Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28957 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/12/2020, (ud. 14/10/2020, dep. 17/12/2020), n.28957

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21050/2012 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) s.r.l. in fallimento in persona del Curatore pro tempore

rappresentata e difesa giusta delega in atti dall’avv. Fabio Tonelli

(con indirizzo PEC avvfabiotonelli.puntopec.it) e con domicilio

eletto in Roma, presso lo studio legale Gallotti in via di

Sant’Elena n. 29;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

sez. staccata di Latina n. 478/40/11 depositata il 27/06/2011 non

notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

14/10/2020 dal Consigliere Roberto Succio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra il giudice di secondo grado ha respinto l’appello dell’Ufficio e quindi confermato la pronuncia della CTP di Latina che aveva sancito la illegittimità dell’atto impugnato, avviso di accertamento per IVA 2001;

– avverso la sentenza di secondo grado propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a due motivi; resiste con controricorso la società contribuente dichiarata fallita nelle more dei gradi di merito.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– vanno preliminarmente affrontate le eccezioni di inammissibilità di cui in controricorso;

– quanto all’eccezione di tardività del ricorso per cassazione, la stessa è palesemente infondata; il ricorso invero risulta posto in notifica in data 25 agosto 2012, quindi del tutto tempestivamente;

– quanto all’ulteriore eccezione relativa alla novità delle questioni poste con i motivi di ricorso, la stessa è pure infondata; dalla lettura della sentenza risulta chiaro come il thema decidendum abbia riguardato sin dall’inizio della vicenda la contestazione di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, con conseguente disconoscimento del credito iva derivante da dette operazioni;

– riguardo l’eccezione relativa all’applicazione nel presente caso dell’art. 360 bis c.p.c., la stessa è – come si vedrà – infondata in quanto il provvedimento impugnato ha deciso, erroneamente, discostandosi dalla giurisprudenza di questa Corte, e non uniformandovisi;

– quanto all’eccezione riguardate la violazione del principio di autosufficienza per mancata trascrizione in ricorso dei documenti, la stessa è infondata; la pronuncia della CTR viene censurata non quanto al profilo di cui all’eccezione, ma quanto alla violazione delle disposizioni in tema di riparto dell’onus probandi;

– riguardo l’eccezione consistente l’inammissibilità del ricorso in quanto diretto a sollecitare, in sostanza, questa Corte a una rivalutazione del merito, la stessa è infondata poichè l’articolazione dei motivi costituisce invece censura per violazione di legge e per vizio motivazionale, senza in alcun modo proporre nuova e diversa valutazione del materiale probatorio in atti;

– possono quindi esaminarsi i motivi di gravame;

– con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 54, in combinato disposto con gli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., tutti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice dell’appello violato le regole di riparto dell’onere probatorio, onerando illegittimamente l’Ufficio di fornire le prove in merito all’inesistenza delle operazioni relative alle fatture oggetto di contestazione;

– il motivo è fondato;

– in forza di costante orientamento di questa Corte è oramai pacifico (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 17619 del 05/07/2018; Sez. 5, Ordinanza n. 27554 del 30/10/2018) che in tema di IVA, una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l’emittente è una “cartiera” o una società “fantasma”) dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia;

– orbene, dopo aver enunciato un incipit corretto in diritto (“premesso che è onere dell’Ufficio fornire le prove in merito all’inesistenza delle operazioni relative a fatture ritenute non veritiere..”) la CTR non ha proseguito nel suo argomentare traendone le corrette conclusioni;

– infatti, essa ha successivamente ritenuto che “le argomentazioni dell’Ufficio non possano ritenersi idonee a fornire prova piena delle false fatturazioni”, con ciò comprimendo erroneamente la vis probatoria degli elementi presuntivi in atti che sarebbero insufficienti in quanto non costituenti prova diretta;

– a riprova dell’erronea prospettazione in diritto, è la stessa CTR a dar conto di una serie di circostanze di fatto (tra le quali “l’inesistenza della ditta SM di M.P., poichè priva di mezzi che potessero palesare l’esistenza di un’attività imprenditoriale”) che avrebbero invece dovuto rendere operante l’inversione dell’onere della prova in capo al contribuente, o la necessità comunque per questi di indicare circostanze suscettibili di rendere inapplicabile il meccanismo di prova presuntiva;

– diversamente la CTR ha ritenuto, anche quanto alla rivendita della merce oggetto della fatturazione che “nè tale prova andava fornita dal contribuente”, con ciò nel concreto dimostrando vieppiù di aver negato erroneamente vis probatoria agli elementi presuntivi dedotti dall’Ufficio e ammettendo quindi a suo favore unicamente la prova diretta;

– conseguentemente, il primo motivo di ricorso va accolto; la sentenza è cassata con rinvio al giudice del gravame per nuovo esame il quale si atterrà ai principi qui illustrati e provvederà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità;

– il secondo motivo di ricorso, alla luce della decisione sul motivo che precede, è assorbito.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sez. staccata di Latina, in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

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