Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28938 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. II, 27/12/2011, (ud. 07/12/2011, dep. 27/12/2011), n.28938

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.F. (OMISSIS), P.R.M.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI VILLA

PEPOLI 4, presso lo studio dell’avvocato COLUZZI ALESSANDRO,

rappresentati e difesi dall’avvocato PANZA GIUSEPPE;

– ricorrenti –

contro

D.L.A. (OMISSIS), C.M.,

C.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DARDANELLI 37, presso lo studio dell’avvocato CAMPANELLI

GIUSEPPE, rappresentati e difesi dagli avvocati SEMERARO ANGELA RITA,

CELLAMARE ANGELO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 278/2005 della CORTE D’APPELLO di LECCE

sezione distaccata di TARANTO, depositata il 14/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/12/2011 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito l’Avvocato Alessandro COLUZZI con delega depositata in udienza

dell’Avvocato Fabrizio PANZA, difensore dei ricorrenti che ha chiesto

accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Paolo MANCINI, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato Angelo CELLAMARE difensore dei resistenti che ha

chiesto il rigetto del ricorso, l’avvocato fa presente che le memorie

da parte ricorrente sono firmate dall’avvocato Fabrizio Panza non

avente procura a stare in giudizio;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.L. ed D.L.A. il 24.5.1989 ricorrevano al Pretore di Taranto perchè inibisse ai convenuti F. B. e P.R., proprietari del fondo confinante con quello di loro proprietà, la prosecuzione della costruzione del loro stabile in quanto realizzato senza l’osservanza delle norme in tema di distanze legali tra edifici. Si costituivano i convenuti chiedendo il rigetto del richiesto provvedimento cautelare atteso che, tra le altre cose, l’opera doveva ritenersi completata all’atto di proposizione della domanda,- e per tale motivo il pretore adito rigettava l’istanza di provvedimento interinale, rimettendo le parti avanti al tribunale, competente ratione valoris.

La causa quindi, con atto in data 9.10.90 veniva riassunta dai C. – D.L. avanti al tribunale di Taranto per sentire ordinare ai convenuti P. – B. la demolizione della loro costruzione nella parte risultante edificata in spregio delle distanza legali. I convenuti richiamavano le ragioni già esposte nella fase cautelare, e cioè la mancanza di legittimazione attiva degli attori che non erano proprietari del suolo attiguo per l’asservimento fattone in favore del comune di Taranto, per la documentata mancanza di violazione delle distanze legali di talchè nessun danno essi potevano lamentare.

Il tribunale, con sentenza in data 17.4/7.6.2002 rigettava la domanda attrice, ritenendo che, per effetto della menzionata acquisizione della fascia di terreno al demanio pubblico comunale e per la sua destinazione a strada pubblica, nel caso in esame era applicabile la normativa di cui all’art. 879 c.c., comma 2, per cui la costruzione dei coniugi B. – P., in quanto realizzata in confine con la via pubblica, soggiaceva, non già alla normativa in materia di distanze legali, ma alle leggi e regolamenti che la riguardavano.

Avverso la predetta decisione proponevano appello M. C. e C.L., quali eredi di C.L., nonchè D.L.A. insistendo nelle loro precedenti richieste ed istanze. Facevano notare come il primo giudice si era discostato dalle conclusioni rassegnate dai due precedenti CTU circa l’inesistenza di qualsiasi strada pubblica tra i due fondi e della conseguente sussistenza della violazione della normative sulle distanze tra edifici. Inoltre ritenevano che gli atti di asservimento e cessioni di porzione di suolo e la loro destinazione a strada pubblica comunale non erano idonei ad integrare il presupposto richiesto dalla legge per l’esonero della costruzione dall’osservanza delle distanze legali tra edifici ex art. 879 c.c., comma 2.

Resistevano gli appellati chiedendo il rigetto dell’impugnazione.

