrica: “Competenza giurisdizionale internazionale”, ha stabilito, ai primi due capoversi del comma 1, che: “Sono competenti ad aprire la procedura d’insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore (“procedura principale di insolvenza”). Il centro degli interessi principali è il luogo in cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi. Per le società e le persone giuridiche si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede legale. Tale presunzione si applica solo se la sede legale non è stata spostata in un altro Stato membro entro il periodo di tre mesi precedente la domanda di apertura della procedura d’insolvenza”.

Il regolamento, dunque, così come il precedente Regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio del 29 maggio 2000 relativo alle procedure di insolvenza, erroneamente invocato dalla ricorrente, giacchè sostituito da quello ora menzionato, contempla il radicamento della competenza giurisdizionale in funzione del Centro degli interessi principali del debitore (c.d. COMI, acronimo di Centre of main interests), che costituisce altresì il parametro per l’individuazione della legge applicabile alla procedura, in forza dell’art. 7 dello stesso Regolamento, secondo cui: “salvo disposizione contraria del presente regolamento, si applica alla procedura di insolvenza e ai suoi effetti la legge dello Stato membro nel cui territorio è aperta la procedura”.

Il COMI, secondo quanto recita la norma, identifica “il luogo in cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi”. Al riguardo sono poste alcune presunzioni iuris tantum, tra le quali quella, in astratto rilevante in questa sede, ma in effetti inapplicabile, come si dirà, secondo cui si presume che il COMI sia il luogo in cui si trova la sede legale della società.

Il Regolamento, però, non manca di specificare che “le presunzioni che la sede legale, la sede principale di attività e la residenza abituale siano il centro degli interessi principali dovrebbero essere superabili e il giudice competente di uno Stato membro dovrebbe valutare attentamente se il centro degli interessi principali del debitore sia situato veramente in quello Stato membro. Nel caso di una società, tale presunzione dovrebbe poter essere respinta se l’amministrazione centrale della società è situata in uno Stato membro diverso da quello della sede legale e una valutazione globale di tutti gli elementi rilevanti consente di stabilire che, in maniera riconoscibile dai terzi, il centro effettivo di direzione e di controllo della società stessa, nonchè della gestione dei suoi interessi, sono situati in tale altro Stato membro. Nel caso delle persone fisiche che non esercitano un’attività imprenditoriale o professionale indipendente, tale presunzione dovrebbe poter essere superata, ad esempio, se la maggior parte dei beni del debitore è situata fuori dallo Stato membro di residenza abituale del debitore, oppure se può essere stabilito che il principale motivo dello spostamento era aprire una procedura d’insolvenza nell’ambito della nuova competenza giurisdizionale e se l’apertura di tale procedura comprometterebbe gravemente gli interessi dei creditori i cui rapporti con il debitore avevano avuto luogo prima dello spostamento” (Considerando 30).

Il che ben si colloca sulla linea tracciata dal precedente Regolamento e dalla relativa giurisprudenza della Corte di giustizia, la quale ha chiarito che “per determinare il centro degli interessi principali di una società debitrice, la presunzione semplice prevista dal legislatore comunitario a favore della sede statutaria di tale società può essere superata soltanto se elementi obiettivi e verificabili da parte di terzi consentono di determinare l’esistenza di una situazione reale diversa da quella che si ritiene corrispondere alla collocazione nella detta sede statutaria” (Corte di giustizia, Grande sezione, sentenza 2 maggio 2006, Eurofood IFSC Ltd, C-341/04), aggiungendo in seguito che nel caso “di un trasferimento della sede statutaria prima della proposizione di una domanda di apertura di una procedura di insolvenza, è pertanto presso la nuova sede statutaria che, in conformità all’art. 3, n. 1, seconda frase, del regolamento, si presume si trovi il centro degli interessi principali del debitore. Sono, di conseguenza, i giudici dello Stato membro nel cui territorio si trova la nuova sede che, in linea di principio, divengono competenti ad aprire una procedura di insolvenza principale, a meno che la presunzione introdotta dall’art. 3, n. 1, del regolamento non sia superata dalla prova che il centro degli interessi principali non ha seguito il cambiamento di sede statutaria. Le stesse regole devono trovare applicazione nell’eventualità in cui, alla data della proposizione della domanda di avvio della procedura di insolvenza, la società debitrice sia stata cancellata dal registro delle società e…. abbia cessato ogni attività” (Corte di giustizia, I Sezione, 20 ottobre 2011, Interedil S.r.l. in liquidazione, C-396/09).

