Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28928 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. II, 27/12/2011, (ud. 23/11/2011, dep. 27/12/2011), n.28928

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L’ARTIGIANA DI NICOLAZZI P. GIULIO & C SNC P.I. (OMISSIS), in

persona dei soci amm.ri N.P.G. e B.I.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA E.Q. VISCONTI 20, presso lo

studio dell’avvocato PETRACCA NICOLA DOMENICO, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato SAVOINI ALBERTO;

– ricorrenti –

contro

ELETTRO BORGO DI BIGNOLI PIER GIUSEPPE P.i. (OMISSIS);

– intimato –

sul ricorso 11660-2006 proposto da:

ELETTRO BORGO DI BIGNOLI PIER GIUSEPPE P.I. (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 278,

presso lo studio dell’avvocato GIOVE STEFANO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CASAROTTI RINO;

– controricorrente ricorrente incidentale –

contro

L’ARTIGIANA SNC P.I. (OMISSIS), in persona dei soci ammin.ri

N.P.G. e B.I., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA E.Q. VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato

PETRACCA NICOLA DOMENICO, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato SAVOINI ALBERTO;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1540/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 13/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/11/2011 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Artigiana di Nicolazzi P. Giulio & C. s.n.c. evocava in giudizio avanti al Tribunale di Novara la ditta Elettro Borgo di B.P. G., chiedendone la condanna, previo accertamento della responsabilità contrattuale, al risarcimento dei danni patiti dall’attrice a causa dell’inadempimento imputabile alla convenuta in relazione al contratto d’opera intercorso tra le parti.

L’attrice esponeva: di aver conferito, nel dicembre 1997, incarico alla Elettro Borgo di curare la fase di allacciamento e posizionamento dei contatti elettrici relativi ad un forno ad induzione, utilizzato per la fusione e l’attesa dell’ottone, reinstallato nell’azienda dopo essere stato riparato dalla ditta fornitrice Fomet s.r.l.;

che, dopo l’intervento eseguito dalla ditta convenuta, il forno era stato acceso e che il giorno seguente si era fuso a seguito del danneggiamento del materiale refrattario interno dei bacini di fusione;

che, non potendo reperire un altro forno simile a quello danneggiato, era stata costretta a cessare l’attività con ripercussioni economiche ingentissime; che, all’esito dell’accertamento tecnico preventivo, era stata accertata l’inesatta predisposizione del collegamento elettrico dell’autotrasformatore per la fase di avviamento.

La convenuta, costituendosi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda, dopo avere formulato eccezioni relative alla nullità dell’atto di citazione e all’incompetenza per territorio del giudice adito.

Con sentenza del 30 giugno 2004 il Tribunale rigettava la domanda.

Esclusa l’incapacità del teste C. (il tecnico della convenuta che ebbe materialmente a eseguire l’intervento) eccepita ai sensi dell’art. 246 cod. proc. civ., il primo Giudice riteneva che – a stregua dell’accertamento tecnico preventivo e di quanto riferito dal predetto C. – la prestazione effettuata dal medesimo aveva avuto a oggetto esclusivamente l’allacciamento di tre cavi elettrici al quadro generale, il cui posizionamento era stato effettuato correttamente, ed era estranea al riavvio del forno che richiede sette giorni di tempo con intervalli determinati durante i quali occorre eseguire determinati incombenti: operazione, quest’ultima, che non era stata realizzata secondo le modalità e i tempi prescritti, posto che i cavi vennero trovati nella posizione in cui si sarebbero dovuti trovare al settimo giorno.

Con sentenza dep. il 13 ottobre 2005 la Corte di appello di Torino, in riforma della decisione impugnata dall’attrice, accoglieva parzialmente la domanda, quantificando la misura del danno nell’importo di Euro 7.864,22.

Dopo avere ritenuto l’incapacità del teste C., portatore di un interesse che l’avrebbe legittimato a essere parte nel presente giudizio in relazione a una possibile azione di rivalsa che nei suoi confronti avrebbe potuto esperire la società convenuta, i Giudici di appello ritenevano che la responsabilità della fusione fosse addebitabile all’attività posta in essere dal C.. Secondo la sentenza, in relazione alla natura dell’intervento richiesto era presumibile, contrariamente a quanto ritenuto dal primo Giudice, che l’oggetto della prestazione riguardasse per l’appunto tutta la parte elettrica in vista della messa in funzione del forno, operazione, quest’ultima, che doveva ritenersi ben distinta rispetto alla fase successiva, da espletarsi nell’arco di sette giorni, relativa al riavvio del forno. Del resto, che il collegamento dei cavi elettrici includesse il collegamento elettrico dell’autotrasformatore al commutatore rotativo e non solo il collegamento del macchinario alla rete generale era indirettamente dimostrato, oltre che dalla durata dell’intervento, dalla necessità di utilizzare lo schema del forno e di contattare, durante l’intervento, il costruttore dello stesso. Ed ancora, a ulteriore conferma di tale assunto vi era la circostanza che in quella stessa occasione si era proceduto alla accensione del forno: quest’ultima operazione presupponeva la configurazione di tutti i collegamenti elettrici.

