Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28935 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/12/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 17/12/2020), n.28935

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20403/2013 proposto da:

C.S., in proprio e quale socio accomandatario e legale

rappresentante della società BARAONDA CAFE’ S.a.s. di

C.S. e C., C.C., F.G. e F.P., tutti

eredi del socio accomandante F.D., rappresentati e difesi

dall’avv. Pietro Annese del Foro di Roma ed elettivamente

domiciliati in Roma, Via Cicerone, n. 44, presso lo studio del

predetto difensore;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12;

– resistente –

AGENZIA DELLE ENTRATE, Direzioni provinciali di Roma e di Latina;

– intimate –

avverso

la sentenza della Commissione Tributaria del Lazio n. 158/38/13

pronunciata il 20.3.2013 e depositata il 15.4.2013;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14.1.2020 dal Consigliere Giuseppe Saieva.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. C.S., legale rappresentante della s.a.s. Baraonda Cafè, esercente attività di bar e tavola calda in Roma, impugnava unitamente con gli altri soci, l’avviso di accertamento mediante il quale l’Agenzia delle Entrate, previa verifica eseguita nei locali della società, contestava un maggior imponibile per l’anno 2003 ai fini delle Imposte Dirette ed IRAP per complessivi Euro 152.337,00 e una maggiore IVA per un importo complessivo di Euro 15.223,00, oltre interessi e sanzioni.

2. La Commissione Tributaria Provinciale di Roma rigettava il ricorso dei contribuenti i quali proponevano appello asserendo che, in presenza di una contabilità ineccepibile, il metodo induttivo era precluso.

3. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio con sentenza n. 158/38/13, pronunciata il 20.3.2013 e depositata il 15.4.2013, confermava la decisione di primo grado ritenendo condivisibile la tesi della C.T.P. che a sua volta aveva ritenuto corretta la rettifica del reddito operata dall’Ufficio con un metodo induttivo appropriato poichè i prezzi dei prodotti indicati nei listini erano in netto contrasto con i ricavi dichiarati, talchè riteneva che la maggiore pretesa dell’Amministrazione Finanziaria era giustificata da molteplici riscontri oggettivi e da presunzioni fondate su fatti circostanziati, gravi e concordanti.

4. Avverso tale decisione i contribuenti hanno quindi proposto ricorso per cassazione affidandolo ad un unico articolato motivo.

5. L’Agenzia delle entrate non si è costituita in giudizio riservandosi di partecipare all’eventuale pubblica udienza.

6. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 23.10.2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e dell’art. 380 bis 1 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con un unico motivo i ricorrenti deducono congiuntamente “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e degli artt. 2727,2729 e 2697 c.c.” nonchè “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione”, lamentando che pur in presenza di una regolare contabilità, la C.T.R. ha ritenuto legittimo l’accertamento induttivo, ritenendo presunzioni gravi, precisi e concordanti un mero calcolo aritmetico non costituente media ponderata, svincolato dalla realtà di fatto e di diritto.

2. Detto motivo è infondato quanto alla violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed inammissibile quanto al dedotto vizio motivazionale.

3. I ricorrenti ritengono infatti che gli elementi assunti dalla Amministrazione a fondamento dell’accertamento induttivo, e come tale riconosciuto anche dal giudice regionale, siano indizi insufficienti, privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, sicchè mancherebbe la prova presuntiva richiesta dall’art. 2729 c.c. e dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), per l’applicazione del metodo anzidetto.

4. La giurisprudenza di legittimità ha tracciato il corretto procedimento logico del giudice di merito nella valutazione degli indizi, in particolare affermando che la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno ricavati dal loro complessivo esame, in un giudizio globale e non atomistico di essi (ciascuno dei quali può essere insufficiente), ancorchè preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perchè è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza e ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (tra le più recenti cfr. Cass., sent. n. 12002/2017; Cass. n. 5374/2017). Ciò che rileva, in base a deduzioni logiche di ragionevole probabilità, non necessariamente certe, è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, salvo l’ampio diritto del contribuente a fornire la prova contraria. Quanto alla ipotesi dell’unico indizio, anche di recente si è affermato che in tema di accertamento induttivo del reddito di impresa, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), il convincimento del giudice in ordine alla sussistenza di maggiori ricavi non dichiarati da un’impresa commerciale può fondarsi anche su una sola presunzione semplice, purchè grave e precisa (Sez. 5, ord. n. 30803 del 2017).

