Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28933 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/12/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 17/12/2020), n.28933

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12569/2013 proposto da:

C.L., rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Tinelli e

dall’avv. Giovanni Contestabile del Foro di Roma, presso il cui

studio sito in Roma, Via di Villa Severini, n. 54, è elettivamente

domiciliato;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, Via dei

Portoghesi, n. 12

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria della Puglia n.

117/14/12 pronunciata il 25.10.2012 e depositata il 5.11.2012

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14.1.2020 dal Consigliere Giuseppe Saieva.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. C.L., esercente attività di autotrasportatore, impugnava dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bari l’avviso di accertamento per IRPEF ed addizionali (regionali e comunali), con cui l’Agenzia delle Entrate Direzione provinciale di Barletta Andria Trani rettificava il reddito d’impresa dichiarato per l’anno 2005 da Euro 19.948,00 ad Euro 63.029,00 e la maggiore imponibilità IVA al 20% per ricavi di Euro 46.600,00.

2. La C.T.P. rideterminava i ricavi d’impresa riducendoli da Euro 154.240,00 ad Euro 146.611,00, rigettando nel resto il ricorso, ed anche la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, con sentenza n. 117/14/12 pronunciata il 25.10.2012 e depositata il 5.11.2012, rigettava l’appello proposto dal contribuente, ritenendo che l’errata esposizione dei dati contabili in dichiarazione ed i conferimenti in contanti nelle casse della società senza alcuna dimostrazione della loro provenienza, legittimavano l’Ufficio ad avvalersi degli studi di settore D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett “d”; decisione che la C.T.R. riteneva ulteriormente suffragata dalla esibizione effettuata dal contribuente dopo la chiusura della verifica e del relativo verbale di constatazione di fotocopie di schede carburante presentate a giustificazione dell’ulteriore incidenza dei relativi costi, in assenza delle relative scritture contabili e di inerente documentazione ed in presenza di anomali e ingiustificati versamenti in cassa di denaro contante.

3. Il C. ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, chiedendo l’annullamento della sentenza anzidetta.

4. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

5. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 14.1.2020, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e dell’art. 380 bis 1 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39, comma 1, lett. d, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, in relazione all’art. 2727 e ss. c.c. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).” contestando la decisione impugnata nella parte in cui la C.T.R. ha ritenuto legittima la ricostruzione di maggiori ricavi operata dall’Ufficio con metodo analitico induttivo ai sensi delle disposizioni anzidette in difetto di presunzioni gravi, precise e concordanti degli elementi considerati. Peraltro la C.T.R. avrebbe erroneamente ritenuto idonea presunzione la percentuale media di incidenza dei costi sui ricavi dell’ultimo triennio, non tenendo conto che nell’anno di accertamento (2005) la ditta disponeva di due soli automezzi (tre solo per un tempo limitato), nè dell’incidenza nel 2004 di un autotreno con rimorchio frigorifero, a più alto consumo.

2. Con il secondo motivo deduce “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, in relazione all’art. 2697 c.c. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, ritenendo che la C.T.R. non abbia tenuto adeguatamente conto di come l’onere della prova gravasse, in prima battuta, sulla Amministrazione Finanziaria, parte attrice sostanziale nel giudizio tributario, e non sul contribuente, mentre avrebbe dovuto prima rilevare se la ricostruzione induttiva dei ricavi contenuta nell’avviso di accertamento potesse ritenersi una prova idonea a sostenere adeguatamente la tesi erariale e solo dopo una positiva verifica in tal senso, l’onere probatorio si sarebbe invertito a carico del contribuente.

3. Entrambi i motivi, suscettibili di trattazione congiunta per connessione, sono inammissibili e comunque infondati, avendo la sentenza impugnata fatto buongoverno dei principi affermati da questa Corte in tema di accertamento con metodo analitico-induttivo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d).

3.1. La C.T.R. ha infatti correttamente valutato la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del metodo analitico-induttivo di cui alla disposizione citata e non ha in alcun modo deviato dalla corretta applicazione del riparto dell’onere probatorio, valutando nel merito le risultanze istruttorie idonee a confermare l’operato dell’Amministrazione finanziaria.