La causa della fusione era individuata nella circostanza che il collegamento elettrico dell’autotrasformatore al commutatore rotativo era avvenuto nella posizione di attesa (posizione in cui si deve spostare il collegamento soltanto al settimo giorno) anzichè in quella di essiccamento del rivestimento refrattario, nella quale il forno, previa accensione, deve essere mantenuto fermo per due giorni.

La responsabilità era da collegarsi all’operato del C. posto che la fusione avvenne il giorno dopo l’intervento del predetto il quale fu l’ultimo a operare sul forno : il che portava a escludere la manomissione nell’intervallo di tempo prima del sopralluogo effettuato dal consulente.

Nel procedere alla determinazione del danno era escluso quello che, secondo l’assunto dell’attrice, sarebbe stato inerente alla cessazione dell’attività della fonderia conseguente alla fusione del forno sul rilievo che, a stregua di quanto riferito dalla teste O., era risultata l’intenzione del titolare dell’attrice, in precedenza manifestato; di procedere alla cessazione dell’attività che non era causalmente collegabile alla fusione. Il danno era così limitato alla perdita degli affari in corso ed era determinato in base alle dichiarazioni dei redditi del 1997, avendo i Giudici ritenuto che non poteva prendersi in considerazione il maggior fatturato al quale avevano fatto riferimento i testimoni, in quanto non aveva trovato riscontro nei documenti fiscali prodotti.

2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione L’Artigiana di Nicolazzi P. Giulio & C. s.n.c. sulla base di un unico articolato motivo. Resiste con controricorso l’intimata che propone ricorso incidentale affidato a tre motivi. La ricorrente principale ha proposto controricorso al ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, ex art. 335 cod. proc. civ., perchè sono stati proposti avverso la stessa sentenza. Va esaminato innanzitutto il ricorso incidentale che ha priorità logico-giuridica rispetto a quello principale.

RICORSO INCIDENTALE. In primo luogo, l’eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale sollevata da controparte – per non avere chiesto la cassazione ma solo la riforma della sentenza impugnata – è evidentemente del tutto infondata, posto che il ricorso è stato formulato secondo il paradigma di cui all’art. 360 cod. proc. civ.:

del tutto irrilevante è l’espressione adoperata nelle conclusioni del ricorso, dovendo l’intenzione della parte desumersi dal complessivo contenuto dell’atto processuale.

1.1. Il primo motivo, lamentando violazione o falsa applicazione nonchè omessa, insufficiente e illogica motivazione in relazione agli artt. 2697 e 2727 cod. civ., e agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., censura la decisione gravata che non aveva esaminato se una ditta come quella convenuta potesse essere incaricata anche del riavvio del forno, omettendo di indicare gli elementi in base ai quali aveva ritenuto che essa ricorrente incidentale fosse stata incaricata di effettuare tale prestazione della quale non era stata mai incaricata e che non rientrava nelle proprie competenze, tenuto conto della distinzione tra fase di allacciamento e fase di riavvio e della competenza di un elettricista rispetto a quella di un fonditore.

La sentenza si era rivelata contraddittoria laddove, dopo avere affermato che il C. non avesse compiuto la fase di riavvio del forno, aveva poi implicitamente ritenuto che il medesimo avesse proceduto alla predetta fase implicante il posizionamento dei cavi sul commutatore rotativo. La fusione era addebitabile all’attrice; la ditta convenuta era chiusa nei sette giorni successivi.

1.2. Il secondo motivo, lamentando violazione o falsa applicazione nonchè omessa, insufficiente e illogica motivazione in relazione agli artt. 2104 e 2947 cod. civ., art. 246 cod. proc. civ., censura la sentenza impugnata laddove aveva ritenuto l’incapacità del teste C. sulla base di una valutazione astratta e non concreta tenuto conto che l’eventuale azione di rivalsa non era esperibile, atteso che il Cerri aveva operato con diligenza e che l’azione era comunque da ritenersi prescritta.

