Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28980 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. un., 17/12/2020, (ud. 01/12/2020, dep. 17/12/2020), n.28980

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di Sez. –

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di Sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15449/2019 proposto da:

R.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CESI

21, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE TORRISI, rappresentato

e difeso dall’avvocato FRANCESCO CAPOLUPO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SPEZZANO DELLA SILA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 752/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 17/04/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2020 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – M.M., cui è poi succeduto il figlio R.L., ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Cosenza il Comune di Spezzano della Sila e, dopo avere premesso di aver subito l’espropriazione di un proprio fondo ubicato nel territorio comunale per l’edificazione di una strada, espropriazione a seguito della quale la Corte d’appello di Catanzaro aveva, all’esito di un precedente giudizio, determinato la relativa indennità, ha chiesto dichiararsi l’esistenza dei danni prodottisi “in conseguenza dei lavori conseguenti all’espropriazione, con obbligo di risarcimento a carico del Comune e con conseguente declaratoria della risarcibilità dell’importo necessario alla costruzione del muro descritto in premessa e delle superfici sottratte all’edificabilità per la cosiddetta “fascia di rispetto” prevista nel piano regolatore”.

2. – Parzialmente accolta la domanda dal Tribunale adito, nel contraddittorio con il Comune convenuto, che ha quindi interposto appello, volto anzitutto a riproporre eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, appello al quale il R.L. ha resistito, la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 17 aprile 2018, pronunciando in riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo territorialmente competente, regolando le spese di lite in base al principio di soccombenza.

3. – La Corte territoriale ha osservato:

-) che doveva farsi applicazione del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 34, comma 1, nel testo vigente;

-) che la domanda attrice aveva ad oggetto la condanna al risarcimento dei danni determinatisi “in conseguenza dei lavori conseguenti all’espropriazione di cui in narrativa”, secondo quanto esposto dall’originaria attrice nell’atto di citazione;

-) si trattava di danni provocati da comportamenti posti in essere dalla pubblica amministrazione nell’esercizio di poteri pubblicistici, quali quelli connessi all’espropriazione dei terreni per pubblica utilità.

4. – R.L. ha proposto ricorso per un motivo illustrato da memoria.

5. – Il Comune di Spezzano della Sila non ha spiegato difese.

6. – Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – L’unico motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, comma 1, come sostituito dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7, lett. b), come modificato a seguito della sentenza della Corte costituzionale numero 204 del 2004, erronea qualificazione della domanda attorea, contraddittorietà della sentenza, violazione delle norme sul riparto della giurisdizione, il tutto con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1.

Osserva il ricorrente che, per qualificare la domanda, la Corte d’appello non avrebbe dovuto limitarsi ad esaminare e valutare un solo rigo contenuto nelle conclusioni dell’atto di citazione, di significato per altro equivoco, ma avrebbe dovuto esaminare e valutare l’atto di citazione nella sua interezza, prendendo atto che in esso era chiaramente detto che i danni richiesti erano quelli derivati a seguito dello sbancamento realizzato per costruire la strada, e che il fondo di proprietà attrice era stato danneggiato dallo scavo di sbancamento in dipendenza del quale era stata realizzata una scarpata scoscesa, sicchè i danni lamentati “non rinvengono per nulla dall’esproprio (atto autoritativo), ma sono la conseguenza diretta dei lavori fatti dal Comune dopo (“conseguenti” nel senso che sono seguiti) l’esproprio. Esproprio di cui si parla nell’atto di citazione come antecedente temporale dei comportamenti del Comune (i lavori fatti per realizzare la strada) che hanno determinato i danni”.

Secondo il ricorrente, cioè, il danno richiesto dalla parte attrice non era stato prodotto dall’atto di esproprio, ma era derivato dai lavori eseguiti dal Comune dopo l’esproprio, lavori da qualificarsi come meri comportamenti lesivi del diritto di proprietà attrice.

2. – Il ricorso va accolto.

