Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28973 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. un., 17/12/2020, (ud. 15/09/2020, dep. 17/12/2020), n.28973

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di Sez. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23100/2019 proposto da:

MARINA DI VARAZZE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LAURA MANTEGAZZA 24,

presso il Dott. MARCO GARDIN, rappresentata e difesa dall’avvocato

RODOLFO BARSI;

– ricorrente –

e contro

COMUNE DI VARAZZE, REGIONE LIGURIA, AGENZIA DEL DEMANIO DELLA REGIONE

LIGURIA – GENOVA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1034/2019 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 13/02/2019.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

15/09/2020 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Maurizio De Lorenzi, per delega dell’avvocato

Rodolfo Barsi.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Marina di Varazze S.r.l. ricorre per motivi di giurisdizione, nei confronti del Comune di Varazze, della Regione Liguria e della Agenzia del Demanio per la Liguria, contro la sentenza del 13 febbraio 2019 con cui il Consiglio di Stato ha respinto l’appello avverso sentenza del Tar Liguria che, riuniti tre ricorsi proposti dalla società, volti all’annullamento di tre provvedimenti di rideterminazione dei canoni dovuti in dipendenza di una concessione demaniale marittima, li aveva dichiarati inammissibili, declinando la propria giurisdizione, in favore del giudice ordinario.

2. – Ha osservato il Consiglio di Stato:

-) il riparto di giurisdizione in materia di concessioni di beni è regolate dall’art. 133, comma 1, lett. b), del codice del processo amministrativo, che devolve al giudice ordinario, tra l’altro, le controversie concernenti canoni concessori;

-) la giurisdizione del giudice ordinario ricorre a condizione che l’atto della pubblica amministrazione determinativo del canone abbia natura vincolata e non involga l’esercizio di poteri discrezionali, a fronte dei quali la situazione soggettiva del privato sia da qualificare in termini di interesse legittimo e non di diritto soggettivo;

-) in particolare, la rideterminazione dei canoni concessori ha natura vincolata quando le condizioni e i presupposti fattuali per l’incremento sono già stabiliti dalla legge, sicchè l’amministrazione concedente si limita, nel provvedimento rivolto al privato, ad una quantificazione delle somme previo accertamento tecnico dei presupposti fattuali;

-) la L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 251, Legge Finanziaria 2007, che fissa i criteri per la determinazione dei canoni annui per concessioni rilasciate o rinnovate con finalità turistico-ricreative di aree, pertinenze demaniali marittime e specchi acquei per i quali si applicano le disposizioni relative alle utilizzazioni del demanio marittimo, non lascia alcun apprezzamento discrezionale alla pubblica amministrazione, sicchè la posizione del privato nei suoi confronti è di diritto soggettivo;

-) non incide sulla controversia la sentenza della Corte costituzionale 27 gennaio 2017, numero 29, che ha esaminato una questione, quella della rideterminazione dei canoni concessori in relazione alle concessioni comprensive di pertinenze demaniali marittime, estranea al giudizio in esame, tenuto conto della nota del Comune di Varazze del 17 novembre 2017 secondo cui “nel caso del porto di (OMISSIS) non esistono allo stato attuale pertinenze demaniali (che si determinano allo scadere della concessione demaniale) per cui le innovazioni introdotte dalla legge finanziaria 2007 in materia di pertinenze demaniali non interessano il porto di (OMISSIS)”;

-) il Comune di Varazze aveva quantificato le somme dovute dal concessionario sulla sola base dei presupposti fattuali previsti dalla sopravvenuta normativa, in difetto di ogni apprezzamento discrezionale, con conseguente sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario.

3. – Gli intimati non spiegano difese.

4. – Il procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Secondo la ricorrente gli originari ricorsi indirizzati al Tar Liguria avrebbero sollevato questioni che involgevano il potere discrezionale della pubblica amministrazione nella determinazione del canone demaniale.

Viene osservato, in sintesi, che nei tre ricorsi si era evidenziata la natura discrezionale del provvedimento volto alla rideterminazione dei canoni, sia sotto l’aspetto della ricomprensione nel complesso dei beni oggetto di concessione – nella prospettiva poi accolta dalla sentenza della Corte costituzionale numero 29 del 2017 – di manufatti appartenenti invece alla società, sicchè il Comune non poteva pretendere, contrariamente a quanto aveva fatto, un canone per beni non appartenenti allo Stato, e che sarebbero divenuti di proprietà statale solo alla scadenza della concessione, sia sotto l’aspetto della qualificazione di tali manufatti come di facile ovvero di difficile rimozione.

