Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28957 del 14/10/2021

Cassazione civile sez. trib., 14/10/2021, (ud. 16/06/2021, dep. 14/10/2021), n.27957

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33561-2018 proposto da:

D.G.G., D.G., elettivamente domiciliati

in ROMA, Piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di

Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato GIUDITTA MERONE;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3621/2018 della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA,

depositata il 17/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/06/2021 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

D.G.G. e D.G. impugnavano l’avviso di accertamento catastale n. (OMISSIS), con il quale l’Ufficio rettificava il classamento e l’attribuzione della rendita catastale di una unità abitativa sita nel Comune di (OMISSIS), di cui D.G. era nudo proprietario e D.G.G. usufruttuario. A seguito di lavori edili, i contribuenti avevano realizzato una fusione ed un ampliamento di un immobile, presentando ai fini catastali un DOCFA e proponendo un classamento in categoria A/2, classe 4, vani 8, con attribuzione di una rendita catastale di Euro 1.634,14, mentre l’Agenzia delle entrate con il suddetto avviso di accertamento riclassificava l’immobile ed attribuiva una nuova rendita catastale in categoria A/7, classe 4, vani 10,5, rendita catastale 2.516,18. La Commissione Tributaria 1Provinciale di Napoli, con sentenza n. 18598/2016, rigettava il ricorso rilevando la correttezza della procedura di attribuzione della rendita da parte dell’ufficio e ritenendo congruamente motivato l’atto impositivo. I contribuenti proponevano appello, che veniva respinto dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania con sentenza n. 3621/7/18, in ragione della legittimità dell’avviso di accertamento impugnato, la quale evidenziava che nella fattispecie si individuavano puntualmente i riferimenti giustificativi delle variazioni catastali, non assumendo rilievo la contraria valutazione espressa da una consulenza tecnica di parte. I contribuenti propongono ricorso per la cassazione della sentenza, svolgendo due motivi. L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia la nullità della sentenza in quanto recherebbe una motivazione apparente in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. I ricorrenti lamentano che la Commissione Tributaria Regionale motiverebbe la pronuncia per relationem alla decisione di primo grado, ma non spiegherebbe le ragioni di tale condivisione. La motivazione della decisione sarebbe pertanto apparente, in quanto inidonea a fornire le ragioni circa la presenza di elementi critici sui quali risulterebbe fondata la legittimità dell’atto di accertamento.

2. Con il secondo motivo si denuncia, in subordine, violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, e della L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto i giudici di appello avrebbero erroneamente giudicato l’atto di accertamento come validamente motivato, laddove, invece, non conterrebbe alcuna motivazione. L’accertamento si limiterebbe a comunicare il classamento attribuito dall’Agenzia in difformità a quello proposto dai contribuenti, senza però motivare le ragioni dello scostamento che coinvolge elementi di fatto e connotati intrinseci dell’immobile. La lettura del DOCFA e dell’accertamento evidenzierebbero come l’Agenzia abbia disatteso radicalmente gli elementi fattuali dichiarati dal contribuente senza fornire alcuna valida giustificazione della variazione operata.

3. Il primo motivo è infondato.

In tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia rilevi una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico- giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass. n. 25866 del 2010; Cass. n. 12664 del 2014). L’adita Commissione, motivando anche (e non solo) “per relationem” alla sentenza di primo grado, non esprime una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, ma svolge un esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame, rappresentando, sia pure sinteticamente, le ragioni del rinvio alle asserzione della Commissione Tributaria Provinciale.

Nella sentenza impugnata, pertanto, non sussiste il predicato vizio motivazionale, posto che il giudice di appello ha dato atto del percorso logico-giuridico seguito per giungere al proprio convincimento, illustrando anche di avere tenuto conto delle prove offerte dalle parti, pur avendole disattese, laddove espressamente si afferma che non può avere “pregio la contraria valutazione espressa dalla prodotta relazione tecnica, non utilizzabile appunto in quanto espressione di giudizi e non di fatti”. Le ragioni del condiviso riclassamento vengono, pertanto, esplicitate, sul presupposto dell’asserita completa motivazione dell’atto impositivo.

4. Va accolto, invece, il secondo mezzo relativo alla questione della valutazione della corretta motivazione dell’avviso di accertamento che ha disposto la rideterminazione del riclassamento.

Le critiche sono fondate.

Secondo l’indirizzo espresso da questi giudici di legittimità, che si condivide, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della procedura disciplinata dal D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, convertito in L. 24 marzo 1993, n. 75, e dal D.M. 19 aprile 1994, n. 701 (c.d. procedura DOCFA), l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento può ritenersi soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Amministrazione finanziaria e l’eventuale discrasia tra la rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati, mentre, in caso contrario, cioè nell’ipotesi in cui la discrasia non derivi dalla stima del bene, ma dalla divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente, la motivazione dovrà essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente, sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Cass. n. 23237 del 2014; Cass. n. 12497 del 2016; Cass. n. 31809 del 2018; Cass. n. 12777 del 2018; Cass. n. 25006 del 2019; Cass. n. 17016 del 2020).

