Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28945 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/12/2020, (ud. 09/07/2020, dep. 17/12/2020), n.28945

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. R.G. 15675/2014 proposto da:

V5 Società semplice in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Alessio Foligno, con

domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via Niccolò Paganini

n. 15;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente/ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte n. 152/31/13, depositata il 16 dicembre 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 luglio 2020

dal Consigliere Enrico Manzon.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 152/31/13, depositata il 16 dicembre 2013, la Commissione tributaria regionale del Piemonte respingeva l’appello proposto da V5 Società semplice avverso la sentenza n. 154/18/11 della Commissione provinciale tributaria di Torino che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento IVA 2006.

La CTR, per quanto in questo giudizio rileva, osservava in particolare che erano infondate le eccezioni di invalidità dell’atto impositivo impugnato per vizi della sottoscrizione e per difetto di motivazione; che nemmeno la contestazione delle sanzioni aveva fondamento, in quanto l’agenzia fiscale, in autotutela, le aveva ridotte al minimo edittale.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente deducendo quattro motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate che propone altresì ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 – 5, – la ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, comma 3, della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 129, poichè la Commissione tributaria regionale, erroneamente attribuendole l’onere di provare la sua eccezione di invalidità della delega conferita al funzionario sottoscrittore dell’avviso di accertamento de quo, l’aveva comunque ritenuta infondata affermando la validità formale e giuridica di detta delega funzionale, che di contro la ricorrente ritiene viziata trattandosi di atto non delegabile.

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 – 5, – la ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 4, comma 2, del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 53, dell’art. 2697, c.c., poichè la CTR ha affermato la validità della sottoscrizione dell’atto impositivo impugnato ancorchè il funzionario sottoscrittore non avesse la qualifica (dirigenziale) richiesta dalle disposizioni legislative evocate.

Le censure, da esaminare congiuntamente per connessione, sono infondate.

Va ribadito che “La delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 42, ha natura di delega di firma – e non di funzioni – poichè realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante, con la conseguenza che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa” (Cass., n. 11013 del 19/04/2019, Rv. 653414 – 01). Ciò posto, va rilevato che il giudice tributario di appello ha affrontato puntualmente l’eccezione sollevata dalla società contribuente e l’ha correttamente risolta, in sostanziale conformità di detto principio di diritto.

La CTR piemontese sulla questione ha infatti così argomentato: “In ogni caso l’atto in esame è stato sottoscritto dal signor F.D. che risulta essere stato delegato dal titolare dell’Ufficio come da ordine di servizio n. (OMISSIS). Come ulteriore evidenza dell’infondatezza dell’eccezione mossa occorre rilevare che nell’ordinamento amministrativo sono previsti due tipi di delega: una di firma e l’altra di funzione, la prima può quindi riferirsi a esigenze di funzionalità che nulla hanno a che vedere sulle specificità delle funzioni svolte. Le critiche mosse pertanto non incidono sull’efficacia del provvedimento, non essendo in contestazione la titolarità della funzione e la conseguente legittimità dell’atto”.

Trattasi di giudizio di merito che, come detto, è corretto in diritto, non può essere revisionato in questa sede nei profili fattuali e che comunque assorbe la questione della spettanza dell’onere probatorio relativo all’eccezione stessa.

Con il terzo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 – 5, – la ricorrente denuncia la violazione/falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., comma 1, della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, secondo periodo, poichè la CTR non ha accolto la sua eccezione di invalidità dell’avviso di accertamento per carenza della motivazione ed in particolare per la mancata allegazione del PVC sottostante.

La censura è infondata.

Va ribadito che “In tema di motivazione “per relationem” degli atti d’imposizione tributaria, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’Amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione” (Cass. n. 407 del 14/01/2015, Rv. 634243 – 01).

Ciò posto, anche in relazione all’eccezione de qua la CTR piemontese si è puntualmente ed adeguatamente espressa, osservando che “In relazione alla carenza di motivazione dell’avviso di accertamento (punto 10) le contestazioni mosse contrastano con il contenuto del PVC a cui il provvedimento fa riferimento e dove sono reperibili, per l’anno in esame, le risultanze dei controlli effettuati, i dati rilevati e le irregolarità riscontrate, tutti elementi oggettivi (nella piena conoscenza dell’interessata, vedi allegati al ricorso introduttivo) che non sono stati soggetti a critica da parte della ricorrente”.

In piena aderenza a detto principio di diritto il giudice tributario di appello ha dunque motivatamente disatteso l’eccezione de qua ed il correlativo motivo di gravame.

Con il quarto motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 – 5, – la ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione del D.Lgs. n.. 472 del 1997, art. 7, comma 1, del D.Lgs. n.. 472 del 1997, art. 12, del D.Lgs. n.. 472 del 1997, art. 16, comma 2, dell’art. 112 c.p.c., poichè la CTR non ha pronunciato sul motivo di appello relativo alle sanzioni irrogate con l’avviso di accertamento impugnato ovvero non lo ha fatto in modo adeguatamente motivato ovvero ancora ponendosi in contrasto con le relative disposizioni legislative di diritto sostanziale, come evocate.

La censura è infondata.

In primo luogo non sussiste affatto la denunciata omessa pronuncia nè il dedotto vizio motivazionale, poichè la questione de qua, pur succintamente, è stata affrontata nella motivazione della sentenza impugnata.

La CTR infatti ha osservato che “Per la doglianza di cui al punto 12 si ritiene che essa sia superata dal fatto che l’ufficio ha provveduto a ridurre le sanzioni ad 1/8 ovvero il minimo previsto (D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5 bis, D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12)”.

Con ciò il giudice tributario di appello ha comunque implicitamente escluso la sussistenza di cause di non punibilità delle condotte sanzionate (cfr. in tal senso Cass. n. 29191 del 06/12/2017, Rv. 646290 – 01).

In relazione alle dedotte violazioni/false applicazioni di legge disciplinanti il trattamento sanzionatorio applicato in concreto è peraltro evidente che i dedotti profili di critica della sentenza impugnata inammissibilmente attingono il merito del giudizio operato sul punto dal giudice tributario di appello in piena conformità di quello dato dal giudice di primo grado.

In conclusione il ricorso principale va rigettato, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricordo principale assorbito l’incidentale; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 4.000 oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

 

 

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