Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28975 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. un., 17/12/2020, (ud. 03/11/2020, dep. 17/12/2020), n.28975

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente di Sez. –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8897/2019 proposto da:

F.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE LIEGI 35b,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO COLAGRANDE, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI

25;

– controricorrente –

e contro

PROCURA GENERALE PRESSO LE SEZIONI GIURIDISDIZIONALI CENTRALI DELLA

CORTE DEI CONTI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 334/2018 della CORTE DEI CONTI – III SEZIONE

GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il 06/09/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/11/2020 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per l’inammissibilità

del ricorso;

udito l’Avvocato Roberto Colagrande.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale centrale d’appello, ha rigettato l’appello proposto da F.M., nei confronti del Procuratore generale presso la Corte dei conti, avverso la sentenza n. 334 del 201 della Sezione giurisdizionale per la Regione Umbria.

2. La sentenza di primo grado aveva riconosciuto la responsabilità gravemente colposa del F. – all’epoca dei fatti responsabile della struttura SUAP del Comune di (OMISSIS) (dal 17 novembre 2009) per aver rilasciato l’autorizzazione unica n. 099 del 22 marzo 2006 dapprima alla Diocesi di (OMISSIS), e successivamente volturata con provvedimento n. 74306 del 20 aprile 2010 a AIDAS società cooperativa sociale, per la realizzazione di una struttura ricettiva per anziani anche non autosufficienti con finalità sociali e socio assistenziali (c.d. residenza protetta per anziani) nel predetto comune, località (OMISSIS), e per opere di “completamento” (aut. n. 268 dell’8 luglio 2010), senza riscuotere il contributo di costruzione pari ad Euro 830.265,85.

La Diocesi aveva promesso in vendita il terreno alla società ISAD infrastrutture sociali AIDAS DOCES srl con l’autorizzazione a costruire la predetta struttura e, quindi, a chiedere essa stessa l’autorizzazione unica, poi concessa, previa variante al PRG, a titolo gratuito, della L.R. Umbria n. 1 del 2004, ex art. 26, comma 1, lett. c), primo periodo, in ragione dell’interesse generale degli enti istituzionalmente competenti.

Successivamente, la Diocesi vendeva il terreno alla ISAD (aprile 2006), che procedeva a stipulare un appalto di lavori per la realizzazione della residenza (dicembre 2006), per la quale avrebbe dovuto pagare gli oneri edificatori.

Nel gennaio-luglio 2010, ISAD stipulava un contratto di locazione, che comunque prevedeva il mantenimento dei lavori ancora da eseguire a carico della ISAD stessa, con la AIDAS, che nel giugno 2005 aveva chiesto e ottenuto dal Comune di trasferire sui medesimi terreni siti in loc. (OMISSIS) una residenza protetta per anziani e che nel frattempo era divenuto socio unico della ISAD.

Ottenuto il consenso della ISAD, la AIDAS chiedeva ed otteneva dal Comune la voltura della autorizzazione n. 099/2006, disposta dal F. con provvedimento n. 74306 del 20 aprile 2010, mantenendo il beneficio della esenzione dal pagamento del contributo di costruzione già riconosciuto alla Diocesi.

Nel 2014 il F. avviava un procedimento di riesame dei presupposti per l’applicabilità della disciplina degli esoneri, a seguito di segnalazione della Guardia di finanza circa il mancato pagamento di oneri edilizi. All’esito dell’istruttoria, il F. manteneva il beneficio, in quanto il contributo non sarebbe stato comunque dovuto ricorrendo l’ipotesi di strutture realizzate da privati in attuazione di strumenti urbanistici di cui alla L.R. Umbria n. 1 del 2004, art. 26, comma 1, lett. c), secondo periodo,.

Il giudice di primo grado all’esito dell’istruttoria, affermava che il danno da mancata percezione del contributo di costruzione restava ancorato, nel suo accertamento, al riscontro delle condizioni poste dell’art. 26 cit., comma 1, lett. c), primo periodo, secondo le specifiche indicazioni che emergono dalla domanda di volturazione di AIDAS.

Pertanto, poichè il vero proprietario del bene era la società ISAD, ossia la società di costruzione (e non un ente istituzionalmente competente) il contributo spettava e, perciò, doveva essere accertato, calcolato e pagato.