5. Occorre allora verificare se nella sentenza gravata sia stato fatto buon governo dei principi appena esposti. Nella sentenza si afferma che l’accertamento induttivo de quo “è basato su presunzioni univoche e attendibili che hanno portato alla ricostruzione dei ricavi non dichiarati attraverso la rideterminazione della percentuale di ricarico applicata sul costo del venduto tenendo conto dei prezzi di vendita così come esposti nei cartellini. Conseguentemente la tesi dei primi giudici è condivisibile in quanto la ricostruzione fatta dall’Ufficio risulta sufficientemente provata con un metodo contabile pressochè appropriato poichè i prezzi praticati attraverso i predetti listini erano in netto contrasto con i ricavi dichiarati… pertanto l’Amministrazione Finanziaria… ha dimostrato completamente la fondatezza della maggiore pretesa attraverso una serie di riscontri oggettivi o con presunzioni discendenti da fatti circostanziati, gravi e concordanti e da cui si poteva in modo incontestabile dedurre che il ricarico accertato era quello effettivo”. La stessa Commissione ha poi ritenuto che “la tesi del contribuente non è condivisibile poichè si riporta elusivamente a mere ripetizioni di rito e non supportando nessun elemento di fatto e di diritto alla tesi dell’ufficio. Nella circostanza va detto che l’aver preso in considerazione diversi prodotti maggiormente venduti (caffè, ecc.) e quindi significativi, costituisce un sufficiente riscontro della inattendibilità dei ricavi stessi”; ed ancora, secondo la C.T.R., i contribuenti non hanno provato quanto argomentato in sede di appello, limitandosi a formulare generiche contestazioni inidonee ad inficiare l’accertamento, non provando che i costi per la merce acquistata secondo quanto risultante dalla contabilità prodotta subisse un diverso ricarico da quello accertato (certamente superiore al 30%).

6. La motivazione fa dunque espresso richiamo ad una serie di fattori, che per un verso, a fronte della pur formalmente regolare contabilità, evidenzia costi per forniture (caffè, bevande, liquori, ecc.) che giustificano ampiamente il ricorso al metodo di accertamento induttivo; per altro verso non appare che i suddetti elementi indiziari siano stati utilizzati con illogicità o erroneità da parte del giudice regionale.

7. In conclusione non emergono errori nel governo delle prove presuntive allegate dall’Ufficio, mentre ogni tentativo dei ricorrenti di contestare i risultati costituisce una sollecitazione a rivalutare il merito dell’accertamento, ciò che è inibito in sede di legittimità in quanto riservato al giudice di merito.

8. Infine, in punto di motivazione va osservato che a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, nella specie applicabile ratione temporis, è venuta meno la possibilità di demandare a questa Corte il controllo in ordine alla logicità e sufficienza della motivazione, talchè appare evidente come il vizio prospettato dalla parte contribuente risulti inammissibile involgendo la logicità della motivazione, ma non vertendosi in tema di motivazione inesistente o apparente.

9. Nel caso in esame i ricorrenti non denunciano infatti alcun omesso esame di un fatto storico, ma limitandosi a ribadire le medesime doglianze formulate nel giudizio di merito, censurano globalmente ed indistintamente la motivazione, denunciandone sostanzialmente l’insufficienza (vizio non più deducibile secondo il “riformato” art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), e sollecitano questa Corte a sostituirsi al giudice di merito nell’esame complessivo delle risultane probatorie, in tal modo formulando censure di merito non ammesse nel giudizio di legittimità.

10. Il ricorso va pertanto rigettato. Nulla sulle spese non avendo l’amministrazione finanziaria svolto alcuna attività difensiva. Sussistono i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, in Camera di Consiglio, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

 

 

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