1.3. Il terzo motivo, lamentando violazione o falsa applicazione nonchè insufficiente e illogica motivazione degli artt. 115, 116 e 696 cod. proc. civ., censura la decisione gravata che aveva individuato la causa della fusione sulla base dell’accertamento tecnico preventivo effettuato in via di urgenza a distanza di un anno e mezzo dal fatto, tenuto conto della possibile manomissione avvenuta in tale arco di tempo.

1.4. Il primo, il secondo e il terzo motivo – che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.

La sentenza ha proceduto all’accertamento dei fatti in base alle concordanti risultanze dell’indagine, condotta in sede di istruzione preventiva, e confermate dal consulente tecnico d’ufficio, nominato nel corso del giudizio, nonchè dalle deposizioni testimoniali, avendo correttamente escluso che potesse essere utilizzata la deposizione del teste C., tecnico che ebbe materialmente a effettuare la prestazione su incarico della convenuta.

Al riguardo, occorre rilevare che l’interesse che determina l’incapacità di cui all’art. 246 cod. proc. civ. si identica con quello ad agire o a contraddire che avrebbe legittimato l’evocazione in giudizio del soggetto indicato come teste, sicchè tale interesse va determinato a priori e cioè indipendentemente sia dalla fondatezza o meno della pretesa azionabile da o contro il medesimo sia dalle vicende che rappresentano un “posterius” rispetto alla configurabilità di quell’interesse a partecipare al giudizio che determina la incapacità stessa, con la conseguenza che la presenza di una fattispecie estintiva del diritto azionabile, quale la prescrizione o la transazione, non fa venir meno il coinvolgimento nel processo e non fa, pertanto, riacquistare la capacità a testimoniare (Cass. 13585/2004).

Ciò posto, la sentenza ha innanzitutto chiarito che la prestazione di cui era stata incaricata la convenuta e che ebbe a eseguirla attraverso il suo dipendente aveva a oggetto la parte elettrica che concerneva la messa in funzione del forno, che era operazione ben distinta dalla fase di riavvio che avrebbe dovuto espletarsi nell’arco di sette giorni.

In particolare, i Giudici, nel ritenere che la prestazione ebbe a oggetto il collegamento elettrico dell’autotrasformatore al commutatore rotativo e non solo il collegamento del macchinario alla rete generale, hanno indicato, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, le ragioni del proprio convincimento facendo riferimento a quanto era emerso dalle risultanze istruttorie: ovvero la durata dell’intervento, la consultazione del manuale delle istruzioni e del costruttore, l’accensione del forno che presupponeva la configurazione di tutti i collegamenti elettrici.

La causa della fusione del forno era individuata nella circostanza che il collegamento elettrico dell’autotrasformatore al commutatore rotativo era avvenuto nella posizione di attesa, posizione in cui si deve spostare il collegamento soltanto al settimo giorno, anzichè in quella di essiccamento del rivestimento refrattario, nella quale il forno, previa accensione, deve essere mantenuto fermo per due giorni.

L’errore e la conseguente responsabilità erano, dunque, addebitabili all’operato del C., posto che la fusione avvenne il giorno dopo l’intervento del predetto il quale fu l’ultimo a operare sul forno:

il che portava a escludere la manomissione nell’intervallo di tempo prima del sopralluogo effettuato dal consulente in sede di accertamento tecnico preventivo.

2.1. Il quarto motivo lamenta violazione o falsa applicazione nonchè insufficiente e illogica motivazione degli artt. 1175 e 1226 cod. civ., artt. 88, 92 e 116 cod. proc. civ., deducendo che la Corte non aveva valutato, ai sensi dell’art. 88 citato, la condotta tenuta dalla attrice la quale aveva proposto un identico giudizio nei confronti della Fomet s.r.l. ritenendo quest’ultima responsabile del medesimo fatto addebitato nel presente giudizio alla convenuta e chiedendo in entrambi i giudizi il risarcimento del danno che, in caso di accoglimento, le avrebbe procurato un indebito arricchimento.

I Giudici avrebbero dovuto quanto meno compensare le spese processuali, attesi gli scopi che si era prefissata di raggiungere l’attrice.

2.2. Il motivo è infondato.

In primo luogo,la ricorrente fa riferimento alla mera instaurazione del giudizio nei confronti di altro soggetto per la medesima causale senza allegare neppure che quel giudizio sia stato poi definito con sentenza irrevocabile di accertamento di responsabilità a carico della Fomet s.r.l. Ed invero, essendo stata piuttosto accertata in questa sede la responsabilità della convenuta e quindi il fondamento della pretesa correttamente azionata, nel presente giudizio il richiamo all’art. 88 cod. proc. civ. appare del tutto fuori luogo.

