Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2893 del 05/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 05/02/2021, (ud. 24/09/2020, dep. 05/02/2021), n.2893

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9290-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), Ufficio Provinciale di

(OMISSIS) Territorio, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

P.C.A., elettivamente domiciliato in ROMA,

CORSO TRIESTE N. 109, presso lo studio dell’avvocato ANTONIETTA

TARANTINO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6224/11/2018 della COMMISSIONI, TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 19/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio noi

partecipata del 24/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE

CAPOZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che l’Agenzia delle entrate territorio propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR del Lazio, che ha dichiarato inammissibile l’appello da essa proposto avverso una sentenza della CTP di Roma, di parziale accoglimento del ricorso del contribuente P.C.A. avverso un avviso di accertamento, con cui l’Agenzia del territorio aveva elevato la rendita catastale di un appartamento con annessa cantina di proprietà del contribuente, ubicato in (OMISSIS), quartiere (OMISSIS), a seguito della revisione di classamento fatta L. n. 311 del 2014, ex art. 1, comma 335;

che la CTR, dopo aver ritenuto inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, siccome notificato non a mezzo della s.p.a. “POSTE ITALIANE”, ma tramite la s.p.a. “NEXIVE”, operatrice postale privata, ha rigettato l’appello proposto dal contribuente, poi riunito a quello proposto dall’Agenzia delle entrate, in sostanza confermando la sentenza di primo grado, ritenendo che la stessa avesse adeguatamente motivato l’accoglimento parziale del ricorso proposto dal contribuente, avendo assegnato all’appartamento la classe 2, in luogo della classe 3 attribuita dall’ufficio ed alla cantina la classe 4, in luogo della classe 5 attribuita dall’ufficio.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a tre motivi;

che, con il primo motivo, l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 2011, art. 1, comma 2, lett. O, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto poteva fondatamente ritenersi che, in relazione alle raccomandate ordinarie, il regime di riserva in favore della s.p.a. “POSTE ITALIANE” era venuto meno già a decorrere dal 30 aprile 2011, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 58 del 2011, che aveva riformulato il D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 4, che riservava al fornitore del servizio postale universale gli invii di raccomandate attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie; quindi, dal 30 aprile 2011, l’esclusiva in favore della s.p.a. “POSTE ITALIANE” riguardava anche gli atti tributari sostanziali e processuali, ma solo se la notifica di tali atti fosse avvenuta secondo le regole previste per gli atti giudiziari dalla L. n. 890 del 1982; al contrario, gli altri servizi postali non erano stati riservati in via esclusiva alla s.p.a. “POSTE ITALIANE”, ma, ai sensi del citato D.Lgs. n. 58 del 2011, art. 5, potevano essere svolti anche da soggetti diversi, subordinatamente al rilascio di una licenza individuale da parte del Ministero dello sviluppo economico; era poi intervenuta la L. n. 124 del 2017, la quale, con l’art. 2, commi 57 e 58, aveva fatto venir meno anche i residui ambiti di servizio postale attribuiti in via esclusiva alla s.p.a. “POSTE ITALIANE”; inoltre la L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 461 (legge di bilancio 2018) aveva novellato tutta una serie di previsioni contenute nella L. n. 890 del 1982, al fine di dare completa attuazione al processo di liberalizzazione, di cui alla citata L. n. 124 del 2017, art. 1, commi 57 e 58; inoltre nessun ulteriore intervento normativo successivo a quello del citato D.Lgs. n. 58 del 2011, era stato necessario con riferimento agli invii postali eseguiti attraverso le raccomandate ordinarie, atteso che detti invii, già dal 30 aprile 2011, erano stati espunti dall’ambito dei servizi riservati alla s.p.a. “POSTE ITALIANE”; era pertanto da ritenere che fin dal 30 aprile 2011 la notificazione postale diretta a mezzo raccomandata ordinaria, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 3, anche se eseguita tramite licenziatario postale, era idonea a produrre tutti gli effetti suoi propri, alla medesima stregua delle raccomandate inviate tramite la s.p.a. “POSTE ITALIANE”, non dovendosi applicare, in tali casi, le disposizioni della L. n. 890 del 1982, concernenti le sole notificazioni effettuate a mezzo posta tramite gli ufficiali giudiziari, ovvero i messi comunali ed i messi speciali autorizzati;

