Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28930 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. II, 27/12/2011, (ud. 01/12/2011, dep. 27/12/2011), n.28930

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9161/2006 proposto da:

ITA IND TURISTICHE ALBERGHIERE SPA, (OMISSIS) in persona del

legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CARLO POMA 4, presso lo studio dell’avvocato ZUENA ELEUTERIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato VILARDO Roberto;

– ricorrente –

contro

L.M.A. (OMISSIS), T.M.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLE

QUATTRO FONTANE 20, presso lo studio GRIPPO & PARTNERS

LOFFREDA

GIUSEPPE C/O ST LEGALE GIANNI, ORIGONI, rappresentati e difesi

dall’avvocato ARICO’ Antonino;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 653/2005 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 18/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito l’Avvocato Eleuterio ZUENA, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato VILARDO Roberto, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 4 settembre 1992, i germani Am. e L.M.A., convenivano in giudizio davanti il Tribunale di Palermo la I.T.A., (Industrie turistiche alberghiere) spa., e, premettendo di essere proprietari di aree edificatorie in (OMISSIS) risultanti dalla distruzione di vecchi fabbricati a seguito di eventi bellici, ne denunciavano l’occupazione da parte della predetta società convenuta che le aveva inglobate in un più vasto parcheggio a servizio dell’Hotel (OMISSIS). Chiedevano pertanto che venisse ordinato alla I.T.A. spa il rilascio delle aree predette mediante demolizione del muro; perimetrale costruito lungo la Via (OMISSIS) ed, ancora, condannare la convenuta al risarcimento dei danni da occupazione illegittima, nella misura di L. 65.700.000, oltre interessi e rivalutazione.

Si costituiva ITA spa., che eccepiva l’infondatezza della domanda attrice e, ove fosse accertato che i terreni degli attori insistevano nell’area destinata a posteggio dall’Hotel (OMISSIS), chiedeva l’accertamento della prescrizione del diritto al risarcimento avanzata dagli attori nei limiti di cui all’art. 2947 cod. civ..

Il Tribunale di Palermo in composizione monocratica, con sentenza n. 1765 del 2001 condannava la società convenuta a restituire agli attori il terreno ricadente al foglio di mappa 120 particelle 131 e 132; procedendo alla demolizione della parte del muro perimetrale in modo da escludere da detta recinzione il suddetto terreno, condannava la società ITA al pagamento in favore degli attori nei limiti della prescrizione ordinaria a titolo di risarcimento danni per l’illegittima occupazione di suddetta area della somma di L. 10.000.000 su base annua fino all’effettivo rilascio.

Avverso questa sentenza, interponeva appello davanti alla Corte di Appello di Palermo la società ITA, sostenendo l’erronea determinazione del valore locativo dell’area, come indicata nella sentenza in L. 10.000.000, su base annua.

Si costituiva L.M.A., proponendo appello incidentale per contestare il mancato riconoscimento dell’aggiornamento ISTAT e rivalutazione monetaria sull’indennizzo riconosciuto dal Tribunale.

Chiedevano un nuovo ricalcolo delle spese legali.

La Corte di appello di Palermo, con sentenza n. 653 del 2005,rigettava tanto l’appello principale quanto l’appello incidentale, confermando la sentenza del Tribunale e compensava le spese del giudizio di appello. A sostegno di questa decisione la Corte palermitana osservava: a) che era evidente che la determinazione dell’indennità in vecchie L. 10.000.000 annue era stata fatta con riferimento all’attualità ed è quindi comprensiva della rivalutazione richiesta; b) la liquidazione delle spese giudiziali era stata fatta dal primo giudice, non solo senza travalicare i minimi ed i massimi tariffari ma, anche, con equilibrata attenzione a detto valore complessivo.

La cassazione della sentenza n. 653 del 2005 della Corte di appello di Palermo è stata chiesta dalla società ITA con ricorso affidato a due motivi. L.M.A., in proprio e nella qualità di procuratore speciale della cognata T.M.A., ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo la ricorrente lamenta ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’erronea, insufficiente contraddittoria motivazione, circa la determinazione del valore locativo dell’area occupata, inidonea a giustificare la decisione per omissione delle detrazioni necessarie e inesatta nozione del notorio ex art. 115 c.p.c. (art. 366 bis c.p.c.). Avrebbe errato la Corte di Appello di Palermo, secondo la ricorrente, per aver omesso, nel calcolare il valore locativo dell’area di parcheggio oggetto di giudizio, ogni sia pur minima considerazione in ordine alle detrazioni necessarie ed inevitabili all’attività di parcheggio, nonostante il CTU ne avesse indicato l’incidenza indicandolo nel 20% dell’introito per spese vive e nella misura del 50% dell’introito per il costo annuo del parcheggiatore. Specifica la ricorrente che le conclusioni del CTU, per quanto non abbiano efficacia vincolante per il Giudice, tuttavia, è vero che il Giudice possa legittimamente disattenderle attraverso una valutazione critica che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata, dovendo indicare, in particolare, gli elementi di cui si è avvalso per ritenere erronei gli argomenti su cui il consulente si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del CTU. 1.1.= Il motivo è infondato e non può essere accolto perchè la Corte palermitana (così come il Tribunale di Palermo) ha sufficientemente e adeguatamente motivato la decisione di disattendere le risultanze della CTU ed ha indicato gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici per addivenire alla decisione assunta.