La tesi della ricorrente si compendia dunque in ciò, che la finanziaria del 2007, laddove ha disciplinato la rideterminazione del canone con riferimento alle concessioni oggetto della controversia, farebbe residuare un margine di discrezionalità in capo all’amministrazione, prevedendo che il canone sia determinato procedendo in prima battuta all’accertamento della natura del bene oggetto di concessione, e poi moltiplicando il valore attribuito dal legislatore alla superficie così individuata per i coefficienti normativamente previsti: e cioè, all’esito della citata pronuncia della Corte costituzionale, occorrerebbe anzitutto accertare se il soggetto che ha realizzato le opere di facile o difficile rimozione sia l’attuale concessionario, nel qual caso egli sarà tenuto a corrispondere un canone non per le opere di facile difficile rimozione ma per l’area scoperta e specchio acqueo, ossia per i beni che ha ricevuto all’atto della concessione.

In ultimo la ricorrente osserva che la sentenza impugnata non avrebbe provveduto su una richiesta, da essa società formulata, di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE.

2. – Il ricorso va respinto.

Queste Sezioni Unite hanno anche di recente ribadito che la norma di riferimento che viene in rilievo per la determinazione della giurisdizione si rinviene nell’art. 133, comma 1, lett. b), del codice del processo amministrativo, secondo cui sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto gli atti ed i provvedimenti relativi ai rapporti di concessione di beni pubblici, “ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi”.

Al riguardo, per consolidata giurisprudenza (v. da ult. Cass., Sez. Un., 18 giugno 2020, n. 11867, e la giurisprudenza ivi richiamata), sono riservate alle giurisdizione del giudice ordinario le controversie con un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere di intervento della pubblica amministrazione a tutela di interessi generali, mentre quando, invece, la controversia coinvolga la verifica dell’azione autoritativa della pubblica amministrazione sul rapporto concessorio sottostante, o quando investa l’esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone, e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali (sia sull’an che sul quantum), la stessa è attratta nell’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo.

Orbene, applicando questo principio generale alla fattispecie concreta qui in esame, e correlandolo al petitum sostanziale concretamente desumibile dalla domanda originaria proposta dalla ricorrente dinanzi al Tar Liguria, non può revocarsi in dubbio che, nel caso di specie, il Comune di Varazze non ha adottato un provvedimento autoritativo costituente esercizio di un potere pubblico di natura discrezionale (nemmeno a titolo di “discrezionalità tecnica”), essendosi detto ente limitato a disporre il ricalcolo del canone annuale per la concessione demaniale marittima in applicazione di una norma di mero aggiornamento quantitativo quale la L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 252), ragion per cui deve affermarsi l’appartenenza della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario.

Il citato comma 252, rende difatti applicabile anche alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto le misure dei canoni previsti dal precedente comma 251, per concessioni rilasciate o rinnovate con finalità turistico-ricreative di aree, pertinenze demaniali marittime e specchi acquei per i quali si applicano le disposizioni relative alle utilizzazioni del demanio marittimo.

Lo stesso comma 252, occorre aggiungere, è stato oggetto della sentenza della Corte costituzionale numero 29 del 2017, la quale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale in proposito sollevata, osservando:

-) che il D.L. n. 400 del 1993, art. 3, nel testo sostituito dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 251, prevede che il criterio della media dei valori indicati dall’Osservatorio del mercato immobiliare si applica alle concessioni demaniali marittime comprensive di strutture permanenti costituenti “pertinenze demaniali marittime destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi”;

-) la disposizione in esame fa espresso riferimento, dunque, ad opere costituenti pertinenze demaniali marittime che, pertanto, già appartengono allo Stato, appartenenza da determinarsi in funzione della scadenza della concessione, essendo questo il momento in cui il bene realizzato dal concessionario acquista la qualità demaniale;

-) i criteri di calcolo dei canoni commisurati ai valori di mercato, in quanto riferiti alle opere realizzate sul bene e non solo alla sua superficie, risultano applicabili, quindi, soltanto a quelle che già appartengano allo Stato e che già possiedano la qualità di beni demaniali, con la precisazione che nelle concessioni di opere da realizzare a cura del concessionario, ciò può avvenire solo al termine della concessione, e non già nel corso della medesima;

-) viceversa, nelle concessioni che prevedono la realizzazione di infrastrutture da parte del concessionario, il pagamento del canone riguarda soltanto l’utilizzo del suolo e non anche i manufatti, sui quali medio tempore insiste la proprietà superficiaria dei concessionari e lo Stato non vanta alcun diritto di proprietà;

-) un’interpretazione costituzionalmente corretta della disposizione in esame impone, quindi, la necessità di considerare la natura e le caratteristiche dei beni oggetto di concessione, quali erano all’avvio del rapporto concessorio, nonchè delle modifiche successivamente intervenute a cura e spese dell’amministrazione concedente.