Le spese processuali sono state poste a carico della parte risultata soccombente, essendo rimesso al prudente e motivato apprezzamento del giudice la decisione di compensarle.

RICORSO PRINCIPALE. 1.1 L’unico motivo, lamentando violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. nonchè omessa, o carente motivazione su punti essenziali, censura la decisione gravata che: a) aveva fondato il convincimento circa la ipotetica intenzione di chiudere la fonderia sulle dichiarazioni del tutto inverosimili e illogiche della testimone O. la quale, senza esserne stata autorizzata, aveva utilizzato documenti di ausilio, riferendo circostanze precisamente datate a distanza di circa quattro anni; b) non aveva preso in esame le deposizioni degli altri testimoni che avevano invece indicato le ragioni della irreversibile fuga della clientela; c) aveva frainteso le dichiarazioni dei testimoni che non avevano fatto riferimento al fatturato annuo ma a quello relativo alle rispettive imprese, non tenendo conto della documentazione prodotta che non era affatto informale e provvisoria, per cui avrebbe dovuto ammettere la consulenza tecnica d’ufficio; d) il danno comprende anche la perdita subita ovvero le spese vive affrontate per il rifacimento del forno – rivelatesi inutili a seguito dell’evento di cui è causa – come da documentazione prodotta che la sentenza non aveva esaminato.

1.2. Preliminarmente è infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione delle prescrizioni di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., atteso che tale norma si applica ai ricorsi avverso provvedimenti pubblicati dal 2 marzo 2006, mentre nella specie la sentenza impugnata è stata depositata il 13 ottobre 2005.

Irrilevante è l’indicazione della sezione della Corte destinataria del ricorso (erroneamente indicata in quella Lavoro) posto che, ai sensi dell’art. 376 cod. proc. civ., il Primo Presidente assegna i ricorsi alle singole sezioni secondo i criteri stabiliti in merito alla ripartizione interna degli affari.

Il motivo va disatteso.

Innanzitutto, occorre considerare che la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 14267/2006).

Le doglianze difettano di autosufficienza laddove non trascrivono il testo integrale delle deposizioni e dei documenti ai quali si fa riferimento, non consentendo in tal modo di verificare nè l’eventuale violazione dell’art. 231 cod. proc. civ. nè il carattere decisivo delle citate risultanze istruttorie, dovendo qui osservarsi che in relazione al vizio di motivazione per omesso esame o erronea valutazione di una prova o di un documento decisivo, il ricorrente ha l’onere, a pena di inammissibilità del motivo di censura, di riprodurre nel ricorso, in osservanza del principio di autosufficienza del medesimo, il testo integrale delle risultanze della prova o del documento in modo da consentire alla Corte, che non ha accesso diretto agli atti del giudizio di merito, di verificare la fondatezza della censura (Cass. 14973/2006; 12984/2006; 7610/2006;

10576/2003), atteso che intanto può configurarsi il vizio di motivazione in quanto si tratti di un elemento probatorio decisivo nel senso che la relativa acquisizione sia tale da invalidare, con giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze di causa su cui si è fondato il convincimento del giudice del merito, si che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di base. Pertanto, non può essere dedotto il vizio di motivazione per denunciare il mancato esame di elementi che siano suscettibili di essere liberamente apprezzati unitamente ad altri con essi contrastanti nell’ambito della valutazione discrezionale del complessivo materiale probatorio riservata al giudice di merito: altrimenti la Corte di Cassazione verrebbe in sostanza investita del riesame del merito della controversia, che è sottratto al giudice di legittimità.

Il motivo, in realtà, si risolve nella critica circa la valutazione delle prove compiuta dalla Corte di appello sulla esistenza e sull’ammontare del danno, sollecitando un inammissibile (in sede di legittimità) riesame delle risultanze istruttorie, il cui apprezzamento è riservato all’indagine di fatto del giudice di merito, dovendo qui ricordarsi che sono riservate al giudice del merito la interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, nonchè la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento. Ne consegue che è insindacabile in sede di legittimità il “peso probatorio” di alcune testimonianze rispetto ad altre.

Per quanto concerne la somma pretesa a titolo di danno emergente, il ricorso avrebbe dovuto allegare e dimostrare, trascrivendo integralmente le relative conclusioni formulate in primo grado e con l’atto di appello, che tale domanda era stata ritualmente e tempestivamente proposta nel giudizio di merito e specificamente riproposta in sede di gravame in modo da escludere la novità della domanda in sede di legittimità, tenuto conto che la questione non risulta trattata dalla sentenza impugnata.

Anche il ricorso principale va rigettato dichiarato.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese della presente fase, attesa la reciproca soccombenza.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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