Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28929 del 12/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 12/11/2018, (ud. 12/07/2018, dep. 12/11/2018), n.28929

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22396/2014 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SABOTINO

2, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO ZAZA, che lo rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1170/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/03/2014; R.G.N. 8710/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/07/2018 dal Consigliere Dott. ALFONSINA DE FELICE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Zaza Claudio.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Roma, riformando la decisione di prime cure, ha rigettato la domanda di B.A., rivolta all’accertamento del proprio diritto a percepire gli scatti biennali di stipendio nella misura del 2,5 per cento, ai sensi della L. n. 312 del 1980, art. 53 e alla condanna del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica, al pagamento, in suo favore, della complessiva somma di Euro 3964,26 oltre rivalutazione e interessi.

Il ricorrente deduceva di aver insegnato fin dal 1970 in virtù di numerosi contratti a tempo determinato brevi o annuali, avendo maturato – su quarantadue anni complessivi d’insegnamento – tre bienni utili alla maturazione degli scatti stipendiali, rispettivamente nei mesi di settembre del 2003, del 2005 e del 2007.

La Corte d’Appello ha accertato che sebbene nella memoria di costituzione in appello l’appellante avesse invocato, oltre alla violazione della parità di trattamento con i docenti di religione, per i quali la legge prevede una deroga espressa, anche la clausola 4, della Direttiva 1999/70 CE, la domanda non conteneva alcun richiamo alle posizioni stipendiali riconosciute al personale assunto a tempo indeterminato, essendo diretta ad ottenere unicamente l’applicazione degli scatti biennali di cui alla L. n. 312 del 1980, art. 53.

Sul punto della diversità di trattamento con gli insegnanti di religione, la Corte d’Appello, pronunciando nel solco della sentenza della Corte Costituzionale n. 146 del 2003, ha escluso l’applicabilità dell’art. 53 al B. quale docente a tempo determinato della scuola, riaffermando che l’eccezione prevista per i docenti di religione si giustifica per la specialità della disciplina, dovuta alla peculiarità del rapporto che lega questi ultimi all’amministrazione scolastica.

Quanto all’invocato principio di non discriminazione dei rapporti a termine rispetto a quelli a tempo indeterminato, in base alla clausola 4 dell’Accordo quadro, recepito dalla Direttiva 1999/70, la Corte territoriale, ha ritenuto improprio il richiamo a tale principio, in quanto l’applicazione dello stesso al caso in esame instaurerebbe un trattamento di maggior favore in capo ai docenti a tempo determinato rispetto a quello corrisposto ai docenti a tempo indeterminato per i quali, in virtù del sistema dei cd. gradoni, contemplato dalle norme di disciplina, l’anzianità utile ai fini dell’attribuzione delle posizioni stipendiali assume cadenza biennale solo in relazione al primo scatto, mentre per quelli successivi rispetta una sequenza crescente (il terzo scatto matura dopo otto anni ecc…).

La cassazione della sentenza è domandata da B.A. con un unico motivo illustrato da articolata memoria. Il Ministero resiste con tempestivo controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente contesta “Violazione della L. n. 312 del 1990, art. 53”. Afferma che la ricostruzione adottata dalla Corte Costituzionale (n. 146 del 2013) e (nella memoria illustrativa) dalla Corte di Cassazione (n. 22558 del 2016), offrirebbe un’interpretazione erronea dell’istituto degli scatti biennali sì come applicato ai docenti delle scuole assunti con contratti annuali a tempo determinato.

I punti nevralgici della lettura offerta dalla giurisprudenza costituzionale e da quella di legittimità, secondo la difesa di parte ricorrente, riguarderebbero:

a) l’esclusione degli scatti stipendiali dalle supplenze da parte della L. n. 312 del 1980, art. 53, comma 3, poichè la norma non avrebbe potuto che riferirsi a quelle conferite dal capo d’istituto in sostituzione d’insegnanti temporaneamente assenti, con la conseguenza che gli scatti stipendiali avrebbero dovuto essere riconosciuti agli insegnanti non di ruolo con incarico annuale, denominato “supplenza annuale” fin dall’entrata in vigore della L. n. 270 del 1982, essendo stata, già con la L. n. 463 del 1978, abrogata la figura del docente non di ruolo a tempo indeterminato;

b) l’affermazione secondo cui nel passaggio alla contrattualizzazione dei rapporti d’impiego pubblico, della L. n. 312 del 1980, art. 53, sia rimasto in vigore soltanto per gli insegnanti di religione e per alcune altre categorie d’insegnanti muniti di una disciplina particolare, in quanto, questa tesi determinerebbe una disparità di trattamento tra i docenti precari di religione e i restanti precari della scuola pubblica;

c) la conclusione secondo cui la contrattazione collettiva seguita al D.Lgs. n. 29 del 1993, avrebbe abrogato della L. n. 312 del 1980, art. 53. Infatti, secondo il ricorrente, fino al contratto collettivo del 24 luglio 2003, parte economica 2002-2005, la norma avrebbe dovuto ritenersi pienamente operante, non avendo costituito oggetto di abrogazione, nè espressa, nè implicita, in ragione dell’assenza di qual si voglia incompatibilità con la disciplina contrattuale;

d) l’esclusione della violazione della Direttiva Europea che ha recepito la clausola 4, comma 1 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato e della giurisprudenza della CGE (sent. C-307/05 Del Cerro) che ha stabilito che la stessa osta all’introduzione di una disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e indeterminato, sia pur se prevista da una disposizione legislativa e regolamentare di uno Stato membro ovvero da un contratto collettivo concluso tra i rappresentanti sindacali del personale e il datore interessato.

La censura, che, nella lunga memoria illustrativa del ricorso, ripercorre “a contrario” l’iter argomentativo seguito dalla sentenza di questa Corte n. 22558 del 2016, intervenuta nelle more del giudizio d’appello, non si rivela idonea a confutare la ratio decidendi della sentenza gravata, la quale ha fatto corretta applicazione del principio affermato dalla pronuncia della Corte Cost. n. 146 del 2003, secondo cui nessuna disparità di trattamento è ravvisabile tra i docenti a tempo determinato e gli insegnanti di religione (assunti a termine), per l’applicabilità solo ai secondi degli scatti biennali di anzianità di cui della L. n. 312 del 1980, art. 53, in ragione dell’assoluta peculiarità del rapporto che lega questi ultimi all’amministrazione.

Sussistono, pertanto, tutti i presupposti per dare – in questa sede – continuità alla giurisprudenza di questa Corte formulata nella sentenza n. 22558 del 2016, alla quale, la difesa di parte ricorrente, non aggiunge nuovi elementi tali da sollecitarne la riconsiderazione.

Il principio di diritto, affermato da questa Corte, applicato alla fattispecie in esame, così dispone: “In tema di retribuzione del personale scolastico, della L. n. 312 del 1980, art. 53, che prevedeva scatti biennali di anzianità per il personale non di ruolo, non è applicabile ai contratti a tempo determinato del personale del comparto scuola ed è stato richiamato, del D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 69, comma 1 e art. 71, dal c.c.n.l. 4 agosto 1995 e dai contratti collettivi successivi, per affermarne la perdurante vigenza limitatamente ai soli insegnanti di religione” (Cass. n. 22558 del 2016).

In definitiva, essendo la censura infondata, il ricorso va rigettato. Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, nei confronti del Ministero dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000 per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, all’Udienza Pubblica, il 12 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2018

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