Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28963 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/12/2020, (ud. 14/10/2020, dep. 17/12/2020), n.28963

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13568/2014 R.G. proposto da:

B.L. Pr. di B.G. & C. s.a.s. in liquidazione, in

persona del liquidatore pro tempore, rappresentato e difeso

dall’avv. Carmine Medici, con domicilio eletto presso il suo studio,

sito in Roma, via Leone IV, 38;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, n. 103/07/13, depositata il 15 febbraio 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 ottobre

2020 dal Consigliere Paolo Catallozzi.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

– la B.L. Pr. di B.G. & C. s.a.s. in liquidazione propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata il 15 febbraio 2013, che, in accoglimento dell’appello erariale, ha respinto il suo ricorso per l’annullamento della cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione presentata per l’anno 1998;

– il giudice di appello ha accolto il gravame erariale evidenziando che, diversamente da quanto sostenuto dalla Commissione provinciale, l’eccepito mancato invio della comunicazione di irregolarità non determinava la nullità della cartella di pagamento, attesa l’assenza di difformità tra quanto dichiarato dal contribuente e quanto richiesto con tale cartella;

– il ricorso è affidato a due motivi;

– resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– con il primo motivo di ricorso la contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R., artt. 54 e 56, (recte, D.Lgs. 31 dicembre 1992, e D.P.R. 29 settembre 1972, n. 602, art. 25, per aver la sentenza di appello omesso di esaminare la questione relativa alla prescrizione della pretesa erariale – non affrontata dal giudice di primo grado – sul fondamento della tardività dell’appello incidentale;

– osserva, in proposito, che il giudice di prime cure non si era pronunciato sul punto, per cui non vi era onere da parte sua di riproporre l’eccezione con appello incidentale, ma unicamente di riproporla con memoria difensiva, come puntualmente avvenuto;

– il motivo è infondato, pur occorrendo correggere la motivazione della sentenza ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c.;

– la Commissione regionale ha, infatti, errato nel pretendere la proposizione di appello incidentale, poichè il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56 non pone deroghe al canone generale in base al quale l’impugnazione postula una situazione di soccombenza, di modo che l’appello incidentale non deve (e non può) essere proposto dalla parte integralmente vittoriosa, quando intenda riproporre questioni assorbite dal giudice a qua, all’uopo richiedendosi – al fine di evitare la presunzione di rinuncia – solo la chiara manifestazione della volontà di reinserire le questioni medesime nel dibattito processuale riaperto dall’impugnazione dell’avversario (cfr. Cass., SS.UU., 25 maggio 2018, n. 13195);

– tale riproposizione, tuttavia, non solo deve essere, come espressamente richiede la norma, “specifica” (non potendo, quindi, esaurirsi in un generico richiamo al contenuto del ricorso introduttivo), ma deve essere effettuata nel termine stabilito per la costituzione in giudizio, rimanendo altrimenti preclusa (così, Cass. 18 dicembre 2014, n. 26830; Cass. 19 ottobre 2012, n. 17950);

– pertanto, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 23 e 54, l’onere della riproposizione delle questioni assorbite è assolto mediante il deposito di atto di controdeduzioni in appello, da compiersi entro sessanta giorni dal giorno in cui il ricorso è stato notificato l’atto di appello;

– nel caso in esame, la Commissione regionale ha dato atto che la costituzione in giudizio è avvenuta oltre tale termine, per cui correttamente ha ritenuto che la parte fosse incorsa nella preclusione dalla facoltà di riproposizione dell’eccezione di prescrizione, non esaminata in primo grado;

– con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 5, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, D.P.R. 28 gennaio 1998, n. 43, art. 67, comma 2, e D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54-bis, per aver il giudice di appello escluso, ai fini della legittimità della emissione della cartella, la necessità del previo invio della cd. comunicazione bonaria, benchè fossero emerse incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione;

– il motivo è inammissibile, in quanto muove dall’assunto dell’esistenza di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione che risulta essere smentito dalla sentenza impugnata, la quale ha posto a fondamento della sua decisione l’orientamento della giurisprudenza di legittimità sul punto che subordina l’obbligo dell’invio della comunicazione all’esistenza di siffatte incertezze;

– orbene, il vizio di violazione o falsa applicazione di legge non può che essere formulato se non assumendo l’accertamento di fatto, così come operato dal giudice del merito, in guisa di termine obbligato, indefettibile e non modificabile del sillogismo tipico del paradigma dell’operazione giuridica di sussunzione, là dove, diversamente (ossia ponendo in discussione detto accertamento), si verrebbe a trasmodare nella revisione della quaestio facti e, dunque, ad esercitarsi poteri di cognizione esclusivamente riservati al giudice del merito (cfr. Cass., ord., 13 marzo 2018, n. 6035; Cass., 23 settembre 2016, n. 18715);

– pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto;

– le spese processuali seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

– sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-bis se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 2.300,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

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