1.2.= Intanto, è bene osservare che la Corte di Appello di Palermo ha adeguatamente indicato le ragioni di giustificazione del “distacco” dalla valutazione effettuata dal CTU, specificando che la valutazione effettuata dal CTU in ordine al valore locativo della porzione di terreno oggetto di causa, non era condivisibile perchè il costo del parcheggio fisso di un’autovettura in aree anche scoperte della città di Palermo andava ben oltre l’importo indicato:

dall’elaborato peritale. Chiariva, altresì, che era di dominio pubblico nella città di Palermo (“fatto notorio”) che il costo del parcheggio fisso di un’autovettura -specie nella zona urbana di cui trattasi (fitta di uffici pubblici, fra tutti Camera di Commercio, scuole, esercizi vari, vicinanza al porto) non poteva essere inferiore ad Euro 100 mensili.

1.3.= A sua volta, la sentenza impugnata non si espone, neppure, alla critica secondo la quale la Corte palermitana non avrebbe indicato se il criterio assunto dell’importo di Euro 100 mensili per il posteggio di una macchina di media cilindrata fosse al netto delle spese di gestione del parcheggio oppure a lordo, perchè avendo la Corte palermitana disatteso le risultanze peritali ha, per ciò stesso, escluso che un parcheggio, di circa 6 o 7 autovetture, necessitasse di gestione e/o di parcheggiatori, come aveva ipotizzato il CTU, e, avendo confermato l’importo finale di indennità liquidato dal Tribunale, il criterio dell’importo di Euro 100,00 mensile non poteva che essere un importo al netto di ogni eventuale spesa, considerato che il calcolo finale che si ottiene con l’applicazione del criterio individuato dalla Corte palermitana (massimo 7 acchine per Euro 100 mensili per macchina moltiplicato per 12 mesi sarebbe uguale ad Euro 8.400,00) sarebbe inferiore a quello che è stato, definitivamente, liquidato come indennità, rispondente all’importo di L. 10.000.000 (cioè ad Euro 5164.57).

D’altra parte, sarebbe illogico pensare che la Corte palermitana avesse disatteso i risultati della relazione peritale, epperò, avrebbe consentito di raggiungere lo stesso risultato in modo indiretto considerato che ove l’importo di Euro 100,00 venisse decurtato dalle spese indicate dal CTU nella misura di circa il 70%, il risultato finale, quale importo dell’indennità, di cui si dice sarebbe proprio quello indicato dal CTU. 2.= Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1225 c.c., in relazione agli artt. 1218, 1223 c.c. e art. 155 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Specifica la ricorrente che la liquidazione equitativa del danno ex art. 1226 cod. civ., non è completamente sottratta al sindacato della Corte di cassazione, pur in difetto di una norma di legge che valga quale parametro di tale controllo, poichè la latitudine di scelta del giudice di merito trova un confine nella legale qualificazione della fattispecie come di responsabilità da inadempimento, alla quale consegue la necessità di mantenere la liquidazione entro il sistema codicistico di risarcimento espresso dalle formule dell’art. 1218 c.c. e art. 1223 cod. civ.; ne deriva l’inammissibilità di criteri del tutto personali o irragionevoli di misurazione. D’altra parte, le risultanze della CTU hanno evidenziato l’inesatta nozione di notorio utilizzata dalla Corte di Appello di Palermo nella sentenza impugnata. La ricorrente, pertanto, ai sensi dell’art. 366 bis cod. civ. conclude formulando il seguente quesito giuridico: “Compete alla Corte di Cassazione in tema di liquidazione equitativa del danno da occupazione supportato da elementi di dominio pubblico (fatto notorio) la verifica che il giudizio circa la sussistenza dei fatti rientranti nella comune esperienza e circa l’opportunità di farvi ricorso proceda da un’esatta nozione di notorio?”.

2.1.= Anche questo motivo è infondato e non può essere accolto perchè come già si è detto- la Corte palermitana ha correttamente indicato i criteri seguiti per la determinazione dell’indennità dovuta, indicando quale criterio il valore locativo dell’immobile. A sua volta, l’affermazione del giudice di merito circa la sussistenza di un fatto notorio non può essere censurata in sede di legittimità, mediante una mera negazione della notorietà del fatto assunto come tale dal giudice, ma solo qualora il ricorrente deduca che sia stata posta a base della decisione una inesatta nozione del notorio, ovvero prospetti elementi specifici e significativi tali da escludere l’utilizzabilità della nozione stessa e da infirmare, sul piano motivazionale, la valutazione del giudice, il quale, una volta affermato che un fatto è acquisito per comune conoscenza, non è tenuto ad indicare gli elementi sui quali tale determinazione si fonda.

Pertanto il ricorso va rigettato e, la ricorrente, in ragione del principio della soccombenza ex art. 91 c.p.c., condannatola pagamento delle spese del giudizio di cassazione, così come verranno liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4200,00 oltre Euro 200,00 per esborsi e oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 1 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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