La presunzione di cui si è poc’anzi dato conto, tuttavia, non è nel caso di specie neppure applicabile, come si premetteva, per la ragione, debitamente evidenziata dal giudice di merito, che, nel caso di specie, “il trasferimento della sede all’estero è avvenuto nei tre mesi precedenti la domanda di apertura della procedura concorsuale” (così a pagina 3 della sentenza impugnata), con conseguente applicazione della disposizione secondo cui: “Tale presunzione – la presunzione di corrispondenza tra sede statutaria e COMI – si applica solo se la sede legale non è stata spostata in un altro Stato membro entro il periodo di tre mesi precedente la domanda di apertura della procedura d’insolvenza”.

Sicchè nel caso di specie spettava al giudice individuare il COMI, al fine di verificare la propria competenza giurisdizionale, senza alcun vincolo derivante dall’operatività di una presunzione sia pure soltanto iuris tantum.

Cosa che la Corte d’appello ha ampiamente fatto, esponendo le circostanze di cui si è già riferito al p. 3 dell’espositiva.

Resta dunque soltanto da ribadire, in continuità con la giurisprudenza di questa Corte, che l’accertamento in ordine all’individuazione del COMI è rimesso a valutazione in fatto del giudice di merito non sindacabile in sede di legittimità (Cass. 23 marzo 2017, n. 7470, resa anch’essa in materia di giurisdizione, in un caso di fallimento di società in Italia nonostante il trasferimento della sede sociale da (OMISSIS) a (OMISSIS), in riferimento al regolamento previgente, sentenza pronunciata su delega del primo presidente).

Deve in conclusione ritenersi che il motivo sia inammissibile giacchè diretto, peraltro a partire da un quadro normativo erroneamente individuato, a rimettere in discussione l’accertamento di fatto, legittimamente effettuato dalla Corte d’appello in conformità al dato normativo, in ordine all’individuazione del COMI e, di qui, della sussistenza della giurisdizione del giudice italiano: il che esime dall’osservare ulteriormente che il ricorrente non si è in alcun modo fatto carico di censurare specificamente i dettagliati argomenti svolti al fine di affermare il carattere meramente fittizio, nel caso di specie, del trasferimento della sede.

2.2. – Anche il secondo motivo è inammissibile.

Esso difatti è totalmente privo del requisito dell’autosufficienza, di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, norma che, appunto, “costituisce il precipitato normativo del c.d. principio di autosufficienza” (Cass. 25 marzo 2013, n. 7455 e la giurisprudenza ivi richiamata; di recente tra le tante Cass. 30 giugno 2020, n. 12997; Cass. 12 giugno 2020, n. 11370), giacchè non descrive in qual modo la notificazione del ricorso per dichiarazione di fallimento sarebbe stata in concreto effettuata, tanto più che la sentenza impugnata, con la cui motivazione la ricorrente ha omesso di misurarsi, riferisce di documentazione “che comprova sia le notifiche telematiche (presso la pec della fallita risultante dalla visura camerale) sia quelle eseguite ritualmente in (OMISSIS), mediante traduzione giurata, nel rispetto delle regole sulle notifiche all’estero”.

E ciò esime dall’osservare che, una volta accertato il carattere meramente fittizio del trasferimento della società all’estero, non ha alcun senso pretendere che la notificazione della dichiarazione di fallimento sia effettuata presso la sede fittizia e non, invece, come doveroso, presso quella reale ed effettiva.

3. – Il ricorso è dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore del Fallimento controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 1 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

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