Ora, secondo la società ricorrente, la devoluzione della controversia al giudice amministrativo discenderebbe dall’esigenza di verificare appunto natura e caratteristiche dei beni oggetto di concessione in relazione al preciso momento dell’avvio del rapporto concessorio, distinguendo altresì, secondo la previsione del comma 251, tra aree occupate con impianti di facile rimozione, per le quali è previsto un canone più contenuto, ed aree occupate con impianti di difficile rimozione, per le quali il canone è maggiore.

Ma, a parte il fatto che la sentenza impugnata afferma essere stato operato dal Comune di Varazze “il ricalcolo… del canone demaniale marittimo esclusivamente per gli specchi “acquei liberi”” (pagina 3 della sentenza impugnata), e soggiunge che la controversia è estranea al menzionato intervento della Corte costituzionale, dal momento che “nel caso del porto di (OMISSIS) non esistono allo stato attuale pertinenze demaniali (che si determinano allo scadere della concessione demaniale) per cui le innovazioni introdotte dalla legge finanziaria 2007 in materia di pertinenze demaniali non interessano il porto di (OMISSIS)” (pagina 9 della sentenza impugnata), sicchè – in mancanza di censure rivolte contro tali rationes decidendi – neppure viene in questione il tema dell’individuazione del compendio oggetto di concessione al momento dell’esordio del rapporto concessorio, è di tutta evidenza, in generale, che l’individuazione dei beni oggetto di concessione a quella data, come pure la successiva verifica se le aree siano occupate da impianti di facile o difficile rimozione, non involge alcuna valutazione discrezionale da parte dell’amministrazione, valutazione discrezionale che si sostanzia nell’apprezzamento e ponderazione degli interessi pubblici coinvolti, e, come si diceva, neppure di discrezionalità tecnica, risolvendosi, al contrario, nell’oggettivo accertamento della consistenza dei beni riguardo ai quali va operata la determinazione del canone sulla base dei vincolati parametri previsti dalla norma richiamata.

Entro tale quadro, il Comune di Varazze ha, dunque, proceduto, esercitando il proprio potere tecnico-ricognitivo, ad un mero accertamento tecnico all’esito del quale ha semplicemente provveduto all’aggiornamento quantitativo della misura del canone.

Alla luce delle esposte argomentazioni, deve, perciò, trovare conferma il principio in base al quale, in materia di concessioni amministrative di beni pubblici, il D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. b), (come il previgente della L. n. 1034 del 1971, art. 5, mod. dalla L. n. 205 del 2000, art. 7), nell’attribuire la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo fa espressamente salve le controversie aventi ad oggetto “indennità, canoni od altri corrispettivi”, che restano assoggettate al regime generale, a seconda che involgano diritti soggettivi a contenuto patrimoniale o l’esercizio di poteri discrezionali inerenti alla determinazione dei canoni od alla debenza del rimborso; ne consegue che le controversie attinenti alla sola rideterminazione dei canoni concessori, in applicazione di una cogente disposizione normativa (come nella specie), dovuti per la concessione d’uso di un bene pubblico (come per la concessione demaniale di un porto turistico) appartengono alla giurisdizione ordinaria, avendo ad oggetto diritti soggettivi a contenuto patrimoniale.

Resta da dire che il ricorso è totalmente carente del requisito dell’autosufficienza con riguardo alla denuncia di omessa pronuncia sulla richiesta di rinvio pregiudiziale, la qual cosa esime dall’osservare che, ove pure il Consiglio di Stato non si fosse pronunciato al riguardo, ciò non inciderebbe sulla soluzione della prospettate questioni di giurisdizione.

In definitiva, con riferimento alla fattispecie in questione, la giurisdizione deve essere attribuita al giudice ordinario in relazione alla corretta applicazione del disposto dell’art. 133, comma 1, lett. b), del c.p.a., con il conseguente rigetto del ricorso e la rimessione delle parti dinanzi al giudice ordinario competente, nel termine di legge.

6. – Nulla per le spese. Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni unite, rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale rimette le parti nel termine di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite civili, il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

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