La fattispecie in disamina è chiaramente riconducibile alla seconda ipotesi. Si rileva dalla lettura della motivazione dell’atto impositivo che i ricorrenti hanno riportato in ricorso, in ossequio al principio di autosufficienza, che l’accertamento coinvolge gli elementi di fatto indicati dal contribuente, quali: la tipologia, modificata da categoria A/2 civile abitazione a catagoria A/7 villino ed il numero dei vani, modificati da n. 8 a n. 10,5. La motivazione dell’atto impositivo consiste nella indicazione del nuovo classamento attribuito dall’Agenzia, fondato sulla modifica della tipologia dell’immobile e del numero dei vani indicati dai contribuenti nel DOCFA.

E’ noto al Collegio l’indirizzo espresso da questa Corte, che non si condivide per le ragioni di seguito illustrate, secondo cui la ridetermi-nazione del numero dei “vani catastali”, che non rispecchia lo stato materiale della suddivisione interna dell’immobile, è frutto di plurime operazioni di calcolo aritmetico sulla base di parametri oggettivi, nella cui applicazione si tiene conto della natura, della superficie, dell’utilizzo, della funzione e della redditività in relazione alla destinazione edilizia dell’immobile (art. 40 ss. del “Regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano”, approvato con D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142). Da tale premessa logica, il suddetto orientamento trae la conclusione che la eventuale difformità tra la consistenza denunciata dai ricorrenti e la consistenza accertata dall’Ufficio o della qualificazione dell’immobile (es. da civile abitazione a villino) nell’ambito della procedura DOCFA può derivare da una diversa valutazione, qualificazione o classificazione dei medesimi elementi di fatto (descrizione, misure, grafici e planimetrie), che vengono elaborati sulla base dei criteri tecnici fissati dalla disciplina regolamentare in materia catastale. Sicché, non sarebbe necessario che l’Amministrazione fornisca al contribuente una motivazione più particolareggiata per l’atto di riclassamento con specifico riguardo alle differenze emerse all’esito dell’accertamento rispetto alla proposta dallo stesso formulata con DOCFA (v. Cass. n. 3104 del 2021 con cui è affermato che: “In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della c.d. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso, in caso di rideterminazione del numero dei vani catastali, è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, atteso che in tal caso l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita deriva da una diversa valutazione tecnica dei medesimi elementi di fatto, operata sulla base dei criteri tecnici fissati dalla disciplina regolamentare in materia catastale’).

A tali principi questo Collegio non intende dare continuità, tenuto conto che proprio l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita non è una operazione che scaturisce da una differente valutazione tecnica dei medesimi elementi di fatto, ma proprio dal mutamento e, quindi, dalla diversa considerazione di quel tipico ed essenziale elemento di fatto costituito dalla consistenza e dal numero dei vani assunto quale parametro in grado, anche da solo, di legittimare la variazione di classe e rendita in cui si concreta il riclassamento.

Questa Corte, con altra condivisibile pronuncia, ha precisato che “l’incidenza sul classamento del numero e della distribuzione dei vani e della loro idoneità in concreto a determinare un incremento di consistenza implicasse appunto l’accertamento di elementi fattuali richiedenti, già nell’avviso e quindi prima che nella sede processuale, una più diffusa motivazione; e – dall’altro – come il passaggio di classe e rendita per effetto della maggiorazione del numero dei vani da 7 a 8,5 comportasse non già una mera insignificante ‘rettificà, come vorrebbe la ricorrente, ma proprio una diversa ricostruzione di elementi estimativi di origine prettamente fattuale” (v. Cass. n. 12278 del 2021 in motivazione). A questa soluzione interpretativa si intende dare seguito, essendo dirimente la circostanza che la diversa distribuzione dei vani è nella sostanza una diversa ricostruzione di elementi estimativi di orgine fattuale, con la conseguenza che la motivazione dell’avviso di accertamento deve consentire di evidenziare adeguatamente le ragioni della pretesa fiscale, e quindi le ragioni della rettifica del classamento richiesto dal contribuente con DOCFA.

5. In definitiva, va accolto il secondo motivo di ricorso e rigettato il primo, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito con accoglimento del ricorso introduttivo proposto dai contribuenti. Tenuto conto della mancanza di univocità di indirizzi giurisprudenziali sulle questioni oggetto di esame, le spese di lite di ogni fase e grado vanno interamente compensate tra le parti.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario proposto dai contribuenti.

Compensa le spese di lite di ogni fase e grado.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 16 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2021

 

 

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