Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28926 del 27/12/2011

Cassazione civile sez. II, 27/12/2011, (ud. 22/11/2011, dep. 27/12/2011), n.28926

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.G. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e

difeso dall’Avvocato SASSANO Francesca per procura speciale a margine

del ricorso, elettivamente domiciliato in Roma, via Giovanna Bettolo

n. 3, presso lo studio dell’Avvocato Emanuele Dell’Ali;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI POTENZA: PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL

TRIBUNALE DI POTENZA;

– intimati –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Potenza reso nel proc. pen.

104/91 R.g.n.r. – n. 24/95 R.g.T., depositato il 6 novembre 2008;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 22

novembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito l’Avvocato Angelo Romano con delega;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’inammissibilità

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.G. propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Potenza, depositata il 6 novembre 2008, con la quale è stata dichiarata inammissibile la richiesta, presentata dal suo difensore, che venisse disposta la notifica del decreto del Tribunale di Potenza in data 12 luglio 2005 al fine di essere rimesso in termini per proporre impugnazione.

Il Tribunale ha rilevato che in data 2 luglio 2008 si era provveduto in ordine all’istanza di liquidazione presentata dall’Avvocato Sassano al fine di ottenere i compensi professionali nel procedimento in cui aveva assistito il C., liquidazione riferita sia alla fase del processo n. 24/95 R.G.T. in cui assisteva C. quale imputato-collaboratore di giustizia (anni 1999-2005) , sia a quello in cui il C., avendo perso tale status, era stato ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato (anni 2005-2007).

In particolare, ha osservato il giudice dell’opposizione, con il provvedimento del 2 luglio 2008 il Tribunale aveva liquidato in favore dell’avvocato Sassano, quale difensore di fiducia di C.G., imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato nel processo n. 24/95 definito in primo grado con sentenza in data 8 maggio 2007, la somma di Euro 4.304,00 per onorari, oltre rimborso spese generali e accessori, rigettando la richiesta nel resto: espressione questa da riferirsi anche alla istanza di liquidazione dei compensi concernenti la fase del processo in cui il difensore assisteva il C. quale imputato-collaboratore di giustizia.

Il Tribunale ha rilevato altresì che il detto provvedimento, comunicato al difensore, non era stato impugnato. Ha quindi ritenuto insussistente un interesse del difensore o del suo assistito ad impugnare il provvedimento del 12 luglio 2005, che aveva un carattere meramente interlocutorio ed era stato superato e assorbito da quello successivo del 2 luglio 2008.

Avverso questo provvedimento l’Avvocato Sassano ha proposto ricorso per cassazione nelle forme del rito penale.

All’esito dell’udienza del 10 giugno 2010, questa Corte, con ordinanza interlocutoria n. 19965 del 2010, preso atto del mutato orientamento, per effetto della pronuncia delle Sezioni Unite Corte n. 19161 del 2009, della giurisprudenza in tema di individuazione del giudice – se civile o penale – e conseguentemente del rito in base al quale devono essere trattati i procedimenti relativi alla liquidazione delle spese di giustizia, ha assegnato alla parte ricorrente: a) il termine perentorio di giorni sessanta dalla comunicazione della presente ordinanza per proporre e notificare ricorso per cassazione secondo le forme del codice di procedura civile; b) il termine perentorio di giorni venti dalla notificazione per il deposito del ricorso nella cancelleria della Corte.

Il ricorrente ha quindi notificato il ricorso all’Agenzia delle entrate di Potenza e alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Potenza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 115 e 82 e art. 175 cod. proc. pen., rilevando che non era mai avvenuta la comunicazione al proprio assistito del provvedimento adottato il 12 luglio 2005, e formulando il seguente quesito di diritto: Dica la Suprema Corte se il decreto con il quale il giudice procedente ha rigettato la richiesta di liquidazione del compenso del difensore per l’attività resa in favore di collaboratori di giustizia vada comunicato sia alla parte che al suo difensore, in quanto titolare del diritto al rimborso è la parte e non l’Avvocato, quindi, in caso di omessa comunicazione, la parte può legittimamente chiedere la notifica del provvedimento per essere rimesso in termini per impugnato.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia il vizio di motivazione apparente con riferimento alle ragioni per le quali la notifica del decreto del 12 luglio 2005 al C. sarebbe stata irrilevante non sussistendo un suo interesse ad impugnarlo. Osserva infatti il ricorrente che il decreto del 2 luglio 2008 non aveva disposto alcunchè in ordine alla liquidazione per la fase di assistenza al C. allorquando era collaboratore, sicchè non poteva ritenersi divenuto irrevocabile sulla domanda relativa al detto periodo. Quel provvedimento infatti aveva correttamente rinviato la liquidazione al termine del procedimento onde poter valutare complessivamente l’attività svolta dal difensore. Contrariamente a quanto affermato nel provvedimento impugnato, il decreto del 2 luglio 2008 non ha adottato alcuna statuizione sulla richiesta di liquidazione per la fase della collaborazione: l’espressione “rigetta nel resto” in esso contenuta non può essere riferita altro che alla mancata liquidazione delle ulteriori voci relative alla fase in cui il difensore aveva assistito il C. quale imputato.

Il secondo motivo, che deve essere esaminato per primo per ragioni di ordine logico, è inammissibile. Esso infatti non risulta formulato nel rispetto dei requisiti imposti dall’art. 366 bis, ratione temporis applicabile.

In proposito, le Sezioni Unite hanno avuto modo di affermare che “in tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poichè secondo l’art. 366-bis cod. proc. civ. , introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità” (Cass., S.U., n. 20603 del 2007).

In particolare, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, deve consistere in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366-bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (Cass., n. 16002 del 2007).

Nel caso di specie, il secondo motivo non risponde alle dette indicazioni, non recando, in apposito quadro riepilogativo, nè la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale si assume che la motivazione sarebbe apparente, nè la prospettazione delle ragioni per le quali la supposta apparenza della motivazione dovrebbe ritenersi inidonea a supportare la decisione.

Dalla inammissibilità del secondo motivo discende l’infondatezza del primo, atteso che, non risultando validamente censurata l’affermazione del Tribunale secondo cui il decreto del 2 luglio 2008 aveva ad oggetto anche la richiesta di liquidazione dell’attività professionale relativa al periodo in cui il C. era imputato- collaboratore, deve escludersi, come correttamente affermato nel provvedimento impugnato, l’interesse del ricorrente ad ottenere la rimessione in termini ai fini di impugnare un provvedimento che, secondo l’apprezzamento del Tribunale, è stato assorbito da un successivo provvedimento non impugnato.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio non avendo le intimate svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 22 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2011

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