2.1. – In materia urbanistica ed edilizia, la domanda del proprietario di area contigua a quella in cui è realizzata l’opera pubblica appartiene alla giurisdizione ordinaria ove, nella prospettazione dell’attore, non vengano in questione nè il “se” nè il “come” dell’opera progettata, ma esclusivamente le sue concrete modalità esecutive, atteso che la giurisdizione esclusiva amministrativa si fonda su un comportamento della pubblica amministrazione che non sia semplicemente occasionato dall’esercizio del potere, ma si traduca, in base alla norma attributiva, in una sua manifestazione e, cioè, risulti necessario, considerate le sue caratteristiche in relazione all’oggetto del potere, al raggiungimento del risultato da perseguire; in definitiva, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo allorquando il comportamento della P.A., cui si ascrive la lesione, sia la conseguenza di un assetto di interessi conformato da un originario provvedimento, legittimo o illegittimo, ma comunque espressione di un potere amministrativo (in concreto) esistente, cui la condotta successiva si ricollega in senso causale; mentre la giurisdizione del giudice ordinario sussiste per quelle domande che trovino causa in condotte connesse per mera occasionalità a quelle indispensabili per la realizzazione dell’opera pubblica, compiute su immobili fin dall’origine esclusi dall’oggetto di questa (di recente Cass., Sez. Un., 19 novembre 2019, n. 30009, sulla linea di Cass., Sez. Un., 3 febbraio 2016, n. 2052, ed altre conformi).

L’elemento differenziante, per i fini del riparto di giurisdizione, risiede in definitiva in ciò, che, nell’ipotesi ivi considerata, e cioè in caso di danni prodottisi in area contigua a quella in cui è realizzata l’opera pubblica, la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo se, stando alla prospettazione dell’attore, il danno lamentato discende dall’esecuzione dell’opera così come progettata; se, invece, il danno è prodotto non dall’esecuzione dell’opera in conformità al progetto, ma da comportamenti che l’esecuzione del progetto non rende necessarie, ma semplicemente occasiona, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario.

2.2. – Nel caso in esame, l’atto di citazione introduttivo del giudizio risarcitorio riferisce tra l’altro quanto segue:

-) la domanda di risarcimento danni era stata proposta per il fatto che, a seguito dello sbancamento realizzato per costruire la strada, si era resa necessaria l’edificazione di un muro di contenimento del soprastante terreno scosceso, muro che doveva essere realizzato in calcestruzzo armato, per una lunghezza di 82 metri, ed un’altezza di 3 metri, ed inoltre essere completato con una rete metallica;

-) il lotto residuo dell’attrice era stato danneggiato dallo scavo di sbancamento, a seguito del quale era stata realizzata una scarpata scoscesa che aveva creato una situazione di pericolo per smottamenti, e che aveva determinato la necessità di realizzare opere ulteriori e costose di consolidamento, argine e riempimento al momento dell’utilizzazione del terreno a fini edificatori, con ulteriore deprezzamento per la diminuzione dell’indice utilizzabile, della possibilità di ubicazione di un fabbricato e della generale utilizzabilità dell’area.

E’ dunque di tutta evidenza, come osservato dal Procuratore Generale in sede di discussione orale, che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, la domanda, alla stregua della sua prospettazione, non mette in alcun modo in discussione il “se” e il “come” dell’opera progettata, ed anzi non contiene alcun riferimento al progetto di costruzione della strada che aveva interessato il fondo dell’originaria attrice, ma si appunta sulla denuncia di un mero comportamento materiale, costituito dall’esecuzione dello sbancamento, occasionato dalla realizzazione dell’opera, effettuato in modo tale da provocare il formarsi di una scoscesa scarpata e da rendere necessaria l’edificazione di un muro di contenimento di cospicue proporzioni, il tutto altresì con pregiudizievoli ricadute sul valore residuo dell’area.

3. – Il ricorso è accolto, la sentenza cassata, e, dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, la causa è rinviata alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e rinvia la causa di Catanzaro in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio civili, il 1 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

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