L’adita Corte d’Appello di Lecce, sez. distaccata di Taranto, con sentenza n. 278/05 depos. in data 14.9.2005, accoglieva l’appello e, per l’effetto, condannava gli appellati B. e P. all’arretramento della loro costruzione a distanza legale, in modo che essa distasse dal confine di proprietà C. – D.L. lato Sud mt. 6,415, nonchè al risarcimento dei danni ed al pagamento delle spese del doppio grado. La corte territoriale riteneva che l’intervenuta stipulazione di atti di asservimento e cessione di porzione di suolo e della destinazione di dette porzioni a strada pubblica comunale non erano circostanze di per sè idonee ad integrare il presupposto di esonero dalle distanze legali di cui al citato art. 879 c.c., – ma occorreva l’effettiva ed irreversibile trasformazione dell’area ceduta in strada pubblica. Sottolineava peraltro che non era neppure emerso dall’espletata CTU che la striscia di terreno ceduta al comune di Taranto dal dante causa dei coniugi B. – P. (sig. A.N.) e di quella pure asservita allo stesso uso dal frontista ing. R., dante causa degli appellanti, era stata poi effettivamente destinata a strada pubblica, attraverso l’esecuzione di opere pubbliche di irreversibile trasformazione della stessa, e ciò soltanto poteva implicare ai sensi del citato art. 879 c.c. l’esonero degli appellati dall’osservanza delle distanze legale. previstagli strumenti urbanistici locali. Avverso la suddetta decisione i sig.ri B. – P. ricorrono per cassazione sulla base di una sola complessa censura, illustrata da successiva memoria ex art. 378 c.c. Gli intimati resistono con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo del ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 879 c.c., comma 2, nonchè insufficiente e incongrua motivazione circa un punto decisivo.

Gli esponenti criticano la decisione impugnata nel punto in cui postula l’effettiva trasformazione dell’area ceduta al comune in strada pubblica per l’applicazione dell’art. 879 c.c.. In realtà la giurisprudenza della S.C. richiamata dal giudice a quo non si attaglia al caso di specie, in cui il terreno non è più di proprietà privata, ma è stato acquisito al demanio comunale e quindi si tratterebbe di terreno con destinazione pubblica. Nella fattispecie in esame, in altre parole, non vi è solo una mera previsione del PRG o di altro strumento urbanistico di destinazione dell’area a strada pubblica, ma il terreno stesso è stato acquisito al demanio comunale, ha quindi destinazione pubblica f per cui è applicabile nel caso di specie la disposizione di cui all’art. 879 c.c., comma 2. La doglianza non è fondata.

Occorre ricordare che i controricorrenti hanno sempre contestato che sia mai esistita ovvero esistei alcuna strada tra i due fondi nè la striscia di terreno ceduta sia mai stata trasformata in strada. E’ pacifico ancora che nessuna strada sia stata mai prevista in nessun atto di programmazione edilizia del comune di Taranto.

Invero la giurisprudenza di questa Corte ha sempre ritenuto che l’eccezionale deroga alla disciplina delle distanze nelle costruzioni di cui all’art. 879 c.c., comma 2 opera esclusivamente per quelle che si fanno a confine di piazze o vie propriamente pubbliche, secondo lo stretto significato che, nell’ordinamento, ha la nozione di questa categoria di beni, esclusivamente riferibile alle vie o piazze appartenenti ad un ente territoriale autarchico e, perciò, demaniali e soggette a regime demaniale, ovvero realizzate su terreni gravati da diritto pubblico di godimento al fine della circolazione, parimenti soggette al regime della demanialità (Cass. n. 1429 del 12/02/1994). La mera previsione, in un piano regolatore generale o in un programma di fabbricazione, della destinazione di un terreno privato a strada pubblica, o anche la destinazione di fatto ad uso pubblico di tale terreno, senza la esecuzione di opere (pubbliche) di irreversibile trasformazione e la conseguente appropriazione cosiddetta acquisitiva dell’immobile da parte della P.A., non producono, di per sè, una modificazione immediata del regime dei diritti immobiliari privati e non basta, pertanto, ad esimere il proprietario confinante dal rispetto delle distanze legali, perchè l’eccezionale deroga alla disciplina delle distanze nelle costruzioni di cui all’art. 879 cod. civ., comma 2 opera esclusivamente per quelle che si fanno a confine di piazze o vie propriamente pubbliche, secondo lo stretto significato che, nell’ordinamento, ha la nozione di questa categoria di beni, esclusivamente riferibile alle vie o piazze appartenenti ad un ente territoriale autarchico e, perciò, demaniali e soggette a regime demaniale, ovvero realizzate su terreni gravati da diritto pubblico di godimento al fine della circolazione, parimenti soggette al regime della demanialità. (Cass. Sez. 2, Corte Suprema di Cassazione – n. 1429 del 12/02/1994). Nella fattispecie è pacifico che sull’area non insiste, allo stato, nè ¯ via nè una piazza pubblica, per cui si deve ritenere che in terminai distanze legali non sia applicabile l’art. 879 c.p.c., comma 2.

In conclusione il riscorso dev’essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso, condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 3.000,00, di cui Euro 2.800,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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