Pertanto, esclusa la rilevanza del contratto di locazione e dell’usufrutto costituito ben dopo l’istanza di voltura del marzo 2010 a titolo oneroso da ISAD in favore di AIDAS, quale titolo di legittimazione alla richiesta di volturazione ex art. 9 del Regolamento edilizio del Comune di Terni, ed esclusa l’inattualità del danno in ragione della determinazione n. 1475 del 10 maggio 2016, con la

quale il convenuto “a scopo meramente cautelativo” aveva ingiunto il pagamento di Euro 903.140,5, alla cooperativa AIDAS e alla ISAD srl, entrambe in liquidazione, la Sezione territoriale aveva definitivamente condannato il F. al risarcimento del danno pari ad Euro 830.265,85 più accessori e spese di lite.

3. Il giudice contabile di appello, nel confermare la sentenza di primo grado, ha ripercorso la normativa di cui alla L.R. Umbria n. 1 del 2004, art. 26 e ha ritenuto di dover procedere ad un esame completo delle condotte poste in essere dall’appellante nell’ambito del procedimento amministrativo volto all’applicazione della suddetta disposizione regionale.

Rilevava, quindi, che nella fattispecie in esame non ricorreva nè il requisito oggettivo, nè quello soggettivo previsto dal primo periodo della L.R. Umbria n. 1 del 2004, art. 26, comma 1, lett. c), che sancisce: “Il contributo di costruzione non è dovuto” (…) “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, nonchè per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici. Rientrano in tali categorie di opere le costruzioni cimiteriali realizzati da privati, nonchè gli impianti ed attrezzature sportive di uso pubblico o aperti al pubblico”.

La residenza protetta, infatti, non aveva natura di opera pubblica o di interesse generale. Nè dall’istruttoria era emersa la sussistenza del requisito soggettivo in alcuna delle società coinvolte nella vicenda. Seppure le opere in questione miravano al conseguimento di finalità di lato interesse pubblicistico, non di meno le stesse non erano realizzate da un concessionario di una pubblica amministrazione, ed erano destinate a rimanere nella disponibilità del privato esecutore, ancorchè si trattasse di una ONLUS e non erano vincolate nel tempo quanto alla loro funzione.

Nè, alla luce dell’istruttoria espletata, si trattava di opere di urbanizzazione, per le quali l’esenzione è previste anche se realizzate da privati, mancando la caratteristica di attrezzatura socio-sanitaria (opera di urbanizzazione secondaria), nè sanitarie in senso proprio. Pertanto alla fattispecie in esame non era applicabile della L.R. Umbria n. 1 del 2004, art. 26, comma 1, lett. c), nè primo, nè secondo periodo.

Quanto all’elemento soggettivo, di cui alla L. n. 20 del 1994, art. 1, il giudice di appello ha affermato che nella specie era mancato del tutto l’accertamento in ordine al soggetto che aveva concretamente realizzato la struttura.

L’appellante, rispetto al procedimento di voltura, si era limitato ad una non scusabile mera presa d’atto, basandosi sui provvedimenti precedenti ampliativi, in contrasto con i principi affermati in materia dalla giurisprudenza amministrativa.

La mancanza di una valutazione autonoma, in sede di volturazione, della ricorrenza in capo ad AIDAS dei requisiti per l’esenzione si palesava, pertanto, gravemente colposa in quanto, attese le condizioni operative nella quali sono stati adottati gli atti contestati, non va l’esistenza di circostanze anomale dell’agire, che avessero impedito una normale istruttoria, o che potessero indurre ad una falsa percezione dell’agente circa il necessario adempimento degli obblighi istruttori.

Quanto alla sussistenza ed attualità del danno erariale, contestate dal fattore, la Corte dei Conti ha affermato che la determinazione del 2010 aveva rimosso illico et immediato la stessa ragione del credito, con conseguente attuale e concreta conseguenza patrimoniale negativa per l’erario comunale.

4. F.M. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo.

5. Resiste la Procura generale della Corte dei Conti con controricorso, con il quale in via preliminare ha eccepito l’inammissibilità del primo motivo di ricorso per intervenuta formazione del giudicato sulla sussistenza della giurisdizione della Corte dei Conti.

6. Il ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’udienza pubblica.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la sussistenza del vizio di eccesso di potere giurisdizionale in ragione dello sconfinamento da parte della Corte dei Conti nell’area riservata alla pubblica amministrazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8, art. 362 c.p.c. e del D.Lgs. n. 174 del 2016, art. 207.