3.2. Va, infatti, osservato che l’accertamento con metodo analitico-induttivo, con il quale l’Ufficio finanziario procede alla rettifica di componenti reddituali, è consentito anche in presenza di contabilità formalmente tenuta, giacchè la disposizione presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e, tuttavia, contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente dubitare della completezza e fedeltà della contabilità esaminata; sicchè essa possa essere considerata, nel suo complesso, inattendibile (Cass. 26341/09; 5731/12).

3.3. Nel caso concreto, dall’esame dell’impugnata sentenza e degli atti del presente giudizio, si evince che i rilievi di carattere formale, mossi al contribuente, consistevano negli ingiustificati conferimenti di denaro contante nelle casse della società, nell’approssimarsi di un saldo di cassa negativo, senza alcuna dimostrazione della loro provenienza, oltre che nella esibizione di fotocopie di schede carburante effettuata dopo la chiusura della verifica e redazione di relativo verbale di constatazione; schede presentate a giustificazione di ulteriore incidenza dei relativi costi, in assenza delle relative scritture contabili e inerente documentazione oltre che di relativo riscontro finanziario di spesa. Ciò posto, non può revocarsi in dubbio che la complessiva inattendibilità della contabilità aziendale, desunta dai rilievi suesposti e ritenuta, dai giudici di merito, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrente, con valutazione insindacabile in questa sede, era idonea a legittimare l’accertamento induttivo, correttamente espletato dall’Ufficio sulla base del riscontro dei consumi di carburante rilevati, apparendo legittimo in tema di accertamento presuntivo del reddito di un’impresa di autotrasporti, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), il calcolo dei costi operato sulla base dei consumi di carburante.

3.4. Quanto poi all’onere della prova questa Corte ha chiarito che, in tema di accertamento induttivo dei redditi d’impresa, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d), l’atto di rettifica, qualora l’ufficio abbia sufficientemente motivato, specificando gli indici di inattendibilità dei dati relativi ad alcuni elementi e dimostrando la loro astratta idoneità a rappresentare una capacità contributiva non dichiarata, è assistito da presunzione di legittimità circa l’operato degli accertatori, nel senso che null’altro l’ufficio è tenuto a provare, se non quanto emerge dal procedimento deduttivo fondato sulle risultanze esposte, mentre grava sul contribuente l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate (cfr. Cass. n. 14068/2014).

3.5. Nel caso di specie, pertanto, una volta riscontrati dall’Ufficio specifici elementi di inattendibilità, null’altro l’Ufficio era tenuto a provare, spettando invece al contribuente dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate con elementi specifici e riscontri documentali.

3.6. Contrariamente all’assunto del ricorrente, il metodo di ricostruzione del reddito d’impresa utilizzato dall’Ufficio, nel caso di specie, deve ritenersi del tutto legittimo.

4. Con il terzo motivo il ricorrente deduce “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5); violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)” non avendo la C.T.R. esaminato le fatture depositate con le schede carburante allegate alla memoria ritenute insufficienti “in assenza delle relative scritture contabili e inerente documentazione”.

4.1. Tale censura è inammissibile con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed infondata con riferimento alla violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.

4.2. Invero, trattandosi di sentenza pubblicata il 22.11.2012, nessuna violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5, può essere denunciata in questa sede al di fuori dell’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; anomalia che nella specie non risulta dedotta, essendosi il ricorrente limitato a denunciare ex artt. 115 e 116 c.p.c. l’omesso esame delle fatture depositate in appello in data 16.9.2011, unitamente con le schede carburante, che la sentenza non avrebbe considerato nel ritenere le schede insufficienti “in assenza delle relative scritture contabili e inerente documentazione”.

4.3. Al riguardo va osservato che, non avendo il ricorrente contestato la genericità dell’invito alla produzione documentale, nè la mancanza dell’indicazione delle preclusioni connesse, le fatture tardivamente prodotte in appello unitamente con la memoria del 16.9.2011, dopo la “chiusura della verifica” e della “redazione del relativo verbale di constatazione”, correttamente sono state pretermesse in quanto ritenute inutilmente prodotte e, quindi, completamente irrilevanti (cfr. Cass. 27.9.2013 n. 22126, nonchè 26.5.2014n. 11765).

5. Il ricorso va pertanto rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo. Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di giudizio in favore dell’Agenzia delle Entrate che liquida in 5.000,00 Euro oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello c.to per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

 

 

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