che, con il secondo motivo, l’Agenzia delle entrare lamenta violazione e falsa applicazione art. 156 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto, ai sensi del citato art. 156 c.p.c., non poteva pronunciarsi la nullità della notificazione di un atto se quest’ultimo avesse raggiunto lo scopo al quale era destinato; e, nella specie, la notificazione aveva raggiunto il suo scopo, in quanto l’appellato si era costituito in giudizio; l’atto era quindi entrato nella sfera di conoscibilità del destinatario, il quale, costituendosi in giudizio, aveva dimostrato “per facta concludentia” di esserne venuto a conoscenza; tanto più che, nella specie, la notificazione all’appellato era avvenuta entro i termini di legge;

che, con il terzo motivo, l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la CTR motivato in ordine alla corretta applicazione della norma sopra citata; invero essa Agenzia delle entrate aveva fatto presente che la revisione del classamento delle unità immobiliari di proprietà del contribuente, ubicate nella microzona (OMISSIS) del Comune di (OMISSIS), aveva avuto luogo in quanto il rapporto fra il valore medio di mercato, individuato ai sensi del regolamento di cui al D.P.R. n. 138 del 1998, ed il corrispondente valore medio catastale si era rivelato significativamente difforme rispetto all’analogo rapporto, riferito all’insieme delle microzone, nelle quali era stato suddiviso il Comune di (OMISSIS);

che il contribuente, oltre a costituirsi con controricorso, ha altresì depositato memoria illustrativa;

che i primi due motivi di ricorso, da trattare congiuntamente, siccome strettamente correlati fra di loro, sono fondati;

che, con essi, l’Agenzia delle entrate ha denunciato violazione del D.Lgs. n. 58 del 2011, art. 1, comma 2, lett. o), e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, in quanto la raccomandata ordinaria con avviso di ricevimento era una modalità di notifica equiparata a quelle fatte tramite il servizio postale ai sensi dell’art. 149 c.p.c., ed in quanto era da ritenere ormai abolito il monopolio del servizio postale universal, riservato alla s.p.a. “POSTE ITALIANE”;

che, al riguardo, la giurisprudenza di legittimità formatasi in materia di notificazione di atti giudiziari (cfr. Cass. SS.UU. n. 299 del 2020) ha rilevato che, nel quadro giuridico novellato dalla Dir. del Parlamento e del Consiglio Europeo 20 febbraio 2008, n. 2008/6/CE, è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la sussistenza di una oggettiva giustificazione ostativa, nella specie non evidenziata e che, pertanto, è da ritenere nulla e non inesistente la notificazione di un atto giudiziario eseguita da un operatore di posta privata senza il relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva ed il regime introdotto dalla L. n. 124 del 2017, entrata in vigore il 29 agosto 2017;

che, pertanto, è da ritenere applicabile la sanatoria della nullità della notificazione di un atto giudiziario, eseguita da un operatore di poste private, per il raggiungimento dello scopo, rappresentato, nella specie, dalla costituzione in giudizio della controparte;

che, tuttavia, detta sanatoria non rileva ai fini della tempestività del ricorso, mancando la certezza legale della data di consegna del ricorso medesimo all’operatore, per l’assenza di poteri certificativi in capo a quest’ultimo, siccome sprovvisto di titolo abilitativo;

che è necessario pertanto accertare in via preliminare, a prescindere dalla circostanza che l’appellato si sia costituito o meno in appello (secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, l’inammissibilità dell’impugnazione per inosservanza dei termini stabiliti a pena di decadenza è correlata alla tutela di interessi indisponibili, si da essere rilevabile d’ufficio e non sanabile per effetto della costituzione dell’appellato: cfr. Cass. SS.UU. n. 6983 del 2005; Cass. n. 11666 del 2015; Cass. n. 23907 del 2009; Cass. n. 4206 del 2020), la tempestività o meno dell’appello (che va proposto, in caso di mancata notifica della sentenza di primo grado, entro sei mesi dal deposito della stessa: cfr. art. 327 c.p.c.; Cass. n. 30850 del 2019; Cass. n. 33168 del 2018), prendendo in considerazione come termine a quo il giorno del deposito della sentenza della CTP (Cass. SS.UU. n. 18569 del 2016; Cass. n. 4206 del 2020), ma considerando, quale termine ad quem non già – in ossequio al dettato della citata sentenza della Cass. SS.UU. n. 299 del 2020 – il momento della spedizione da parte dell’appellante (ossia quello della consegna del plico da notificare all’operatore della posta privata) bensì il momento in cui si abbia la certezza legale che l’appello sia stato ricevuto dall’appellato;