2. Preliminarmente, il ricorrente richiama la giurisprudenza di legittimità secondo cui sono viziate per eccesso di potere giurisdizionale le decisioni del giudice contabile nel caso in cui il giudice ecceda dalla propria sfera e sconfini nella sfera di merito riservata alla pubblica amministrazione.

Ciò, in quanto il giudice contabile sostituendo la propria valutazione a quella riservata alla discrezionalità della amministrazione, ovvero la mera non condivisione della valutazione stessa configura un indebito sconfinamento nella sfera riservata alla pubblica amministrazione.

3. Nella specie la Corte dei Conti era incorsa in tale vizio, in quanto la stessa aveva disconosciuto l’obiettivo assetto amministrativo di riferimento, pure emergente dai diversi atti di rilievo adottati dal Comune di Terni e dalla Regione Umbria, sulla base dei quali il F. aveva adottato le determinazioni ritenute foriere di danno erariale, per sostituirlo con autonome valutazioni in tutto e per tutto confliggenti e opposte a quelle già compiute dalle competenti amministrazioni pubbliche.

Il giudice contabile aveva ritenuto sussistere il danno erariale, oltre che la responsabilità a titolo di colpa grave, sul presupposto che non sarebbe stato applicabile, nel caso in esame, l’esenzione del cd, contributo di costruzione, di cui alla L.R. Umbria n. 1 del 2004, art. 26, comma 1, lett. c), non ricorrendone le condizioni. Ciò non qualificando, come invece avrebbe dovuto, la residenza protetta per anziani come struttura sanitaria e quindi come opera di urbanizzazione secondaria.

Tale esenzione era stata disposta da altro dirigente SUAP di (OMISSIS), e in sede di voltura il F. aveva ritenuto di confermare l’esenzione ravvisando la continutà delle condizioni previste dalla normativa, in ragione del consolidato regime amministrativo della struttura medesima.

Il ricorrente, quindi, richiama i provvedimenti che erano intervenuti in ordine all’esercizio dell’attività sanitaria protetta in capo alla AIDAS, da cui si evinceva il carattere di struttura sanitaria della residenza, nonchè la determinazione regionale con cui era stato approvato e pubblicato l’elenco delle strutture sanitarie accreditate dalla Regione Umbria, tra le quali anche la struttura da cui nasceva il contenzioso in questione.

A sostegno della propria tesi, il F. richiama anche gli strumenti urbanistici che avevano attributo all’area su cui era sorta la struttura la specifica destinazione d’uso di attrezzature ricettive, destinazione non modificata anche dopo l’approvazione della variante al PRG, para-ricettive assistenziali e sanitarie, e ricorda come il regolamento regionale n. 9 del 2008 avesse incluso le attrezzature sanitarie tra le opere di urbanizzazione secondaria di cui alla L.R. Umbria n. 1 del 2004, art. 24, comma 8, a loro volta richiamate nell’art. 26, comma 1, lett. c), della medesima L.R..

Tale norma trovava riscontro nel D.P.R. n. 381 del 2001, art. 16, comma 8.

Anche la giurisprudenza amministrativa aveva confermato la non debenza del contributo in questione nel caso di realizzazione di strutture sanitarie.

Inoltre la struttura era accreditata con il servizio sanitario nazionale, nè risultava che vi fosse prevalenza degli spazi interni che non avessero destinazione sanitaria.

Da ciò emergeva lo stravolgimento dell’assetto amministrativo e l’erronea ritenuta sussistenza della colpa grave.

Quanto a tale ultimo profilo, rilevava il ricorrente che la colpa grave poteva ritenersi sussistere solo in ragione di notevole e inescusabile negligenza imprudenza, imperizia o violazione di elementari obblighi di servizio o scriteriatezza, superficialità e approssimazione nella tutela degli interessi pubblici, di modo che in base ad giudizio ex ante fosse obiettivamente ed agevolmente prevedibile il verificarsi dell’evento dannoso.

Nel caso di specie, invece, il ricorrente aveva tenuto una condotta scrupolosa e in linea con i propri doveri funzionali, sia in occasione della voltura del 2010, che della procedura di riesame del 2014.

4. E’ preliminare all’esame della questione di giurisdizione, il vaglio dell’eccezione della Procura contabile sulla formazione del giudicato sul punto della giurisdizione della Corte dei Conti sui fatti di causa, non essendo stata sollevata tale questione in appello.

