Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28928 del 17/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/12/2020, (ud. 10/12/2019, dep. 17/12/2020), n.28928

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 20648/2015 proposto da:

C.P., titolare dell’omonima impresa individuale,

elettivamente domiciliato in Roma, via Carlo Poma n. 2, presso lo

studio dell’Avv. Massimo Leonardi che lo rappresenta e difende

giusta procura in calce al ricorso.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso

cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 219/VI/15 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL LAZIO, depositata il 22jgennaio 2015; udita la

relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10

dicembre 2019 dal Cons. ROBERTO MUCCI.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

1. la CTR del Lazio ha rigettato il gravame interposto da C.P., esercente l’attività di “minimercato” al dettaglio di generi alimentari, avverso la sentenza della CTP di Rieti di rigetto del ricorso del medesimo contro l’avviso di accertamento (OMISSIS) con il quale erano stati determinati maggiori ricavi a fini IVA, imposte dirette e IRAP, con conseguente recupero delle maggiori imposte, oltre sanzioni pecuniarie e interessi, per l’anno d’imposta 2007, in applicazione dello studio di settore che aveva evidenziato incongruenze reiterate dei ricavi, della redditività d’impresa e del reddito complessivo dichiarato rispetto a significativi elementi di spesa;

2. la CTR ha ritenuto, in sintesi: a) la legittimità dell’utilizzo dello studio di settore data la sussistenza di diverse incongruità relative al reddito del contribuente rispetto alla sua attività commerciale, con particolare riferimento alla scarsità del reddito mensile dichiarato per mantenere la famiglia, sostenere le spese di gestione degli immobili in proprietà e pagare i contributi del personale dipendente, all’onerosità del costo del lavoro dipendente, alla mancanza di ulteriori fonti di sostentamento, alle spese per assicurazioni e contributi previdenziali; b) non superate tali incongruità da quanto dedotto e giustificato dal contribuente;

3. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione il C. affidato a un unico motivo, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

RITENUTO

che:

4. con l’unico motivo di ricorso, si denuncia violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, dell’art. 2729 c.c., dell’art. 116c.p.c., e degli artt. 3,24 e 53 Cost.: la CTR avrebbe fondato la decisione su indizi carenti dei caratteri di gravita, precisione e concordanza, nonostante che non fossero state rilevate violazioni nella tenuta della contabilità (nella specie, ordinaria) o altre gravi omissioni fiscali; avrebbe inoltre ritenuto non provate le contrarie deduzioni del contribuente, ancorchè non contestate dall’amministrazione;

5. il mezzo dev’essere complessivamente disatteso;

5.1. è orientamento consolidato in materia (per tutte, Sez. U, 18 dicembre 2009, n. 26635) quello secondo cui la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravita, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività -, ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente; in tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti” cui possono essere applicati gli standard o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente; l’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo ii giudice tributariò liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standard al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impostore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte; in tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’ufficio, può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli standard, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito (si v. anche, tra le tante, Sez. 5, 30 ottobre 2018, n. 27617; Sez. 5, 20 settembre 2017, n. 21754; Sez. 5, 12 aprile 2017, n. 9484; Sez. 5, 6 agosto 2014, n. 17646; Sez. 5, 15 maggio 2013, n. 11633);

5.2. le Sezioni Unite hanno altresì chiarito, con la medesima pronuncia, che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema unitario che non si colloca all’interno della procedura di accertamento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, ma la affianca, essendo indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili, la cui regolarità, per i contribuenti in contabilità semplificata, non impedisce l’applicabilità dello standard, nè costituisce una valida prova contraria, laddove, per i contribuenti in contabilità ordinaria, l’irregolarità, della stessa costituisce esclusivamente condizione per la legittima attivazione della procedura standardizzata;

5.3. tanto richiamato, la censura, ancorchè rubricata in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, sottende la denuncia di un vizio motivazionale laddove, nel riproporre le deduzioni svolte dal C. nei gradi di merito, attacca direttamente l’apprezzamento dei fatti operato – sfa pure con motivazione sintetica – dalla CTR, sollecitando inammissibilmente in questa sede una non consentita rivalutazione alternativa di quei fatti e mirando così ad eludere, in buona sostanza, i più ristretti limiti al sindacato sulla motivazione di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (applicabile nella specie), da interpretarsi -secondo il noto insegnamento di Sez. U, 7 aprile 2014, n. 8053 – “alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”.

6. In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato e le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico di parte ricorrente, secondo soccombenza. Doppio contributo unificato come per legge, sussistendone i presupposti processuali.

PQM

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2020

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