che detta verifica, consentita anche d’ufficio a questa Corte (cfr. ex plurimis, Cass. SS.UU. n. 19769 del 2019 e Cass. n. 1654 del 2020, secondo le quali la mancata prospettazione, nel giudizio di secondo grado, della questione della tempestività o meno dell’appello incidentale, non determina una preclusione processuale nella deduzione della stessa con il ricorso per cassazione, potendo essere eccepita o rilevata d’ufficio per la prima volta anche in sede di legittimità), ha consentito nel caso di specie di verificare la tempestività dell’appello, con conseguente declaratoria di ammissibilità del medesimo D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 51;

che infatti la sentenza della CTP di Roma, emessa a seguito del ricorso proposto dal contribuente P.C.A. ed acquisita con modalità telematica, è stata depositata in segreteria il 27 settembre 2016, si che il termine lungo di mesi 6 per impugnare, di cui all’art. 38 comma 3 del D.Lgs. n. 546 del 1992, che rimanda all’art. 327 c.p.c., comma 1, andava a scadere il 27 marzo 2017; ora, lo stesso contribuente, nel suo controricorso, ha dichiarato che la sentenza della CTP di Roma è stata appellata dall’Agenzia delle entrate con atto del 22 marzo 2017, notificatogli il 27 marzo 2017 e pertanto nei termini di legge;

che, pertanto, emerge dalle stesse ammissioni dell’intimato che, nella specie, l’appello è stato tempestivamente notificato dall’Agenzia delle entrate al contribuente nell’ultimo giorno utile e cioè il 27 marzo 2017;

che, da quanto sopra, consegue l’accoglimento dei primi due motivi di ricorso proposti dall’Agenzia delle entrate e trattati congiuntamente;

che è al contrario infondato il terzo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate; invero la CTR, dopo avere erroneamente dichiarato inammissibile l’appello dell’Agenzia delle entrate per mancata sua tempestiva notifica, al punto 4.1 di pag. 2, ha qualificato inammissibile l’appello anche per essersi esso limitato a far valere la legittimità della motivazione dell’avviso di accertamento impugnato dal contribuente, legittimità viceversa mai messa in discussione dalla CTP, tant’era vero che la stessa era entrata nel merito del nuovo classamento proposto dall’ufficio; occorre al riguardo sottolineare come la sentenza impugnata ha disposto la riunione degli appelli proposti autonomamente dall’Agenzia delle entrate e dal contribuente P.C.A. ed ha inoltre adeguatamente illustrato i validi motivi che l’hanno indotta a confermare quanto già sostenuto dalla sentenza di primo grado, circa la corretta applicazione fatta dall’Agenzia delle entrate dei criteri fissati dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, per l’identificazione catastale degli immobili di proprietà del contribuente, pur avendo disposto la riduzione della classe di appartenenza dell’appartamento dalla classe 3 attribuita dall’ufficio alla classe 2, nonchè la riduzione della classe di appartenenza della cantina dalla classe 5 attribuita dall’ufficio alla classe 4;

che, invero, la CTR ha rilevato come la norma di cui sopra perseguiva la finalità di adeguare le rendite catastali degli immobili alle variazioni in aumento del valore di mercato degli immobili intervenute in alcune microzone, nelle quali era stato suddiviso il Comune di Roma; ha rilevato come fosse stato opportuno, anche se non esaustivo, aver tenuto conto delle quotazioni OMI ed ha inoltre tenuto presente le caratteristiche dei due immobili di proprietà del contribuente, quali emergenti dalla perizia tecnica da quest’ultimo prodotta in primo grado, procedendo, come sopra riferito, ad una diminuzione della classe di appartenenza dei due immobili anzidetti; che, pertanto, pur essendo fondati i primi due motivi di ricorso, è infondato il terzo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate;

che, tenuto conto dell’esito del presente contenzioso, appare equo compensare fra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

la Corte respinge il ricorso e compensa fra le parti le spese di giudizio.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2021

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