2. Occorre premettere, come già affermato dalla giurisprudenza di queste Sezioni Unite, che il giudicato interno sulla giurisdizione si forma tutte le volte in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando anche implicitamente la propria giurisdizione, e le parti abbiano prestato acquiescenza a tale statuizione, non impugnando la sentenza sotto questo profilo (Cass., S.U., n. 28503 del 2017).

Tanto premesso, si rileva che l’eccezione di giudicato non è fondata.

Il ricorrente, che in ragione del petitum sostanziale denuncia l’eccesso di potere giurisdizionale avendo la Corte dei Conti invaso la sfera riservata all’amministrazione, addebita proprio alla sentenza di appello di non aver tenuto conto della propria qualifica di avvocato, come già esposto in primo grado e ribadito in appello nell’impugnar la decisione di primo grado.

Come le S.U. hanno già statuito, qualora l’eccesso di potere giurisdizionale sia addebitato alla sentenza di appello assumendosi che vi sia incorso direttamente il giudice d’appello oppure qualora l’eccesso sia stato commesso dal primo giudice, sia stato fatto valere come tale con l’appello ed il giudice di esso abbia disatteso il relative motivo di impugnazione, così avallando a sua volta l’eccesso, la formazione di un giudicato interno si verifica se la sentenza di appello non venga impugnata sul punto in Cassazione.

3. Pertanto, nella specie, l’eccezione di giudicato va disattesa.

4. Sussiste, tuttavia l’inammissibilità del motivo.

La giurisdizione della Corte dei Conti in materia di responsabilità degli amministratori o dipendenti di enti pubblici è ancorata alla compresenza di due elementi, qualificanti la nozione di contabilità pubblica: uno soggettivo, che attiene alla natura pubblica del soggetto – ente od amministrazione – al quale l’agente sia legato da un rapporto di impiego o di servizio; l’altro oggettivo, che riflette la qualificazione pubblica del denaro o del bene oggetto della gestione nell’ambito della quale si è verificato l’evento, fonte di responsabilità (Cass., S.U., n. 7645 del 2020).

L’insindacabilità “nel merito” delle scelte discrezionali compiute da soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti non comporta che esse siano sottratte ad ogni possibilità di controllo, e segnatamente a quello della conformità alla legge che regola l’attività amministrativa, potendo e dovendo la Corte dei Conti verificare la compatibilità delle scelte amministrative con i fini pubblici dell’ente, che devono essere ispirati ai criteri di economicità ed efficacia, rilevanti sul piano non della mera opportunità bensì della legittimità dell’azione amministrativa (Cass. SU, n. 30527 del 2019).

La valutazione da parte del giudice contabile dell’operato del ricorrente, si è, dunque, collocata sul piano del controllo ad esso affidato circa la sussistenza della responsabilità per danno erariale attraverso la valutazione del suo operato alla stregua dei criteri che doveva ispirare la sua azione alla stregua della L. n. 241 del 1990, art. 1 e tale valutazione, è una valutazione in iure, come tale pienamente spettante al Giudice contabile nell’ambito della sua giurisdizione (cfr., Cass. S.U., n. 9680 del 2019).

Tanto premesso si osserva che (Cass., S.U. n. 19085 del 2020) il sindacato della S.C. sulle decisioni della Corte dei Conti è circoscritto all’osservanza dei limiti esterni della giurisdizione e non si estende – neppure a seguito dell’inserimento della garanzia del giusto processo ex art. 111 Cost. – ad asserite violazioni di legge sostanziale o processuale, concernenti il modo di esercizio della giurisdizione speciale.

Ne consegue che la doglianza sull’interpretazione operata dalla Corte dei Conti delle disposizione sugli istituti giuridici venuti in rilievo nel giudizio contabile, e la prospettazione del vizio di eccesso di potere giurisdizionale fondato sulla prospettazione di una diversa interpretazione degli stessi, come nel caso in esame, attiene a soluzione che può integrare un “error in iudicando”, non inerente all’essenza della giurisdizione o allo sconfinamento dei suoi limiti esterni, ma solo al modo in cui è stata esercitata.

21. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Non occorre provvedere sulle spese, stante la qualità di parte in senso meramente formale del Procuratore della Corte dei Conti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

 

 

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